L'allarme è stato lanciato ieri dal virologo Andrea Crisanti: «Credo che si debba guardare con grande attenzione in questo momento alla situazione del Cile, che ha vaccinato contro Covid tante persone e, nonostante questo, è in piena crisi di trasmissione - ha dichiarato il direttore del Dipartimento di medicina molecolare all'università di Padova -. I contagi da Sars-CoV-2 sono in salita e si sono diffuse tante varianti che stanno creando non pochi problemi nonostante le iniezioni scudo».
La crisi cilena, evidenzia ancora l'esperto, «si spiega con le varianti. Sicuramente in questo Paese è stato usato in maniera massiccia un vaccino cinese che non è proprio uno dei migliori al mondo, Sinovac, ed evidentemente non si è rivelato abbastanza efficace. Ma non è solo questo. Loro sono pieni di varianti e la trasmissione è continuata in maniera sostenuta, alimentata dal liberi tutti, dall'allentamento delle restrizioni». Se in realtà come la Gran Bretagna hanno vaccinato, mantenendo allo stesso tempo un regime di lockdown rigido, «in Cile è mancato l'apporto di misure e restrizioni per fermare la trasmissione del virus».
Il dato di cui parla Crisanti è da giorni al centro della discussione nel paese del Sud America, proprio per le difficoltà che sta creando. Il sottosegretario alla Sanità, Alberto Dugnac, ha sollevato la questione con chiarezza: «A seguito dell'elevata richiesta di cure evidenziata nelle ultime settimane, abbiamo rafforzato il nostro piano nazionale per la gestione dei pazienti critici Covid-19 - ha spiegato - con misure che ci permettono di rafforzare ulteriormente la rete sanitaria integrata».
L'Autorità ha poi precisato che i posti letto totali disponibili sono poco più di 4.100, occupati ormai per più della metà, ma che si prevede di arrivare a 4.300 nei prossimi giorni e 4.500 nel medio termine. «Abbiamo preso un impegno con il Presidente in modo che mercoledì prossimo avremo 4.300 posti letto. Sebbene questa sia una grande sfida considerando che il reddito medio giornaliero è per 39 pazienti, crediamo che con lo sforzo di tutti i funzionari che lavorano nella rete integrata, ce la faremo», ha aggiunto Dugnac.
La sanità cilena sta cercando di correre ai ripari, adeguando la strategia per affrontare la seconda ondata. Il governo spera che i 9 mila casi al giorno siano stati il picco, anche se ieri in Commissione politica La Moneda ha dato per scontato che saranno giorni duri, con una crisi all'ultimo letto. Nel palazzo del governo evidenziano anche che il quadro sta cambiando e sperano che i contagi diminuiranno. Tra quarantene, vaccinazioni e spostamenti limitati, «meno pazienti - dicono - finiranno in terapia intensiva». «Ma non fatevi ingannare - è comunque l'allerta per la popolazione -: sebbene i casi diminuiscano, l'occupazione dei posti letto continuerà ad aumentare, perché i casi che arrivano in terapia intensiva si manifestano tra 10 e 14 giorni dopo che il paziente è stato infettato. Prevediamo che dal 15-16 maggio avremo meno casi».
Per quanto riguarda i vaccini, il ministro alla Salute Enrique Paris ha sottolineato che venerdì scorso, sono state inoculate 206.805 persone, che in totale sono già 2.942.898 con più di 60 anni, e che globalmente, fino all'altro ieri, 7.354.826 cileni hanno ricevuto la prima dose e 4.643.082 la seconda.
Ieri il Cile ha ricevuto un milione di dosi del vaccino cinese Sinovac e sempre Paris ha assicurato che la fornitura continuerà di settimana in settimana: l'altro ieri sono arrivate 250mila dosi di Pfizer BioNTech, «lunedì sono arrivate di nuovo 250mila dosi di Pfizer BioNTech. Abbiamo già siglato accordi e approvato vaccini di altre marche: Cansino, con 1.800.000 monodosi, non sono doppie; Johnson & Johnson e Jansen; stiamo trattando con Sinofarm, con Sputnik. E abbiamo assicurato la consegna di vaccini AstraZeneca in quantità superiore a 850mila dosi», ha annunciato il ministro.
Ma questa tabella potrebbe cambiare, fanno intravedere dall'Esecutivo, soprattutto se si procederà con la nuova linea, ovvero con la decisione di inoculare una terza dose ai cittadini, così come si sta discutendo da giorni. «Questo è preoccupante - ha chiarito il ministro - perché se si presentasse il caso, sarebbe necessario progettare e implementare rapidamente una logistica di un'altra portata mentre altri paesi fanno lo stesso». Nel Minsal precisano che ciò dipenderà da quanto dice l'Organizzazione mondiale della sanità, ma anche dalle evidenze fornite da pubblicazioni scientifiche ad alto impatto.
Un altro problema per il paese sudamericano è l'obiettivo dell'immunità di gregge. Paris ha sottolineato che «secondo gli esperti, potrebbe arrivare alla fine di giugno». Ma ieri il suo predecessore Jaime Mañalich ha messo in dubbio questo obiettivo, affermando che «il calcolo dell'immunità di gregge per giugno è ancora prematuro» e che «avremo solo un'immunità sicura, non di gregge, tra settembre e ottobre. Giugno è prematuro e questo senza considerare le varianti, perché in quel caso è tutto più complicato. Una cosa è «se la mutazione brasiliana si comporta male di fronte ai vaccini», ma «se arriva la variante sudafricana, il che è possibile, il vaccino sarà meno efficace».
Il governo si preoccupa anche di raggiungere il segmento dei giovani che non sono vaccinati, che non vengono informati attraverso i canali ufficiali e che stanno avendo la peggio. Nel bilancio di ieri hanno mostrato un video nel quale sottolineano che stanno preparando una strategia, per cercare di capire se gli esponenti di quella fascia di età aderiranno alla campagna vaccinale». Fonte: qui
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