ECCO I 24 NOMI DEL PROVVEDIMENTO DI CHIUSURA DELL'INDAGINE
Salvo Palazzolo per repubblica.it
La procura di Caltanissetta muove una nuova accusa all'ex presidente del Senato Renato Schifani, che a maggio aveva ricevuto un avviso di garanzia per rivelazione di notizie riservate e favoreggiamento nei confronti dell'ex numero uno di Sicindustria Antonello Montante. Adesso, con la chiusura dell'indagine, viene mossa anche la contestazione di "concorso esterno in associazione a delinquere".
Un'accusa più grave, pure per il docente universitario Angelo Cuva, per il questore di Vibo Valentia Andrea Grassi e per il capo reparto dell'Aisi, il servizio segreto civile, Andrea Cavacece. Secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto Gabriele Paci, dei sostituti Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso, ci sarebbe stata una catena di talpe eccellenti al servizio di Montante, a cui viene contestato di essere stato a capo di un' associazione a delinquere per spiare le indagini della procura e della squadra mobile nissena diretta da Marzia Giustolisi.
Per l'accusa, sarebbe stato Grassi a far filtrare per primo la notizia dell’indagine su Montante (dopo averla appresa, per motivi d’ufficio, dai colleghi di Caltanissetta). Grassi avrebbe poi parlato con Cavacece, e quest’ultimo con Arturo Esposito, all'epoca capo dell'Aisi. Da Esposito (accusato di associazione a delinquere) l'informazione sarebbe arrivata a Schifani, dunque a Cuva e al colonnello Giuseppe D'Agata, all'epoca pure lui nei servizi segreti. Grassi e Cavacece hanno respinto tutte le accuse, ribadendo la correttezza del loro operato. Gli altri indagati potrebbero chiedere di essere sentiti dopo l’avviso di conclusione dell'inchiesta, notificato questa mattina, hanno 20 giorni di tempo per prospettare la propria difesa, poi la procura solleciterà il rinvio a giudizio.
L'avvocato Nino Caleca, legale di Montante, annuncia già: "Chiederemo di essere sentiti, per portare un ulteriore contributo all'accertamento dei fatti contestati. Intanto, prendiamo atto che nel provvedimento di chiusura delle indagini non c'è la contestazione originaria, quella di concorso esterno in associazione mafiosa. Per la difesa di Montante, un dato importante. Sui rapporti con gli esponenti delle forze dell'ordine forniremo tutti i chiarimenti". Intanto, però, Montante resta al reparto detenuti dell'ospedale Civico di Palermo, dove è stato ricoverato nei giorni scorsi per accertamenti.
Schifani, invece, replica: “Sono sorpreso e allibito perché mi si contesta di avere favorito una persona con cui notoriamente non ho mai avuto rapporti di amicizia e frequentazione. Quando avrò cognizione delle indagini che sino ad oggi sono a me ignote, mi difenderò nelle opportune sedi della giustizia nella quale nutro sempre fiducia". Schifani era stato già convocato dai magistrati di Caltanissetta, ma in quell'occasione si era avvalso della facoltà di non rispondere.
GLI INDAGATI
Ha il ritmo della spy-story l’indagine che ha svelato la centrale di spionaggio che sarebbe stata messa in campo da uno dei simboli dell’antimafia. Nelle scorse settimane, la procura di Caltanissetta ha convocato come testimone uno dei vice dell’Aisi: Valerio Blengini è stato chiamato in causa dall’ex questore di Caltanissetta, Bruno Megale; in una relazione di servizio ha raccontato che il suo vecchio amico passato ai servizi segreti gli avrebbe chiesto dell’inchiesta Montante, all’epoca riservatissima. Blengini ha offerto una sua spiegazione, ma sono rimaste ferme le accuse nei confronti di tutti gli indagati.
Sono complessivamente 24 le persone raggiunte dal provvedimento di chiusura dell'inchiesta. Agli arresti domiciliari, con l'accusa di associazione a delinquere, ci sono ancora il colonnello D'Agata, Diego Di Simone (capo della security di Confindustria), Marco De Angelis (sostituto commissario in servizio a Palermo) ed Ettore Orfanello (ex comandante del nucleo di polizia tributaria della Finanza nissena). Indagati anche il sovrintendente della polizia Salvatore Graceffa, l'imprenditore Massimo Romano, Gianfranco Ardizzone (ex comandante provinciale della Guardia di finanza di Caltanissetta), Mario Sanfilippo (comandante del gruppo Tutela spesa pubblica del nucleo di Pt di Caltanissetta), Salvatore e Andrea Calì (titolari di una ditta di intelligence, rispondono di favoreggiamento), il colonnello Letterio Romeo (l'ex comandante del Reparto Operativo dei carabinieri di Caltanissetta deve difendersi dall'accusa di soppressione di atti).
E poi, ancora, il dirigente generale dell'assessorato Attività produttive Alessandro Ferrara (indagato per favoreggiamento), il sindacalista Maurizio Bernava (favoreggiamento), Carlo La Rotonda (il direttore di Confindustria Centro Sicilia, indagato per simulazione di reato) e Salvatore Mauro (dipendente dei Calì, risponde della stessa imputazione di La Rotonda). Indagate per favoreggiamento anche le collaboratrici di Montante, Rosetta Cangialosi e Carmela Giardina: la notte del blitz a Milano, aiutarono il leader di Confindustria a distruggere pen drive e appunti, poi lanciati dalla finestra in un pozzo luce.
