9 dicembre forconi

mercoledì 27 dicembre 2017

SULLA CARCASSA DELL’ILVA VA IN SCENA LO PSICODRAMMA TRA CALENDA E EMILIANO

IL MINISTRO ALZA LA VOCE: “SE LA REGIONE PUGLIA NON RITIRA IL RICORSO AL TAR CONTRO IL DECRETO SUL PIANO AMBIENTALE, IL 9 GENNAIO INIZIA LO SPEGNIMENTO” 

IL GOVERNATORE SE NE FREGA: “IL MINISTRO HA UNA CRISI ISTERICA”

Lorenzo Salvia per il “Corriere della Sera”

Era un braccio di ferro, è diventato uno scontro senza esclusione di colpi. Anche bassi. Da una parte il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, che chiede alla Regione di Puglia di ritirare il ricorso al Tar contro il decreto sul piano ambientale per l' Ilva di Taranto, altrimenti il «9 gennaio inizia il processo di spegnimento».

Dall' altra lo stesso governatore della Puglia, Michele Emiliano, che accusa Calenda di fare «allarmismo», lo definisce «ministro pro tempore», lo accusa di avere avuto una «crisi isterica», e aggiunge che «tanto non ha un voto». Tutto comincia con un sms che arriva sul cellulare di Calenda, mentre al ministero è in corso una riunione per fare il punto sul futuro dell' acciaieria più grande d' Europa, che sta per essere rilevata dalla multinazionale ArcelorMittal.

CALENDA MATTARELLACALENDA MATTARELLA
Il messaggino arriva proprio da Emiliano, anche lui in sala: «Dobbiamo chiedere formalmente di riaprire nelle sedi opportune il riesame Aia», cioè dell' Autorizzazione integrata ambientale che serve a contenere l' impatto dell' acciaieria. Calenda sbotta: «Emiliano vuole fare melina sulla pelle dei lavoratori», dirà più tardi. E lancia il suo ultimatum, sul rischio spegnimento a partire dal 9 gennaio, giorno in cui sarà discusso il ricorso al Tar. Qual è il punto?

ArcelorMittal è pronta a investire nell' impianto oltre 2 miliardi di euro ma, visto che c' è il ricorso pendente e non si sa come andrà a finire, chiede che quei soldi siano garantiti dallo Stato italiano. «Non posso far pagare quel ricorso a tutti gli italiani» dice Calenda che chiede a Emiliano di fare marcia indietro.
michele emilianoMICHELE EMILIANO

Il governatore un mezzo passo lo fa. Dà mandato all' Avvocatura regionale di non discutere la sospensiva sul decreto ambientale fissata al Tar per il 9 gennaio. Quindi quel giorno non dovrebbe succedere nulla e non c' è il rischio che il prossimo anno cominci con lo spegnimento degli impianti. Ma il ricorso rimane in piedi: «Ritirarlo sarebbe una grande imprudenza perché farebbe perdere alla Regione l' unico mezzo che le consente di esercitare le prerogative costituzionalmente garantite».
PAPA BERGOGLIO ALL ILVA DI GENOVAPAPA BERGOGLIO ALL'ILVA DI GENOVA

Lo scontro resta, dunque. E la battaglia finale è solo rinviata di qualche settimana, quando il Tar si dovrà pronunciare non sulla richiesta di sospensiva ma sul merito della questione. Tutti i sindacati si schierano di fatto con Calenda, chiedendo a Emiliano il ritiro del ricorso. Anche Maurizio Landini, l'ex leader della Fiom, oggi segretario confederale della Cgil: «Non si può giocare con chi rischia di perdere il posto di lavoro. Ci vuole un atto di responsabilità per ritirare il ricorso».

ILVAILVA
Calenda apprezza: «La pensiamo diversamente su tante cose ma è una persona seria che, a differenza di Emiliano, si confronta sul merito». In una giornata complicata sul fronte della commissione banche, Matteo Renzi interviene due volte. Prima dice che la «chiusura dell' Ilva sarebbe un tragico errore».

Poi usa il registro del sarcasmo: «Offro un piatto di orecchiette a te e a Carlo Calenda ma deposita le armi, Michele Emiliano». E ancora: «Basta coi ricorsi, mettiamoci a un tavolo e salviamo insieme il futuro di Taranto. Offro io che notoriamente ho il carattere peggiore (ed è una bella gara tra noi tre)». Frecciata a Emiliano, senza dubbio. Ma anche a Calenda.

