Non erano bastati i numerosi crac di coop edili, con relativa perdita parziale o totale dei prestiti soci, a far muovere la Banca d’Italia.
Quando il fenomeno ha toccato le coop di consumo, con la messa in liquidazione delle friulane Coop Operaie Trieste e Coop Carnica, con oltre 20000 soci prestatori, da via Nazionale hanno drizzato le orecchie ed emanato una direttiva più stringente, anche perché ancora manca il previsto,schema di garanzia dei prestiti sociali, da costituirsi in ambito cooperativo.
Insomma, per i prestatori sociali non è prevista alcuna garanzia, né informazione, come quella che le banche devono dare sul bail in, visto che gli obblighi di trasparenza informativa e contrattuale, per i prestiti sociali introdotti nel ’94, sono stati rimossi dal Comitato per il Credito ed il Risparmio nel 2006.
Da allora le coop sono esentate dagli obblighi e dai controlli a cui sono sottoposti banche e operatori finanziari, sebbene le prime 9 coop, con 11 miliardi di prestito, rientrino tra le prime 25 banche.
Banca d’Italia precisa che l’ammontare dei prestiti non deve superare di tre volte il netto consolidato e non il civilistico.
Vediamo di che numeri si tratta: i prestatori sono 1,3 milioni, il prestito complessivo è di 15 miliardi.
La soglia di tre volte è superata da Unicoop Tirreno 6,22, con un patrimonio di 191 milioni e un prestito di 1miliardo 189 milioni, con 123000 soci prestatori. Situazione come si vede, delicata. Si avvicinano alla soglia, Coop Centro Italia, 2,98 con 582 mln e Coop Lombardia, 2,68 con 1 miliardo 150 milioni.
Come stanno le coop emiliane di cui è in corso la fusione?
Coop Adriatica è al 2,07 con 255.000 soci e un prestito di 2 mld 284 milioni, poi Coop Nordest, 1,59 con 117.000 soci e un prestito 1 mld 500 milioni, infine Coop Estense, 1,22 con 84500 soci e 831 milioni di prestito.
Come si vede, anche le emiliane hanno un consistente prestito soci di 4 miliardi e mezzo, a cui vanno aggiunti i debiti verso terzi, banche comprese. Il prestito soci non sempre è amministrato bene, a parte le società messe in liquidazione, il patrimonio è investito spesso in attività finanziarie che non sempre danno soddisfazione, Coop Firenze ha ad esempio perso 400 mln investiti nel Monte Paschi, le emiliane e quelle del nord, controllano Finsoe, che controlla il gruppo Unipol-Sai, un gruppo importante, ma molto “nazionale” e che potrebbe in futuro necessitare di ricapitalizzazioni pesanti, insomma molte uova in uno stesso paniere.
Certamente il prestito serve alle Coop di consumo, che negli ultimi cinque anni con la rendita finanziaria hanno guadagnato 900 milioni, mentre con l’attività industriale 250.
Il patrimonio netto complessivo è di circa 2 miliardi 700 milioni, poco più della metà del prestito soci.
Dati rassicuranti?
Ognuno può farsi una opinione. Di sicuro c’è che la Banca d’Italia detta regole, ma non ha l’attività di controllo, che è in capo al ministero dell’Economia, che la appalta alle cooperative medesime.
Di certo le coop sono esentate dal costituire un fondo di garanzia a tutela dei depositi, ai quali il prestito soci può essere equiparato e invece ha meno garanzie di una obbligazione subordinata tier 1. E’ difficile anche spiegare perché le Coop di consumo guadagnino poco, probabilmente scontano una bassa efficienza, un esubero di personale, soprattutto nei ruoli impiegatizi e dirigenziali, conseguenza del legame con la politica, ma anche il disperdere energie a sostegno del Pd, attraverso sponsorizzazioni a feste, a giornali locali e attraverso il possesso di televisioni locali, che non solo producono perdite, ma divorano pubblicità, senza che vi sia un corrispettivo aumento delle vendite.
Fonte: qui
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