Mancano pochissime ore alle presidenziali USA e l’impensabile  sembra concretizzarsi. Se i sondaggi che danno Donald Trump vincente in  alcuni Stati chiave si rivelassero corretti, per il candidato  anti-establishment si aprirebbero le porte della Casa Bianca: la  vittoria di Trump assesterebbe il colpo di grazia al traballante “ordine  liberale” post-1945. Dall’Unione Europea alla NATO, dall’euro alla  Medio Oriente, niente sarebbe più come prima. Dalle ultime  consultazioni è emersa la tendenza ad interventi sempre più sfacciati  sul voto: la torbida narrazione costruita in campagna elettorale prepara  il terreno ad un annullamento del voto, accampando come  pretesto l’ingerenza russa?
Disperati e perciò pericolosi
I barbari sono alle porte. L’ultimo imperatore rischia di essere  deposto dagli invasori accampati in Occidente: se le estreme difese  cedono, se i barbari conquistano anche la capitale dell’impero, è la  fine di un’epoca. È questo il clima crepuscolare che si respira a pochi  giorni dalle presidenziali statunitensi che potrebbero eleggere Donald Trump alla Casa Bianca: le forze “populiste”, i partiti anti-establishment,  hanno l’opportunità di installarsi nel cuore dell’impero già  traballante, accelerandone così la dissoluzione. L’oligarchia, arroccata nei palazzi, trema: tutto può e deve essere tentato, pur di scongiurare la capitolazione.
Le province asiatiche (come testimonia la clamorosa “separazione” delle Filippine dagli USA) defezionano, il controllo su quelle europee si allenta man mano che l’Unione Europea si spegne, in quelle mediorientali dilagano russi ed iraniani,  l’alleato più fedele, il Regno Unito, smaltisce a fatica i postumi  della Brexit: se anche Washington dovesse cadere, l’impero angloamericano volgerebbe al termine.  È questa la posta in gioco l’8 novembre: ciò spiega perché tutto il  sistema euro-atlantico, dal Financial Times a Repubblica, dal massone  Jorge Mario Bergoglio al pittoresco Dalai Lama, dai residuati come  Silvio Berlusconi1 ai parvenu come Matteo Renzi, da François Hollande a Nicolas Sarkozy, da Lloyd Blankfein a George Soros, sono schierati per Hillary Clinton. Per la prima volta è in discussione l’intera impalcatura economica e geopolitica su cui si regge l’Occidente dal 1945.
Una vittoria di Donald Trump stravolgerebbe la politica estera americana, eccellerebbe il disimpegno militare in Medio Oriente, condannerebbe a morte certa la moneta unica, velocizzerebbe la dissoluzione dell’Unione Europea, archivierebbe definitivamente il mondo unipolare, sconquasserebbe persino la gerarchia della Chiesa Cattolica, ai cui vertici siede oggi un papa, Jorge Mario Bergoglio,  espressione di quell’oligarchia massonica-finanziaria che si è stretta  attorno ad Hillary Clinton. I barbari, perciò, devono essere fermati ad  ogni costo.
Certo, nessuno avrebbe mai immaginato che, a distanza di pochi giorni  dal voto, la vittoria di Donald Trump fosse uno scenario concreto: i  sondaggi più recenti assegnano al populista (termine più appropriato di  “repubblicano”) la Florida, il Nord Carolina e l’Ohio2,  tre Stati decisivi per la conquista della Casa Bianca. Soltanto un mese  fa era stato sferrato l’ultimo, disperato, attacco, con la  pubblicazione da parte del Washington Post di un video “sessista” datato 2005. Per un certo momento, sembrava addirittura che il ritiro dalla corsa per la Casa Bianca fosse imminente, tanto da obbligare Trump ad una smentita ufficiale:
L’assalto è respinto e Trump conquista il terzo dibattito televisivo,  obbligando i media ad ammettere che il vantaggio della sfidante  democratica, stimato precedentemente attorno ai dieci punti, si è quasi dissolto: gli  imprevisti sviluppi dello scandalo email, così clamorosi da obbligare  l’FBI ad intervenire al culmine della campagna elettorale, indeboliscono  ulteriormente l’ex-first lady. James Comey, grida il New York Times, è come J. Edgar Hoover3, se non peggio: ha trasformato l’FBI in un reazionario strumento di lotta politica contro Hillary Rodham Clinton!