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IN PROVINCIA DI SALERNO, UN POVERO DISGRAZIATO PRIMA VIENE TRADITO DALLA MOGLIE CON UN PRETE E ORA È OBBLIGATO ANCHE A LASCIARE LA CASA


E’ LA CONSEGUENZA DI UN PROVVEDIMENTO DI ALLONTANAMENTO RICHIESTA DALLA SIGNORA E ESEGUITO DAI VIGILI URBANI


Aveva tradito il marito con un prete: dopo un anno è stato costretto ad abbandonare anche la casa dove viveva. L'episodio avvenuto nel comune di Scafati e già oggetto di un procedimento al tribunale di Salerno, si è arricchito ora di un altro particolare. La persona che fu vittima del tradimento ha abbandonato il nido dove aveva scelto di andare a vivere dopo il matrimonio. Una decisione conseguenza di un provvedimento di allontanamento richiesta proprio dalla ex moglie, eseguito dai vigili urbani.

PRETI SESSO DONNEPRETI SESSO DONNE
In realtà già da tempo l'uomo non abitava più in quella casa, ma il domicilio risultava essere ancora quello dove la coppia si era trasferita dopo il matrimonio. Marito e moglie erano in fase di separazione quando si consumò il tradimento. Eppure, quella presunta relazione tra il parroco e la donna pare avesse radici persino pregresse.

Della vicenda se ne occuparono anche le televisioni nazionali. Fu proprio l'uomo a raccontare di aver scoperto il tradimento dopo che il figlio della coppia aveva prestato il suo cellulare alla madre. I contenuti di quei messaggi che venivano scambiati con il prete erano a sfondo sessuale. Il parroco, tuttavia, ha sempre negato ogni tipo di coinvolgimento.

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MANOVRA 2018/ Tanti bonus e una brutta sorpresa per dopo le elezioni


La Legge di bilancio è stata approvata e contiene misure a favore di più categorie. L’impostazione della manovra non agevolerà il nuovo Parlamento. 

