Paolo Russo per “la Stampa”
Un' operazione Robin Hood che taglia le pensioni d' oro per aumentare quelle minime, finendo però per sforbiciare fino al 40% l' assegno di chi ha avuto una carriera con alti e bassi, aumentando invece la rendita di chi ha iniziato da dirigente e così si è ritirato.
Sono gli effetti della manovra sui trattamenti pensionistici sopra i 4mila euro mensili che il vice-premier e Ministro del lavoro, Luigi Di Maio, ha annunciato voler presentare prima della pausa estiva sotto forma di disegno di legge.
«Non basta colpire gli ex parlamentari ma anche quelle persone, ex manager di Stato, parassiti sociali che prendono da 4 mila euro in su», ha tuonato mentre brindava alla fine dei vitalizi.
In realtà le elaborazioni fatte per noi dalla Uil Politiche previdenziali parlano di un taglio che penalizzerebbe soprattutto chi ha fatto carriera nel tempo. Magari iniziando dai gradini più bassi.
Prendiamo il caso di un manager che si sia pensionato il 1° gennaio del 2010, prima della Fornero e quindi con una pensione calcolata tutta con il più vantaggioso metodo retributivo.
Che, lo ricordiamo, non tiene conto dei contributi realmente versati ma della media retributiva degli ultimi 10 anni. Nel caso di un dirigente che abbia iniziato già dal gradino più alto la carriera, con 40 anni di anzianità contributiva alle spalle la sua pensione di 4.500 euro salirebbe addirittura a 5.877 euro, pari a un bel più 31%. Questo perché la sua retribuzione è variata solo in relazione all'inflazione.
Nel caso di un lavoratore con una carriera piatta nei primi tempi ma con una serie di balzi in avanti negli ultimi venti anni, il ricalcolo con il sistema contributivo abbatterebbe la stessa pensione di 4.500 euro a 3.112, pari a un taglio del 31%.
Ancora peggio andrebbe a chi ha avuto oscillazioni di reddito durante la propria carriera, con una crescita costante del reddito solo negli ultimi 10 anni. In questo caso la riduzione sarebbe del 39%, ossia dei 4.500 euro odierni ne rimarrebbero appena 2.746.
I tagli sarebbero poi del 50 e più per cento per le pensioni "di diamante", quelle fanno incassare ad alcuni ex super-manager assegni mensili da 90 mila euro. Mentre sarebbero più soft per i cosiddetti "quotisti", coloro cha hanno una parte della pensione calcolata con il vantaggioso retributivo e una quota con il contributivo.
«Tutto quello che tagliamo lo mettiamo nelle pensioni minime», ha assicurato Di Maio. Ma dalle pensioni d' oro sembra ci sia da ricavare ben poco. I calcoli in questo caso li ha fatti «Itinerari previdenziali», il think tank più autorevole in fatto di previdenza guidato da Alberto Brambilla, candidato della Lega a sostituire Tito Boeri al vertice dell' Inps.
«Se consideriamo una soglia di 4 mila euro, che corrispondono a una pensione lorda di circa 85mila euro tassata al 38-39%, abbiamo una platea di circa 50 mila pensionati interessati all' operazione che - ammette Brambilla - porterebbe a un risparmio non superiore ai 220-230 milioni».
Briciole se si pensa che per trasformare quelle al minimo in "pensioni di cittadinanza" da 780 euro, come vogliono i cinque stelle occorrerebbero ben 4 miliardi. Per non parlare del rischio della probabile valanga di ricorsi alla Corte Costituzionale, che potrebbero cancellare una norma che va ad intaccare diritti comunque acquisiti.
Anche se alcune sentenze della Consulta hanno derogato in alcune situazioni. Il rischio potrebbe essere aggirato sostituendo al ricalcolo un contributo di solidarietà, ma darebbe un gettito solo una tantum.
La Uil di rischi ne vede poi altri. «Il solo parlare o ipotizzare ricalcoli che riducano effetti considerevoli sui redditi dei pensionati - afferma il segretario confederale Domenico Proietti - ha effetti recessivi sui consumi».
Per la Uil è bene intervenire sulle pensioni più basse, "ma la via maestra è quella di un deciso taglio delle tasse". Magari anche estendendo la quattordicesima alle pensioni fino a 1500 euro.
Fonte: qui
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