Già, Hillary Clinton: tutto sembrava fosse stato accuratamente predisposto perché  potesse conquistare a tavolino la Casa Bianca: concorrenti scialbi nel  partito democratico e nessuna figura di peso tra i repubblicani,  cosicché il “meccanismo democratico” la installasse quasi automaticamente nello Studio Ovale. Con quale obiettivo? Portare alle estreme conseguenze la strategia già inaugurata da Barack Obama e benedetta dai neocon che,  non a caso, convergono verso di lei durante la campagna elettorale: destabilizzazione del Medio Oriente (con un occhio particolare all’Egitto di Al-Sisi e probabilmente anche alla “retrograda” monarchia saudita), intervento militare contro la Siria di Bashar Assad e, se necessario, escalation con la Russia e la Cina. Anche  perché il sistema finanziario anglosassone è in un vicolo cieco, e  l’unico modo di salvare lo status del dollaro come valuta di riserva, è  quello di eliminare gli sfidanti all’egemonia globale.
Hillary Clinton, però, non sfonda: candidata dell’establishment per  antonomasia, appesantita da vent’anni di politica cinica e talvolta  spietata, fatica persino ad imporsi sul 75enne, ex-socialista, Bernie Sanders. È cosi malconcia che persino uno sfidante “surreale” come Donald Trump, considerato addirittura da alcuni analisti come il “candidato della Manciuria” manovrato segretamente dai Clinton4, conquista terreno contro ogni pronostico, giorno dopo giorno.
A nulla servono le accuse di sessismo, l’anatema di papa Bergoglio contro la politica anti-immigrazione, il battage della stampa sui redditi non dichiarati, la mobilitazione delle  corazzate mediatiche e delle stelle di Hollywood, il disimpegno persino  dello stesso partito repubblicano: nonostante tutto, il “populista”  Trump macina consensi, intercettando il malessere della classe media, prostrata da vent’anni di globalizzazione e nove anni di “Grande Recessione”.
L’impossibile, settimana dopo settimana, diventa così possibile, seminando il panico tra le file dell’oligarchia euro-atlantica che  assiste impotente all’avanzata dei “barbari”, al crescere di quelle  forze populiste che minacciano gli interessi dell’élite dominante.
La democrazia sta sfuggendo di mano, e non solo negli USA, rendendo necessari interventi sempre più pesanti. Si comincia con la frode elettorale alle elezioni austriache della scorsa primavera; si prosegue con l’omicidio Jo Cox pochi giorni prima del referendum inglese sulla permanenza nella UE; si  termina, è cronaca di questi giorni, con il piano di procrastinare sine die o, addirittura, di cancellare tout court il referendum italiano sulla riforma costituzionale. Un’Austria in mano agli anti-europeisti,  una Gran Bretagna fuori dall’Unione Europea ed un’Italia in aperta  ribellione, sono però poca cosa rispetto a vedere i barbari accampati  nella Casa Bianca: i danni potenziali sono enormemente più alti. Come  frenare, ad esempio, la dissoluzione dell’Unione Europea, il  contenitore geopolitico dentro cui l’oligarchia massonico-finanziaria ha  racchiuso l’Europa post-45, se il presidente statunitense è apertamente ostile a Bruxelles e si avvale della consulenza di Nigel Farage per la gestione degli affari europei?
Ecco quindi spiegata la ragione di una campagna elettorale così sporca.
Mai era successo che un candidato, Donald Trump, fosse accusato di essere un “fantoccio” di una potenza straniera5, la Russia, con cui gli Stati Uniti combattono una spietata guerra per procura. Mai era successo che un candidato, Hillary Clinton, accusasse i servizi segreti di uno Stato estero,  ancora la Russia, di essere intervenuti a gamba tesa nella campagna  elettorale, violando i server del Partito Democratico. Mai era successo  che il vice-Presidente degli USA, Joe Biden, minacciasse un attacco cibernetico contro quello stesso Paese. Mai era successo che il governo in carica diffondesse la notizia che la Russia ha intenzione di alterare l’esito del voto, sferrando un assalto informatico il giorno delle elezioni.
