 “Sei a normativa europea?”, parte in tromba un prontuario in lingua tedesca che istilla nel lettore tremendi dubbi: “Vivo  in una casa non a normativa europea, la mia auto non è a normativa  europea, la mia bici non è a normativa europea, svolgo un lavoro  precario che elude le normative europee, non dialogo con la mia banca  tramite smartphone perché non ho i soldi per cambiare telefonino… sono  un povero fuorilegge?
“Sei a normativa europea?”, parte in tromba un prontuario in lingua tedesca che istilla nel lettore tremendi dubbi: “Vivo  in una casa non a normativa europea, la mia auto non è a normativa  europea, la mia bici non è a normativa europea, svolgo un lavoro  precario che elude le normative europee, non dialogo con la mia banca  tramite smartphone perché non ho i soldi per cambiare telefonino… sono  un povero fuorilegge?
Ma  i dubbi che attanagliano i meno danarosi della zona Euro non turbano  certo i sonni dei britannici. Sembra che l’Unione europea abbia poche  carte da giocarsi per evitare la fuga del Regno Unito, a patto che tra  Strasburgo e Bruxelles non decidano di cancellare una gran mole di  normative europee:
le stesse che, in tutti questi anni, avrebbero cagionato la moria del 50 per cento delle imprese italiane. 
È  di qualche giorno fa la notizia che, più della metà delle imprese del  Nord-Est, si sarebbero estinte perché non più in grado di reggere sul  mercato, causa i costi lievitati per le normative europee.
Del resto l’Ue è stata fatta sulla carta in forza di regole e moneta.
Ma chi ha fabbricato quelle regole era (ed è) all’asciutto sulle diverse peculiarità economiche del Vecchio Continente.
Per farla breve, l’Europa farebbe poco al caso per il popolo britannico. 
Troppa  burocrazia, documenti incomprensibili, soprattutto una congerie di  norme che, se applicate in Gran Bretagna, metterebbero l’artigianato  dell’isola nelle stesse condizioni in cui versa oggi quello italiano.
 
“La  mia filosofia è diametralmente opposta a quella di David Cameron. Io  sono un federalista cresciuto sognando gli Stati Uniti d’Europa”, ripete  intanto Matteo Renzi agli altri leader europei, dimenticando quanto  l’accettazione supina delle normative europee abbia fatto lievitare la  disoccupazione.
E non dimentichiamo come le normative europee stiano influenzando negativamente la crescita italiana:
nel Belpaese non si produce più nulla, e per il timore d’infrangere le normative.
Queste  ultime ree della nuova ventata di tasse, come quella su ascensore e  aria condizionata: la prima sarà per ogni famiglia d’un importo pari  alla vecchia Tasi, mentre la seconda obbligherà i comuni ad indagini  sugli eventuali utilizzatori d’aria condizionata domestica.
La  Gran Bretagna non s’è uniformata che ad uno scarso 10 per cento di  tutte le normative europee, mentre l’Italia le sta codificando tutte. 
Piccolo particolare, il Regno Unito non ha nemmeno una multa Ue sul groppone, invece l’Italia ha totalizzato sanzioni europee per inottemperanza alle varie normative pari ad un quinto del proprio debito pubblico:  dall’edilizia alle quote latte, dai rifiuti urbani al mancato  adeguamento dei vettori (trasporto pubblico), dalle carceri ai diritti  delle più svariate minoranze, dai campi rom inadeguati alle multe per le  modalità d’accoglienza dei migranti… Una cifra iperbolica che, al pari del debito pubblico, starebbe sventrando lo stato italiano. Così l’Italia europeista sceglie di affogare, mentre il Regno Unito si difende perché ha ancora una moneta nazionale.
Di fatto l’Italia ha le mani legate, ed il popolo è costretto a rispettare tutte le normative ed a pagare tasse e multe Ue.
E  chi lavora e risparmia potrebbe non essere nemmeno più padrone dei  propri sacrifici. Infatti la gestione e l’uso discrezionale dei risparmi  depositati nelle banche italiane sta per passare totalmente in mani  straniere (pardon europee): tutto addebitabile alla  direttiva europea Brrd, che designa le nuove norme del sistema bancario  europeo: stabilendo nuove norme in materia di salvataggi bancari, e con  la scusa di tutelare i risparmiatori, finisce per lasciare che i  tedeschi decidano che uso fare dei risparmi italiani (ovviamente è una sintesi forzata, potrebbero anche decidere olandesi, belgi, lussemburghesi… mai italiani).
Di  fatto per Renzi s’avvicina Waterloo, e perché il sommarsi di debito  pubblico e mancati pagamenti delle svariate multe Ue stanno facendo  tornare in auge lo spettro delle mani della Troika sul sistema italiano. Proprio come nell’estate 2014, quando l’allora direttore del Corriere  della Sera (Ferruccio De Bortoli) lasciava la direzione anticipando la  discesa della Troika nel Belpaese.
Oggi  potrebbe serbare lo stesso compito del 2011, ovvero eseguire un  prelievo forzoso e patrimoniale da 100 miliardi di euro: per dirla alla  Mario Monti “per arrivare a delle ulteriori cessioni di sovranità sono  necessarie delle crisi”. Cessione di sovranità significa incremento  della povertà: ogni anno già versiamo 50 miliardi alla Bce per essere  soci del Club dell’Euro”, altrettanti all’Ue per contribuire alle  politiche europee.
La  Gran Bretagna fissa i paletti, la Germania si rinforza, l’Italia in  camicia viola dice che spezzeremo le reni ai burocrati di Bruxelles. Il  solito capitan Fracassa questo Renzi: la storia ci ha regalato  camicie in varie sfumature di grigio, nere care ad anarchici e fascisti,  rosse da garibaldino e poi da comunista, verde da leghista… Oggi  è il turno delle camicie viola, il loro simbolo è il giglio fiorentino,  al posto del fez usano come copricapo un cappello goliardico  duecentesco, come quello che per la vulgata indossava il Conte Ugolino.  Buon appetito signor Renzi, ed alla faccia del popolo sovrano.
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