IN ATTESA DI INCONTRARE I LEADER FRANCESI E TEDESCHI, È LO STESSO CHE HA MINACCIATO DI SPUTTANARE TUTTI RENDENDO NOTI NOMI E COGNOMI DI COLORO CHE LA REPUBBLICA ISLAMICA HA PAGATO CON TANGENTI PER OTTENERE UN ASSENSO ALL’IRAN DEAL, APPENA PICCONATO DA TRUMP? OH YES…
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Il ministro iraniano degli Esteri, Mohammad Javad Zarif, che si fa fotografare sorridente e in abiti civili europei insieme a Federica Mogherini, per nostra fortuna anche lei a capo scoperto, in attesa di incontrare i leader francesi e tedeschi, è lo stesso che ha minacciato di sputtanare tutti? Come? Rendendo noti nomi e cognomi di coloro che la Repubblica Islamica dell'Iran ha pagato con tangenti per ottenere un assenso entusiastico all’ Iran Deal, ormai praticamente defunto dopo la decisione di Donald Trump di tirar fuori gli Stati Uniti? Oh yes.
Se ci riflettete non è stata una gran mossa, queste cose si fanno e, anche quando si minaccia, non si dicono. Diversa potrebbe essere la situazione se a Teheran sapessero che fra i documenti trafugati dal Mossad, i micidiali servizi israeliani, che dimostrano gli imbrogli nucleari dell'Iran, e che sono saldamente nelle mani di Benjamin Netanyahu, ci sono anche altre prove, come quelle della corruzione di esponenti politici europei ed americani. In tal caso, doppiamente fregati da Israele, agli Ayatollah non resterebbe che agitare loro la bandiera dello scandalo.
In questi giorni di gran casino italiano, certe notizie son passate sotto silenzio ma potrebbe non durare. È andata così.
L’8 maggio, subito dopo l’annuncio del presidente americano Donald Trump che gli Stati Uniti escono dall' Iran Deal, il giornalista di origine curda Raman Ghavami riportava le dichiarazioni di Hossein Jaberi Ansari, consigliere del ministro degli esteri iraniano Zarif.
“Se gli europei smetteranno di fare affari con l’Iran e non faranno pressioni sugli Stati Uniti, noi riveleremo quali politici europei hanno preso soldi, e quanti soldi hanno preso, durante i negoziati che hanno portato all’accordo nucleare”.
L'affermazione, mai smentita, ha implicazioni gravissime. Significa che un bel gruppo di nomenclatura politica europea ha dato il proprio assenso a rischio della sicurezza dell'Europa a un accordo non solo non conveniente ma pericoloso, a un imbroglio fatto a favore di uno Stato non democratico, che produce nucleare contro l'Occidente, che sogna la distruzione di Israele e la progetta. Questi gentiluomini avrebbero accettato un simile scempio in cambio di soldi da parte di Teheran.
Qui non stiamo parlando di tangenti che magari grosse aziende anche di Stato danno a rappresentanti di nazioni non democratiche per ottenere accordi economici favorevoli, non è la Libia dell'Eni. È l'esatto opposto, è la democrazia che si corrompe e si piega alle dittature. Valutiamo invece l'ipotesi che quelle messe in giro da un giornalista compiacente siano minacce senza fondamento. Le notizie che vengono da Israele sono diverse, ma conferme non ne abbiamo ancora, dunque possiamo anche ipotizzare che mentre arrivava in Europa per trattare, il regime iraniano si sia fatta anticipare da balle minacciose così gravi, sperando così di ricattare gli interlocutori, spaventandoli.
Chi ha firmato l'accordo a Vienna? I ministri degli Esteri di Cina (Wang Yi), Francia (Fabius), Germania (Steinmeier), Ue (Mogherini), Iran (Zarif, con il capo dell’Agenzia atomica Salehi), Russia (Lavrov), Uk (Hammond) e Usa (Kerry, con il segretario per l’Energia Moniz). Sono loro quelli eventualmente messi sotto accusa o più probabilmente gli sherpa, i negoziatori che per anni si sono riuniti a tavoli delle trattative, e poi hanno garantito ai loro referenti?
Nessuno viene condannato per delle accuse, tanto più mosse da un regime illiberale come quello iraniano, che ora è disperato e pronto a tutto, ma certamente la missione parallela di John Kerry nelle scorse settimane, a rischio di sfidare le leggi americane che non autorizzano un privato cittadino a occuparsi di affari di Stato, aveva il ritmo forsennato di chi in qualche modo si sente ancora parte in causa.
Aspettate ancora qualche settimana e quando nessuna novità sul fronte europeo sarà scaturita a salvare l'accordo, si capirà che una sorta di inchiesta per capire se importanti leader ed ex leader europei siano stati coinvolti, anche a nome di fondazioni alle quali appartengono, sarà necessaria. Parliamo di finanziamenti illeciti.
Trump ha già cominciato da una storia che è nota.
Al momento di chiudere l'accordo, il presidente Barack Obama chiuse di imperio una gigantesca inchiesta dell’Fbi e della Dea sui finanziamenti di Hezbollah attraverso il narcotraffico. Alle agenzie fu imposto il silenzio, a giornali e TV fu raccontata una versione falsa.
Tutto pur di arrivare a un accordo che mai è diventato trattato perché l'amministrazione Obama non ha mai sottoposto il testo al Congresso dove non avrebbe ottenuto i due terzi richiesti di approvazione da parte del Senato. C'è chi dice in questi giorni che il Jcpoa non abbia alcun valore legale. Per questo a Donald Trump è bastata una firma per revocarlo.
Come mai nessuno degli alleati europei più Russia e Cina e le stesse Nazioni Unite che hanno avallato il tutto, si sono chiesti le ragioni del comportamento dell’ex presidente americano?
E intanto cosa farà l'Europa, che sta ricevendo con grande sfoggio di amicizia Zarif, fingendo ancora di avere in mano il miglior accordo possibile?
Tra le minacce di Teheran c'è quella ribadita da Khamenei che impone agli europei l'obbligo di mantenere in piedi l'accordo così com'è senza far perdere all'Iran alcun vantaggio. Richiesta impossibile. Le imprese europee diventerebbero anche loro oggetto delle sanzioni e delle ritorsioni americane, l'accesso al sistema bancario sarebbe bloccato.
L'Europa ha sei mesi di tempo per decidere, tanti gliene ha concessi Donald Trump, che è uscito dall'accordo invocando l'interesse nazionale americano.
Mogherini e Merkel stanno facendo muso duro, ma non Macron. Il presidente francese tenta di rinegoziare l'accordo, ma soprattutto pensa a salvare l'Europa dalla guerra dei dazi sul commercio. L'Iran potrebbe essere la merce di scambio per una trattativa più avanzata con gli Stati Uniti.
Quanto alle Nazioni Unite, tirate in ballo da Zarif per denunciare la violazione della legge internazionale da parte di Donald Trump, al Palazzo di Vetro si ricorda con dolore lo scandalo dell' Oil for Food, il famoso programma che doveva togliere le sanzioni o ridurle all'Iraq di Saddam Hussein, che gli consenti’ di vendere petrolio in cambio di controlli sugli armamenti e che gli fornì nel giro di pochi anni 11 miliardi di dollari mai utilizzati per il popolo iracheno, ma in una certa parte redistribuiti a personaggi che avrebbero dovuto indagare e sorvegliare sul rispetto dell'accordo. Erano ciprioti, russi, inglesi, francesi, tutti nomi noti e apparentemente rispettabili.
Fonte: qui
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