Italia tra i grandi finanziatori del bilancio 2014-2020. Ma per l'emergenza migranti ci sono soltanto spiccioli
Un «super Stato» che costa oltre mille miliardi di euro.
Questa è l'Unione Europea del settennio 2014-2020, un mostro burocratico da oltre 150 miliardi l'anno.
Esaminando il bilancio pluriennale della Comunità, come aggiornato lo scorso dicembre dal voto dell'Europarlamento, si scopre infatti di avere a che fare con un vero e proprio Leviatano.
Gli impegni di competenza per i sette anni, infatti, ammontano a 1.087,2 miliardi (1.025,4 miliardi gli stanziamenti per cassa). Ma a che cosa serve tutto questo fiume di denaro che per la maggior parte proviene dai Paesi più grandi (Germania, Francia, Italia e Gran Bretagna fino a quando non uscirà definitivamente)?
Il capitolo di spesa di maggiore entità è «Crescita intelligente e inclusiva» che vale circa 513,5 miliardi di euro, ossia poco meno della metà dell'intero bilancio. Ma è una voce molto composita: si va dal finanziamento del progetto Erasmus per gli studi all'estero al Fondo di solidarietà per i danni causati dalle catastrofi naturali fino ai fondi di coesione (quelli che le nostre regioni non riescono a spendere), a quello per gli investimenti strategici (ossia il meccanismo per applicare il piano Juncker) fino ai progetti aerospaziali e termonucleari.
Il secondo maggiore impegno di spesa è denominato «Crescita sostenibile: risorse naturali» e vale nel settennio 420 miliardi, cioè 60 miliardi all'anno dei quali oltre 40 miliardi sono impiegati nel Fondo di garanzia per l'agricoltura, cioè i sussidi che tutti gli agricoltori ricevono in base agli obiettivi definiti per ciascun settore. Oltre 11,5 miliardi all'anno sono destinati allo sviluppo rurale, cioè alle aree europee più svantaggiate, mentre mezzo miliardo annuo è destinato alla pesca e all'itticoltura.
Sull'ultimo gradino del podio si trova, invece, il capitolo «Amministrazione», ovvero il finanziamento diretto del carrozzone che si muove tra Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo (limitandosi solamente ai principali organi istituzionali). Sono 70 miliardi, cioè 10 miliardi all'anno. Diamo un occhiata al bilancio 2017, giusto per avere un ordine di grandezza. Il Parlamento europeo costa 2 miliardi circa, il Consiglio Ue 550 milioni, la Commissione 3,5 miliardi, la Corte di Giustizia 400 milioni e la Corte dei Conti Ue 140 milioni circa.
Il capitolo «Sicurezza», invece, è molto più indietro: 17,7 miliardi di euro nel periodo 2014-2020 con una spesa media annua di 2,5 miliardi. Una cifra inferiore a quella che l'Italia spende ogni anno per far fronte all'emergenza migranti che ammonta a circa 3,3 miliardi. Questo valore corrisponde al triplo di quanto Bruxelles ha stanziato per il 2017 per «Asilo e migrazioni» (1,1 miliardi). Anche se va detto che un'emergenza può sempre essere gestita con le risorse molto composite della voce «Crescita intelligente e inclusiva», resta il fatto che la stessa struttura del bilancio consideri secondario il flusso proveniente dal Nord Africa.
È chiaro, quindi, che un sentimento di esasperazione mista a scetticismo possa generarsi in Paesi come l'Italia che vedono la loro difficile situazione economica aggravata dagli ingestibili flussi migratori. Soprattutto se si osserva che nel 2015 (ultimo dato disponibile) il nostro Paese ha contribuito per oltre 15 miliardi al bilancio europeo ricevendone indietro 10, oltre la metà dei quali sotto forma di sussidi all'agricoltura e un altro 40% in fondi di coesione.
Ma c'è un altro problema: questo super Stato da mille miliardi non riesce a funzionare nemmeno come camera di compensazione dei diversi interessi in una fase ancora incerta della congiuntura globale. L'ortodossia rigorista imposta dallo strapotere tedesco in ognuna delle istituzioni fondanti (anche se l'Italia ha la presidenza del Parlamento Ue e della Bce) tende ad ammettere pochissime deroghe. E questo non contribuisce ad aumentare il clima di fiducia.
Fonte: qui
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