E adesso c’è da augurarsi soltanto che il Presidente della Repubblica sciolga al più presto le camere, perché ogni giorno che passa le cose si mettono peggio per le finanze pubbliche e, di conseguenza, per l’intera economia (con evidenti ricadute politiche). L’assalto alla diligenza, cioè alla Legge di bilancio, ha visto protagoniste lobby e le clientele più diverse. Le poche che non hanno ottenuto nulla sbraitano, ma si lamenta anche chi ha avuto la sua fetta di torta, perché ne avrebbe volentieri trangugiata una più grande. Il risultato di questo scambio ineguale tra risorse pubbliche e appropriazione privata è il debito dello Stato, che in Italia, per il suo ammontare in quantità, per il suo rapporto con il prodotto annuo lordo, per la sua dinamica, è un pericolo. Ma vediamo alcune cifre chiave della manovra varata dal parlamento.
È stato bloccato l’aumento dell’Iva da 15,7 miliardi di euro che sarebbe scattato a gennaio in applicazione della clausola di salvaguardia ereditata dagli anni precedenti. Da sola, questa misura assorbe più del 70% delle risorse della Legge di bilancio. Nonostante le promesse della vigilia, anche stavolta si tratta di un rinvio. Se l’anno prossimo non arriverà un intervento analogo, l’aliquota Iva al 10% salirà dell’1,5% dal gennaio 2019 e poi di ulteriori 1,5 punti dal 2020, mentre quella del 22% salirà del 2,2% dal 2019, poi di altri 0,7 punti dal 2020 e di un ulteriore 0,1% dal 2021. Dunque, il governo ha gettato nelle mani del suo successore la bomba a orologeria che da alcuni anni mina la politica fiscale.
Dal primo gennaio prossimo riparte la decontribuzione triennale per le imprese che assumono giovani. Il primo anno i contributi saranno dimezzati, con un tetto massimo di 3 mila euro, per le assunzioni di giovani al di sotto dei 35 anni di età. Dall’anno successivo, il 2019, l’età massima per accedere allo sgravio scenderà a 29 anni. La norma è permanente: significa che potranno beneficiarne anche gli under 30 dei prossimi anni. Arriva il bonus sud, cioè l’esenzione totale dei contributi per chi assume i residenti in una delle otto regioni meridionali (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna), sia sotto sia sopra i 35 anni, purché privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.
Il bonus bebè scatta solo per il primo anno di vita del bambino e per i nati nel 2018. La commissione Bilancio della Camera ha eliminato gli stanziamenti previsti per il 2020, cancellando la stabilizzazione dell’intervento. Sale da 2.840 euro a 4.000 euro la soglia di reddito annuo che consente ai figli di restare a carico dei genitori. Dal 2019 non aumenterà a 67 anni l’età pensionabile per 14.600 lavoratori impegnati in 15 attività gravose. Per gli scatti futuri, inoltre, sarà modificato il meccanismo di adeguamento all’aspettativa di vita. Arriva una nuova disciplina per la previdenza complementare dei dipendenti pubblici. L’Ape social si estende a quattro categorie in più che svolgono lavori gravosi (braccianti, siderurgici, marittimi e pescatori), gli stessi per cui, oltre alle altre 11 categorie già comprese, non scatterà dal 2019 l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni. Aumenta lo sconto contributivo per le mamme lavoratrici da sei mesi a un anno per figlio, fino a un massimo di due anni.
Confermato il super-ammortamento, che passa però dal 140% al 130% e viene esteso a parchi veicoli pubblici e privati. Prorogato anche l’iper-ammortamento, cioè la supervalutazione del 250% degli investimenti in beni materiali nuovi, dispositivi e tecnologie abilitanti la trasformazione in chiave 4.0 acquistati o in leasing. La manovra ha aumentato di 470 milioni i fondi per il reddito di inclusione. La misura prevede un progetto personalizzato per aiutare il nucleo familiare a uscire dallo stato di bisogno. L’assegno arriva fino a 187 euro al mese nel caso di componente unico della famiglia e a 485 euro al mese per le famiglie con almeno cinque persone.
C’è poi un lungo elenco di misure ritagliate sulle richieste di categorie e gruppi sociali a più o meno elevato valore elettorale. Verranno regolarizzati 18 mila insegnanti precari. Anche la Rai potrà assumere altro personale (ma non erano già troppi i dipendenti della tv di stato?). La polizia e i vigili del fuoco avranno 50 milioni subito e 250 milioni nei prossimi anni. Gli statali possono aumentare i loro stipendi e rinnovare i contratti. Gli ambulanti vedranno slittare al 2020 l’applicazione della direttiva Bolkenstein. Le risorse del fondo per i risparmiatori danneggiati dai dissesti bancari salgono da 50 a 100 milioni nel biennio 2019-2020. La web tax, ridimensionata nella sua portata, è una bandierina da sventolare a sinistra contro “il far west della rete”.
Secondo prime stime, l’assalto finale alla diligenza ha fatto sforare il budget previsto di 90 milioni di euro, in ogni caso il ministro Padoan sostiene di aver rispettato i parametri. Il giudizio di fondo, però, non può essere ragionieristico. Nel momento in cui l’economia ha preso lena, grazie soprattutto all’industria che cresce negli ultimi mesi con percentuali a due cifre, il governo e il parlamento hanno mancato l’occasione di imprimere una svolta alla politica fiscale. Anziché avviare la prossima legislatura verso il sentiero scosceso che porta a ridurre il debito in modo strutturale, sono state rinviate le scelte di fondo.
Nessuno è tanto ingenuo da non sapere che una seria riforma fiscale si fa all’inizio non alla fine del mandato politico, ma continuare con i bonus e gli sconti non manda certo un segnale incoraggiante. La prova del nove è il congelamento degli aumenti dell’Iva: su 15,7 miliardi, ben 11 sono coperti con un aumento del deficit. Insomma, il nuovo parlamento esordirà con un handicap non facile colmare: non è esattamente un augurio di buon lavoro.
STEFANO CINGOLANI
Fonte: qui