Per settembre è attesa la seconda tranche dell'inchiesta, quella che vede indagati, "in concorso" con Montante, l'ex presidente della Regione Rosario Crocetta, gli ex assessori Linda Vancheri e Mariella Lo Bello (fedelissime del leader di Confindustria), l'ex presidente dell'Irsap (l'ente regionale per le attività produttive) Mariagrazia Brandara, l'ex presidente di Sicindustria Giuseppe Catanzaro e altri tre imprenditori (Carmelo Turco, Rosario Amarù e Totò Navarra). Poi resta la decisione dei pm sull'accusa originaria, di concorso esterno in associazione mafiosa, nata dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. E le indagini non sono finite. Restano ancora senza nome altre talpe istituzionali che avrebbero soffiato notizie riservate a Montante
Fonte: qui
PER I PM AVEVA MESSO IN PIEDI UN “SISTEMA DI POTERE FINALIZZATO ALL’OCCUPAZIONE DEI POSTI DI VERTICE DI ASSOCIAZIONI E SOCIETÀ”
PER QUESTO AVEVA CREATO UNA RETE DI ‘TALPE’, CON LO SCOPO DI RACCOGLIERE NOTIZIE RISERVATE
A RENATO SCHIFANI CONTESTATA LA COMPLICITÀ
Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
L' ex presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante, arrestato nel maggio scorso con l' accusa di associazione per delinquere, corruzione e altri reati, aveva messo in piedi un sistema di potere finalizzato a una «progressiva occupazione dei posti di vertice di associazioni di categoria, enti e società», allo scopo di realizzare «una loro gestione di natura clientelare». Per fare questo aveva creato una rete di rapporti - fatta di complicità, raccolta di notizie riservate e «talpe» che lo informavano sulle mosse degli inquirenti - che ha coinvolto anche «appartenenti alle forze dell' ordine», utile alla «protezione degli interessi e delle attività imprenditoriali» dello stesso Montante e di «tutti gli associati».
È l' accusa finale mossa dalla Procura di Caltanissetta a conclusione di una lunga indagine cominciata oltre tre anni fa per un ipotetico concorso esterno in associazione mafiosa di Montante, che nel corso del tempo ha visto chiudersi quel capitolo e aprirsene un altro in cui sono emersi nuovi reati. Sempre negati dall' imprenditore nisseno e dai suoi presunti complici, ma che il procuratore aggiunto Gabriele Paci e i sostituti Stefano Luciano e Maurizio Bonaccorso sono convinti di aver provato.
L'avviso di conclusione indagini, notificato ieri, è l' anticamera della richiesta di rinvio a giudizio per Montante e altri 23 indagati, tra i quali spicca l' ex presidente del Senato, attuale parlamentare di Forza Italia, Renato Schifani. La sua posizione sembra essersi aggravata, e lui reagisce così: «Sono sorpreso e allibito, ma ho fiducia nella giustizia».
In precedenza erano contestate al senatore la violazione di segreto e il favoreggiamento, per il sospetto di aver contribuito ad avvisare Montante dell'inchiesta a suo carico; adesso si aggiunge il ruolo di «concorrente esterno» dell' associazione per delinquere, al pari del docente universitario Angelo Cuva, del dirigente di polizia (ora questore di Vibo Valentia) Andrea Grassi e del funzionario dell' Aisi (il servizio segreto interno) Andrea Cavacece.
Diversamente da Schifani, che si era avvalso del diritto di non rispondere ai pubblici ministeri, Grassi e Cavacece avevano cercato di spiegare la loro estraneità alla «fuga di notizie» con cui Montante, l' ex capocentro della Dia di Palermo (passato ai Servizi segreti) Giuseppe D' Agata e altri inquisiti erano venuti a conoscenza dell' inchiesta e delle intercettazioni in corso.
Evidentemente senza riuscire a convincere gli inquirenti. Così come Montante, il paladino della legalità ora accusato di aver costruito un sistema di potere con metodi illegali, che peggiorò la propria situazione il giorno stesso dell' arresto: passò dalla detenzione domiciliare al carcere dopo essere stato sorpreso a distruggere documenti mentre la polizia bussava alla porta.
Un capovolgimento di ruolo quantomeno imbarazzante rispetto all' immagine che s' era costruito in nome delle battaglie antimafia e delle relazioni coltivate ai più alti livelli istituzionali. Utilizzate, secondo l' accusa, anche per carpire informazioni sulle indagini a suo carico, per depistarle e cercare di coprirsi le spalle. Ma il suo avvocato, Nino Caleca, non si scompone: «Cade definitivamente il sospetto che dietro un' antimafia di facciata Montante intrattenesse oscuri rapporti con Cosa nostra. Chiederemo un nuovo interrogatorio per ricostruire gli altri fatti oggetti di contestazione».
Fonte: qui
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