IL TESTIMONE CHIAVE DELL’INCHIESTA CUCCHI BIS RIVELA QUELLO CHE GLI DISSE IL MARESCIALLO ROBERTO MANDOLINI
“STAVANO CERCANDO DI SCARICARE LA RESPONSABILITÀ SULLA POLIZIA PENITENZIARIA. PARLO SOLO ADESSO PERCHÉ NON ERO COINVOLTO IN PRIMA PERSONA MA PROVAVO VERGOGNA. QUANDO IL MIO NOME È USCITO SUI GIORNALI, I MIEI SUPERIORI HANNO…”
Edoardo Izzo per “la Stampa”
«Il maresciallo Roberto Mandolini mi disse in caserma che un giovane era stato massacrato di botte dai ’ragazzi’ che io ho subito identificato con i militari che avevano proceduto all’arresto», a dirlo è il maresciallo dei carabinieri, Riccardo Casamassima, il testimone chiave dell’inchiesta Cucchi bis, colui che con le proprie dichiarazioni ha permesso ai magistrati romani di «incastrare» i carabinieri ritenuti responsabili della morte di Stefano Cucchi, il geometra romano di 31 anni deceduto all’ospedale Pertini il 22 ottobre del 2009, sei giorni dopo essere stato arrestato per detenzione di droga.
Ma non si ferma qui la testimonianza di Casamassima che ricorda tutto: date, episodi, circostanze precise.
«Seppi da quella che è poi diventata la mia compagna, Maria Rosati - ha spiegato nell’aula della prima Corte d’Assise Casamassima - e che assistette al colloquio perché faceva da autista di Mastronardi, che stavano cercando di scaricare le responsabilità dei carabinieri sulla polizia penitenziaria. Lei capì il nome Cucchi ma all’epoca non era ancora una vicenda nota perché non era morto».
Alla domanda del pm di Roma, Giovanni Musarò, sul perché ha «aspettato 4 anni e mezzo per parlare», il maresciallo Casamassima ha risposto: «perché all’inizio la vicenda Cucchi non mi aveva visto coinvolto in prima persona, ma troppe cose fatte dai miei superiori non mi erano piaciute, come l’abitudine di falsificare i verbali, e, provando vergogna per ciò che sentivo e vedevo, ho deciso di rendere testimonianza, temendo ritorsioni che poi si sono verificate.
Quando è uscito il mio nome sui giornali, i superiori hanno cominciato ad avviare contro di me procedimenti disciplinari, tutti pretestuosi. Con Mandolini (accusato di falso e calunnia) mi sono incrociato una mattina nell’ottobre del 2016: gli dissi solo di andare a parlare col pm e a dire quello che sapeva.
Gli dissi che la procura stava andando avanti e che aveva in mano una serie di elementi importanti. Lui mi rispose dicendomi che il pm ce l’aveva a morte con lui», ha concluso Casamassima.
Il processo è quello che vede imputati cinque carabinieri in relazione alla morte di Cucchi avvenuta a Roma il 22 ottobre del 2009.
I militari dell’Arma coinvolti sono: Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco, accusati di omicidio preterintenzionale e di abuso di autorità.
Tedesco è accusato anche di falso e calunnia Roberto Mandolini, mentre della sola calunnia risponde Vincenzo Nicolardi.
Fonte: qui
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