A volte anche la direzione generale Concorrenza della Commissione europea dormicchia. È molto probabilmente la maggiore e più efficace autorità al mondo a tutela della trasparenza e correttezza del mercato e dell’interesse dei cittadini, eppure in certi momenti fatica a imporre i propri criteri. Prendete per esempio la decisione del dicembre 2016, un anno e mezzo fa, con la quale multa Crédit Agricole, Hsbc e Jp Morgan Chase per aver formato un cartello allo scopo di manipolare certi derivati che concorrono alla formazione dei tassi di mercato in euro. In particolare, quella intesa illecita avrebbe avuto come effetto ultimo quello di manipolare l’Euribor: il tasso dei prestiti interbancari in Europa, che rappresenta la base di tutti gli interessi applicati poi dalle banche su mutui e prestiti indicizzati alla clientela. Quella vicenda contiene ancora alcuni lati non completamente chiariti e riguarda più o meno indirettamente un numero enorme di contraenti di mutui e finanziamenti in Europa e in Italia. Perché sono loro che potrebbero essere stati penalizzati dalle mosse illegittime di quelle banche, che furono condannate dalla Commissione europea per aver formato un cartello. È per questo che oggi nei tribunati italiani si trovano centinaia di ricorsi di consumatori con la richiesta di rimborsi degli interessi passivi in più versati indebitamente.
La condanna
Ma andiamo con ordine. Nel caso di quella condanna del 2016, in gioco c’è la maggiore banca americana, la maggiore banca britannica e una delle tre grandi banche francesi. Quel caso chiuso a dicembre 2016 è solo la coda di un’indagine iniziata con un’ispezione dell’Antitrust Ue nelle sedi di una decina di grandi istituti nel 2011. Quindi la prima svolta era arrivata nel 2013. All’epoca altre quattro fra le banche coinvolte nel procedimento avviato da Bruxelles — Barclays, Deutsche Bank, Société Générale e Royal Bank of Scotland — rinunciarono a difendersi e decisero di accettare una transazione che riduceva loro le loro condanne. Barclays, il gruppo britannico, godette di uno sconto totale anche se aveva partecipato al cartello per ben 32 mesi, perché aveva denunciato l’intesa illecita. Deutsche Bank ebbe invece 465 milioni di multa e le altre qualcosa di meno.
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Il cartello segreto
Quei due passaggi del 2013 e del 2016 sembravano la fine di una vicenda pur clamorosa, un cartello segreto fra esponenti dei colossi bancari per manipolare l’Euribor e di riflesso anche i tassi ai quali centinaia di milioni di europei si finanziano in banca. Quel passaggio sembrava la fine della vicenda, ma non sarebbe stato così. Il primo segnale lo si ebbe all’annuncio della decisione di Bruxelles del 2016, quella che condannava Crédit Agricole, Hsbc e Jp Morgan Chase. Fu lì che la Commissione Ue dormicchiò: non pubblicò il dispositivo giuridico della sua decisione. Al suo posto comparve uno strano annuncio sul sito della DgComp di Bruxelles: «Finché la Dg Comp e le aziende coinvolte sono impegnate nel processo di stabilire una versione della decisione che non contenga segreti industriali o altre informazioni confidenziali - si leggeva - non sarà disponibile alcuna versione pubblica di questo testo». E l’avvertimento continuava, sempre nel dicembre del 2016: «La Dg Comp sta cercando di risolvere questa questione al più presto, con l’obiettivo di arrivare a una rapida pubblicazione. Siete dunque invitati a controllare l’attuale sezione del sito della Dg Comp regolarmente, per restare al corrente di ulteriori sviluppi».
I consumatori
Le decine di milioni di consumatori europei che si sentissero danneggiati dagli effetti di quel cartello per la manipolazione dei tassi - famiglie e imprese indebitate i cui interessi passivi erano agganciati all’Euribor - possono aver continuato a controllare il sito della Commissione Ue. Ma nulla è cambiato. Appunto, anche l’Antitrust europeo a volte dormicchia. Dopo trenta mesi, il testo di quella decisione storica non è stato pubblicato. Non c’è. Quel documento è una base giuridica di enorme importanza, perché su di esso potrebbero basarsi i ricorsi dei consumatori che ritengono di aver pagato mutui troppo cari a causa di quella manipolazione. Ma, appunto, dopo ben due anni e mezzo il testo non è mai stato pubblicato: caso più unico che raro in un’amministrazione efficiente come la Dg Comp.
I ricorsi
E dire che i ricorsi ci sono davvero: in Italia, centinaia. Ovviamente non sono contro Barclays, Jp Morgan, Deutsche Bank o le altre grandi banche protagoniste del cartello. Quelle sono solo alcune delle più rilevanti nel gruppo fra i 20 e i 44 istituti che abitualmente definiscono il livello dell’Euribor tramite le loro transazioni. I circa duecento ricorsi esistenti in Italia (concentrati a Milano, Roma, in Sardegna, a Bergamo e a Brescia) sono animati dall’associazione Sos Utenti e sono rivolti alle banche nazionali che hanno praticato ai clienti tassi basati su un Euribor «manipolato» fra il 2005 e il 2008. Ovviamente gli sportelli italiani non potevano saperlo, ma era così. Ora i clienti chiedono di essere rimborsati, e spetterebbe poi agli istituti italiani rivalersi sulle grandi banche europee protagoniste del cartello. Il caso poi potrebbe allargarsi a migliaia di altri clienti o agli enti locali danneggiati dall’effetto tassi sui derivati. Ma per vincere, questi consumatori devono dimostrare che davvero il cartello ha prodotto tassi distorti a loro sfavore. E per farlo occorre, come minimo, che la decisione di Bruxelles sia resa pubblica. E per ora non lo è.
Fonte: qui
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