Scrive la NBC6 il 3 novembre:
“The U.S. government believes hackers from Russia or elsewhere may try to undermine next week’s presidential election and is mounting an unprecedented effort to counter their cyber meddling, American officials told NBC News. (…) Russia has been warned that any effort to manipulate the actual voting or vote counting would be viewed as a serious breach, intelligence officials say. ”
Stiamo assistendo alla costruzione di una pericolosa narrazione:  Trump è il fantoccio di Mosca, Mosca ha già interferito con la campagna  elettorale, il governo crede che voglia farlo ancora. Come? Manipolando il voto del prossimo 8 novembre, in favore, è sottinteso, del suo burattino Donald Trump.
Non è peregrina l’ipotesi che l’establishment abbia voluto creare le premesse per annullare il voto, accampanando come preteso un’interferenza russa: simulato un attacco cibernetico (e c’è da chiedersi se quello dello scorso 21 ottobre, perpetrato dai fantomatici New World Hackers, non sia stata una prova generale7),  cosa impedirebbe alla Casa Bianca di annullare le votazioni? 
E se si  accusasse la Russia dell’attacco, quali sarebbero che le conseguenze  internazionali?
Donald Trump ha più volte parlato di brogli elettorali ed è pressoché certo (anche alla luce dell’esperienza in Florida del  2000, quando George W. Bush conquistò la Casa Bianca dopo un  contestassimo riconteggio) che si tenterà di manipolare il voto: sono  espedienti, però, con cui non è possibile “aggiustare” l’esito, non  ribaltarlo, specialmente se, a differenza di Al Gore,  la vittima dei soprusi elettorali è determinata a difendersi fino in  fondo. Più elementi, quindi, lasciano supporre che sia stato preparato un piano “B” nel caso in cui si profilasse la vittoria di Trump: invalidare le elezioni a causa di attacco cibernetico da attribuire alla Russia.
Lo scenario, fino a pochi anni fa, non sarebbe stato altro che fantascienza:  il contesto, però, si è rapidamente deteriorato da allora. 
Chi avrebbe  mai dato che nella civilissima Austria si sarebbero truccate le  presidenziali pur di frenare i populisti? 
O che una deputata britannica  sarebbe assassinata per sospendere la campagna referendaria sul Brexit? 
O  che la Francia si sarebbe avvicinata alla presidenziali del 2017 in  pieno di stato d’emergenza? 
O che in Italia si sarebbe tramato per  cancellare un referendum costituzionale divenuto improvvisamente  scomodo?
La Casa Bianca riveste ancora un ruolo decisivo  negli equilibri occidentali, maggiore di qualsiasi cancelleria europea:  per impedire che i “barbari” l’espugnino, l’oligarchia euro-atlantica è  pronta a tutto. Aspettiamoci quindi una votazione ad altissima tensione: la disperazione può spingere l’establishment a gesti inconsulti.
Fonte: qui
P.S. LE PREMESSE CI SONO TUTTE PER UN SCOPPIO DI UNA GUERRA CIVILE GENERALIZZATA IN GRAN PARTE DEI PAESI OCCIDENTALI
1https://web.archive.org/web/20151123144141/www.repubblica.it/politica/2015/10/31/news/l_ex_premier_il_leader_parla_dei_candidati_e_annuncia_che_sara_a_bologna_con_la_lega_salvini_fa_fughe_in_avanti_meglio_st-126286081/
2https://www.washingtonpost.com/news/the-fix/wp/2016/11/01/donald-trump-now-leads-in-two-of-his-three-must-win-states-but-the-path-forward-is-grim/
3http://www.nytimes.com/2016/11/01/us/politics/james-comey-fbi-emails.html?mtrref=www.google.it&gwh=9CF56DD9C7F861080D82EA59EB024055&gwt=pay
4https://sputniknews.com/analysis/201608141044262121-trump-hillary-rigged-presidential-election/
5http://edition.cnn.com/2016/10/19/politics/clinton-puppet-vladimir-putin-trump/
6http://www.nbcnews.com/news/us-news/white-house-readies-fight-election-day-cyber-mayhem-n677636
7http://www.cbsnews.com/news/new-world-hackers-claims-responsibility-internet-disruption-cyberattack/
 

 
