I GIUDICI DEL PALAZZACCIO HANNO DISPOSTO UN NUOVO PROCESSO SUL CASO DI DUE CINQUANTENNI CHE HANNO APPROFITTATO DI UNA RAGAZZA COMPLETAMENTE UBRIACA
Elvira Serra per il “Corriere della Sera”
Chiamiamola Francesca. Esce a cena con due cinquantenni che conosce. Beve molto. I commensali approfittano della sua debolezza e hanno con lei dei rapporti sessuali non consenzienti. Lei va al Pronto soccorso: il referto parlerà di leggeri segni di resistenza.
La storia finisce in Tribunale: nel 2011 il giudice di Brescia in primo grado assolve gli imputati; nel 2017 la Corte di Appello di Torino li condanna a tre anni per violenza sessuale di gruppo.
E arriviamo a ieri, alla sentenza numero 32462 della terza sezione penale della Cassazione, che conferma il reato di «violenza sessuale di gruppo con abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica» della vittima, come era Francesca a causa dell' alcol; ma esclude l' aggravante prevista dall' articolo 609 ter comma due del Codice penale, che si applica quando la violenza è imposta «con l' uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa». C' è stata violenza, ma non l' aggravante specifica.
Le reazioni non tardano. Alessia Rotta, vicepresidente vicaria dei deputati del Partito democratico, parla di sentenza «che ci riporta indietro di decenni. Si trovano attenuanti, come l' aver bevuto volontariamente, a un reato tanto grave quanto odioso».
E Annagrazia Calabria, deputata e leader di Forza Italia Giovani, si dichiara «sconcertata»: «Far passare anche solo lontanamente l' idea che approfittare della mancanza di pieno autocontrollo da parte di una donna non sia un comportamento da punire in maniera ancora più dura è un passo indietro nella cultura del rispetto e nella punizione di un gesto ignobile e gravissimo qual è lo stupro».
Davvero gli ermellini hanno fatto un balzo indietro nel tempo? «La sentenza è giuridicamente corretta», chiarisce subito la penalista Francesca Longhi. «Sarebbe stato scandaloso se i supremi giudici avessero teorizzato che lo stupro non c' era perché la vittima si era ubriacata.
Nessuno ha detto: è colpa tua perché hai bevuto. La violenza sessuale è stata ritenuta sussistente. Ma l' aggravante dell' alcol non è imputabile a chi ha commesso il reato, perché si applica nei casi in cui la vittima viene fatta ubriacare, per esempio, con la benzodiazepina, la polverina dello stupro».
Non trova punti critici neppure la collega Caterina Malavenda. «L' assunzione di alcol incide sul consenso: se tu bevi non puoi più prestare il consenso a un rapporto sessuale; in quelle condizioni non c' è mai.
L' aggravante c' è se lo stupratore ha creato la situazione facendo bere la vittima; si applica solo quando c' è una precisa intenzione di farla bere per approfittare di lei. Stando ai fatti accertati, invece, la donna ha bevuto di sua volontà». La legale, tuttavia, va oltre: «Certo, ora la Corte di Appello dovrà rivalutare tutto e, in particolare, capire chi ha fatto bere la vittima e perché.
Tu puoi bere senza rendertene conto se c' è qualcuno che ti riempie continuamente il bicchiere. Ma perché lo sta facendo?».
Fonte: qui
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