Yes, governments CAN go bankrupt. And no, it’s NOT impossible…

[Editor’s Note: As we’re coming up on the end of the year, we thought it would be appropriate to republish some of our most popular articles. Today’s was originally published on March 13, 2017]
In the year 1517, one of the most important innovations in financial history was invented in Amsterdam: the government bond.
It was a pretty revolutionary concept.
Governments had been borrowing money for thousands of years… quite often at the point of a sword.
Italian city-states like Venice and Florence had been famously demanding “forced loans” from their wealthy citizens for centuries.
But the Dutch figured out how to turn government loans into an “investment”.
It caught on slowly. But eventually government bonds became an extremely popular asset class.
Secondary markets developed where people who owned bonds could sell them to other investors.
Even simple coffee shops turned into financial exchanges where investors and traders would buy and sell bonds.
In time, the government realized that its creditworthiness was paramount, and the Dutch developed a reputation as being a rock-solid bet.
This practice caught on across the world. International markets developed.
English investors bought French bonds. French investors bought Dutch bonds. Dutch investors bought American bonds.
(By 1803, Dutch investors owned a full 25% of US federal debt. By comparison, the Chinese own about 5.5% of US debt today.)
Throughout it all, debt levels kept rising.
The Dutch government used government bonds to live beyond its means, borrowing money to fund everything imaginable– wars, infrastructure, and ballooning deficits.
But people kept buying the bonds, convinced that the Dutch government will never default.
Everyone was brainwashed; the mere suggestion that the Dutch government would default was tantamount to blasphemy.
It didn’t matter that the debt level was so high that by the early 1800s the Dutch government was spending 68% of tax revenue just to service the debt.
Well, in 1814 the impossible happened: the Dutch government defaulted.
And the effects were devastating.
In their excellent book The First Modern Economy, financial historians Jan De Vries and Ad Van der Woude estimate that the Dutch government default wiped out between 1/3 and 1/2 of the country’s wealth.
That, of course, is just one example.
History is full of events that people thought were impossible. And yet they happened.
Looking back, they always seem so obvious.
Duh. The Dutch were spending 68% of their tax revenue just to service the debt. Of course they were going to default.
But at the time, there was always some prevailing social influence… some wisdom from the “experts” that made otherwise rational people believe in ridiculous fantasies.
Today is no different; we have our own experts who peddle ridiculous (and dangerous) fantasies.
Case in point: this week, yet another debt ceiling debacle will unfold in the Land of the Free.
You may recall the major debt ceiling crisis in 2011; the US federal government almost shut down when the debt ceiling was nearly breached.
Then it happened again in 2013, at which point the government actually DID shut down.
Then it happened again in 2015, when Congress and President Obama agreed to temporarily suspend the debt ceiling, which at the time was $18.1 trillion.
That suspension ends this week, at which point a debt ceiling of $20.1 trillion will kick in.
There’s just one problem: the US government is already about to breach that new debt limit.
The national debt in the Land of the Free now stands at just a hair under $20 trillion.
In fact the government has been extremely careful to keep the debt below $20 trillion in anticipation of another debt ceiling fiasco.
One way they’ve done that is by burning through cash.
At the start of this calendar year in January, the federal government’s cash balance was nearly $400 billion.
On the day of Donald Trump’s inauguration, the government’s cash balance was $384 billion.
Today the US government’s cash balance is just $34.0 billion.
(Google has twice as much money, with cash reserves exceeding $75 billion.)
This isn’t about Trump. Or even Obama. Or any other individual.
It’s about the inevitability that goes hand in hand with decades of bad choices that have taken place within the institution of government itself.
Public spending is now so indulgent that the government’s net loss exceeded $1 trillion in fiscal year 2016, according to the Treasury Department’s own numbers.
That’s extraordinary, especially considering that there was no major war, recession, financial crisis, or even substantial infrastructure project.
Basically, business as usual means that the government will lose $1 trillion annually.
Moreover, the national debt increased by 8.2% in fiscal year 2016 ($1.4 trillion), while the US economy expanded by just 1.6%, according to the US Department of Commerce.
Now they have plans to borrow even more money to fund multi-trillion dollar infrastructure projects.
Then there’s the multi-trillion dollar bailouts of the various Social Security and Medicare trust funds.
And none of this takes into consideration the possibility of a recession, trade war, shooting war, or any other contingency.
This isn’t a political problem. It’s an arithmetic problem. And the math just doesn’t add up.
The only question is whether the government outright defaults on its creditors, defaults on promises to its citizens, or defaults on the solemn obligation to maintain a stable currency.
But of course, just like two centuries ago with the Dutch, the mere suggestion that the US government may default is tantamount to blasphemy.
Our modern “experts” tell us that the US government will always pay and that a debt default is impossible.
Well, we’re living in a world where the “impossible” keeps happening.
So it’s hard to imagine anyone will be worse off seeking a modicum of sanity… and safety.
Fonte: qui

5 cose che non devi fare durante una crisi economica

Tassi d’interesse bassi ed è subito voglia di investire, comprare e spendere i tuoi soldi? 5 consigli utili su cosa non fare assolutamente in tempo di crisi economica.

5 cose che non devi fare durante una crisi economica


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Durante un periodo di recessione o di economia lenta bisogna essere particolarmente prudenti. Fare investimenti avventati e perdere di vista le spese potrebbe, infatti, essere deleterio per le proprie finanze. Ma di preciso quali sono le migliori mosse da fare (e gli errori da evitare) per non perdere obiettivi finanziari e soldi in acquisti evitabili e operazioni sbagliate? Ecco 5 raccomandazioni per gestire al meglio le proprie finanze durante un periodo di crisi economica.

1. Co-firmare un prestito

Il cofirmatario di un prestito si assume la responsabilità di pagare i debitinel caso in cui l’altra persona non riesca a pagare in modo puntuale o regolare. Per questo motivo, soprattutto in tempi difficili, conviene pensarci molto bene prima di co-firmare un prestito, perché in caso di problemi i creditori verranno a bussare alla tua porta.

2. Scegliere mutui a tasso variabile

Il vantaggio del mutuo a tasso fisso non è di natura economica (spesso si pagano interessi più alti della media), ma la comodità. L’importo infatti non è condizionato da imprevisti economici, e in caso di situazioni inaspettate il portafogli sarebbe al sicuro. Ecco spiegato il motivo per cui i 2/3 dei mutui sono a tasso fisso. Scegliere il tasso variabile, finché i tassi d’interesse si mantengono bassi, può sembrare una mossa furba. Dopo un periodo di instabilità economica, però, i tassi sono destinati a risalire e le proprie condizioni lavorative, a distanza di anni, potrebbero essere peggiorate.

3. Contrarre debiti

Un vecchio detto dice che “il vero saggio è colui che desidera solo ciò che può avere”, ma è pur vero che oggigiorno non è difficile contrarre debiti. La vera saggezza, però, sta nel non farlo nel pieno di una crisi: non puoi sapere se la tua azienda ti taglierà lo stipendio, se perderai il lavoro o se sopraggiungeranno altre spese importanti mentre tutto questo accade. Il rischio è che il nuovo acquisto si trasformi nel peggiore degli incubi.

4. Dare per scontato il posto di lavoro

Lavori in una grande azienda che fattura milioni di euro? Non è un valido motivo per dormire sonni tranquilli durante un periodo di crisi economica. Anche le grosse società possono subire delle perdite durante una crisi, e spesso i consigli d’amministrazione decidono di tagliare il personale. Lavora sodo, dimostra il tuo valore aggiunto ogni giorno e renditi indispensabile. È questo l’unico modo per tenersi stretta la propria scrivania quando (e se) il responsabile risorse umane inizierà a convocare a colloquio i dipendenti.

5. Fare investimenti rischiosi

Se le acque dell’economia sono burrascose, evita il più possibile investimenti cospicui o rischiosi anche se potenzialmente redditizi. I tassi d’interesse bassi possono far venire voglia di investire in una nuova sede, in nuove attrezzature eccetera, ma si tratta di uno specchietto per allodole: alla fine della crisi i tassi si alzeranno di nuovo e non è detto che il tuo giro d’affari non si restringa. Una mossa furba potrebbe essere, invece, quella di diversificare gli investimenti e cercare di ridurre al minimo le conseguenze di una situazione di volatilità.
Fonte: qui

L'Italia vende i porti ai cinesi, l'economista Sapelli: "Strategia studiata dai comunisti(cinesi) per invaderci"


SCHIAVI A CASA NOSTRA

I cinesi vogliono i porti italiani. Ci avevano già provato due anni fa con Taranto ma, a causa anche delle consuete incrostazioni burocratiche, si erano spostati sul Pireo. Però non hanno dimenticato l’Italia acquistando il 40% della piattaforma logistica di Vado Ligure.
Ora vogliono andare avanti perchè, nonostante siano passati otto secoli e nel frattempo Cristoforo Colombo abbia scoperto che la terra è rotonda, il collegamento migliore fra la Cina e l’Europa resta quello tracciato da Marco Polo. Non a caso Pechino ha varato un progetto gigantesco da 113 miliardi di dollari e l’ha chiamato Via della Seta: una via di terra e l’altra per mare. «Ma il collegamento di terra - dice Giulio Sapelli economista e docente alla Statale di Milano - è un progetto fragile. Deve attraversare troppe frontiere. Più efficiente la rotta marittima».
Da qui l’interesse verso i porti italiani. Un’attenzione arrivata fino a Palazzo Chigi che ha convocato un tavolo tecnico con ministri, trecnici, e ferrovie. Segno che il programma dei cinesi avanza.
L’Italia è strategica nella proiezione cinese nel Mediterraneo, in termini politici, commerciali e di sicurezza. All’aumento degli investimenti di Pechino all'estero, corrisponde la necessità di una revisione della strategia di difesa dei propri interessi: le esercitazioni congiunte tra Cina e Russia nelle acque del Mediterraneo e la creazione dell’avamposto militare di Gibuti, spiegano questa tendenza di cui anche l’Europa farebbe bene a tenere conto.
Nelle mappe cinesi, il porto di Venezia è indicato come il terminale europeo della Via della Seta marittima. Soprattutto con il raddoppio del Canale di Suez. Attraverso l’Italia si arriva al cuore dell’Europa ed ecco perchè il Pireo resta un ripiego. I container come escono? Non certo per via di terra visto che strade e ferrovie sono inesistenti.
Così l’attenzione torna sull’Italia e più in generale sull’Adriatico: Venezia, Trieste e Ravenna. Ma anche Capodistria (Slovenia) e Fiume (Croazia). Un progetto di alleanza tra i cinque maggiori porti esiste già ed è cofinanziato dal governo italiano (con il coordinamento del ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture) e dal Silk Road Fund il grande fondo cinese cui il governo Pechino ha affidato 40 miliardi per completare il progetto della Via ndella Seta. Risorse accolte dall’entusiamo generale per il rilancio delle infrastrutture. Esce dal coro Giulio Sapelli che invece, nella Via della Seta vede lo strumento per la consacrazione del dominio cinese. L’espansionismo della Repubblica Popolare che dietro le bandiere rosse ha allineato insegne imperiali.
«Le tesi dell’ultimo Congresso del Partito a Pechino hanno detto chiaramente le intenzioni della Cina - spiega il professore - Un nuovo imperialismo sfruttando le debolezze dell’Europa e gli errori degli Stati Uniti». Nè vale la storia come elemento di argine. «È falso dire che nella storia della Cina non ci sia un Dna imperiale. Hanno scoperto la bussola e la polvere da sparo. Nel XV secolo disponevano di una flotta potente». Per ragioni mai chiarite l’imperatore ordinò di affondarle. «Il Progetto della Via della Seta è la maniera per ripartire con la conquista del mare», taglia corto Sapelli.
Nino Sunseri
Fonte: qui

LA PROFEZIA DEL VATICANISTA: “PRESTO ARRIVERÀ LA FINE DELLA CHIESA CATTOLICA”

Aldo Maria Valli, vaticanista della Nave ammiraglia della RaiTv, fa gli auguri di natale a Papa Francesco dedicando al 266mo papa un romanzo dal titolo inquietante: Così la Chiesa finì (Liberilibri, pp. 156, euro 16).
Il narratore del racconto è il Cantore cieco, che, come Omero è l’ unico che vede lontano in un modo unificato dalle fax-news. Egli ci fa conoscere i molti papi che verranno dopo Bergoglio, tutti di nome Francesco e tutti sudamericani. Essi ne continuano l’opera dissolutrice.
Nel mondo secolarizzato e nichilista la Chiesa, incapace di opporsi al radicale anticristianesimo trionfante, si illude di sopravvivere trasformandosi in una filantropia sociale: “Dimentica del Vangelo e impegnata a inseguire il mondo, nel folle tentativo di rendersi più amichevole e attraente, più dialogante e accogliente, meno arcigna e dottrinale, finisce per tradire se stessa e si consegna nelle mani dei dominatori di turno”.
Ciò che più conta è annacquare il messaggio cristiano, così da renderlo indistinguibile rispetto al pensiero dominante. Vale anche per il culto e per i sacramenti: “Occorre aprire le porte a chiunque e rendere la liturgia quanto di più simile a un incontro festoso, fatto per stare insieme lietamente, in spirito di condivisione”.
E così l’ ultimo papa, Francesco XXX, cioè l’argentino Carlo Ramirez Cabrera, stabilì che del presepio era bene fare a meno: “La suprema causa del Dialogo imponeva una scelta nuova, un’ opera che rappresentasse tutte le religioni del mondo”.