SALVINI SENTE PUZZA DI BRUCIATO E METTE LE MANI AVANTI: ''TOCCHI INTERESSI DELLE MULTINAZIONALI, GRANDI SETTORI COME I TABACCHI E I GIOCHI, UNO SQUALO SI AVVICINA SE GLI FAI SENTIRE L'ODORE DEL SANGUE. VOGLIONO FARCI LITIGARE, MA IO NON TEMO UNO JUNCKER O UN MOSCOVICI. SANNO CHE L'UNICO MODO PER SOVVERTIRE LE REGOLE DELLA DEMOCRAZIA È…''
Che il momento per il governo sia cruciale, lo confermano le parole del vicepremier Matteo Salvini, dopo l'ennesimo botta e risposta con Luigi Di Maio a proposito di rifiuti e termovalorizzatori: "Se non mi fanno saltare - ha detto il leghista a margine dell'Idn 2018 a Milano - io vado fino in fondo".
A scatenare la frase dura di Salvini è anche lo scontro tra il presidente del Coni, Giovanni Malagò, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, dopo che il governo ha di fatto tolto la gestione economica al Coni:
"Ci sono enormi interessi economici in ballo - ha aggiunto Salvini - Ovunque ti muova, vai a toccare interessi economici stratificati da anni. Guardate la reazione del presidente del Coni quando abbiamo messo in discussione l'elefantiaco impianto dello sport italiano dicendo: 'Rimettiamo il timone in mano alle federazioni e allo sport di base'. Tocchi interessi lì, interessi delle multinazionali, delle lobby, dei grandi settori come i tabacchi e i giochi. Penso che ci abbiate votato per rimettere al centro la trasparenza, il denaro pubblico speso bene e l'interesse dei cittadini".
La tensione nel governo ha fatto virare l'atteggiamento di solito ottimista del ministro del Carroccio. La tenuta dell'esecutivo non è più una cosa scontata come qualche settimana fa: "Dobbiamo essere compatti - ha aggiunto Salvini - perché uno squalo si avvicina se gli fai sentire l'odore del sangue. Vogliono farci litigare, farci polemizzare, certo l'uscita di qualcuno ogni tanto non aiuta, ma io sono testone, se firmo un impegno vado fino in fondo. La preoccupazione non sono i commissari europei, gli ispettori dell'Onu.
L'unica leva che hanno per sovvertire le regole della democrazia e le scelte degli italiani, è la leva finanziaria. Su quello possono agire, sullo spread, sui mercati, e quindi sul credito. La battaglia è molto più grande di quello che si pensa, il problema non è Juncker o Moscovici. Ma quelle persone che faranno di tutto per svendere le splendide aziende che lavorano nel nostro Paese. È una cosa che impediremo".
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L'UNICA LORO ARMA E' ISTILLARE LA PAURA!
''SIAMO SULL'ORLO DEL PRECIPIZIO. SE RIMANE LO SPREAD A 300 ALCUNE BANCHE NON REGGEREBBERO''.
VIDEO: DE BORTOLI NON LA TOCCA PIANO QUANDO PARLA DEL GOVERNO: ''UNO STUDIO DEL PROFESSOR BALDASSARRI CHE USCIRÀ NEI PROSSIMI GIORNI DICE CHE, SE LE COSE ANDRANNO AVANTI COSÌ, NEI PROSSIMI 3 ANNI IL NOSTRO PAESE AVRÀ 180 MILIARDI DI MAGGIOR DEBITO. E IN CASO DI PROCEDURA D'INFRAZIONE…''
VIDEO - FERRUCCIO DE BORTOLI SULL'ITALIA SULL'ORLO DEL PRECIPIZIO
Mario Falorni per https://fai.informazione.it/
Lo spread dimenticato. Non ne parla più nessuno o quasi, ma il differenziale tra BTP e Bund non tende a calare... tutt'altro. Negli ultimi giorni, con l'approssimarsi della risposta ufficiale che la Commissione Ue darà alla lettera inviata dall'Italia, con cui il Governo faceva sapere che - in pratica - non avrebbe cambiato di una virgola la legge di bilancio per il 2019, lo spread oscilla ben al di sopra di quota 300, che ormai è un punto di riferimento stabile da inizio ottobre.
In una intervista alla trasmissione Agorà, su Rai 3, Ferruccio De Bortoli dice che "siamo sull'orlo del precipizio". Se dovesse rimanere uno spread oltre 300 punti, e se a questo si dovesse aggiungere una procedura d'infrazione sul debito, secondo De Bortoli l'Italia verrebe a trovarsi per molti anni in una condizione d'inferiorità e non sarebbe possibile realizzare quella parte di programma sulla quale insistono sia Salvini che Di Maio... oltre al fatto che alcune banche non reggerebbero.
De Bortoli poi ricorda che nei prossimi giorni uscirà uno studio del professor Mario Baldassarri, del Centro Studi Economia Reale, in cui si dimostra sostanzialmente che, se le cose andranno avanti così, nei prossimi 3 anni il nostro Paese avrà 180 miliardi di maggior debito.
Ma queste valutazioni non sembrano preoccupare il Governo, la cui maggioranza è impegnata a confrontarsi e stuzzicarsi a vicenza su questioni che riguardano sicurezza e rifiuti.
E neppure gli appelli di Tito Boeri fanno breccia nel Governo. Il presidente dell’Inps, in una intervista al Corriere della Sera, ha dichiarato che "in tutti gli scenari con 62 anni di vecchiaia e 38 di anzianità contributiva viene fuori una crescita della spesa nel tempo. L’idea di una dotazione piatta e costante a sette miliardi l’anno non è minimamente supportata da alcuna delle simulazioni che ci hanno chiesto. Ma quando ho sollevato il problema, ho avuto solo aggressioni verbali e tentativi di screditarmi. A questo punto non vorrei si arrivasse a soluzioni incompatibili con le risorse accantonate. Noi all’Inps per primi ci troveremmo in una posizione difficile".
Non solo le parole di Boeri non paiono preoccupare i vicepremier titolari del Governo, ma neppure il ministro dell'Economia Tria che dovrebbe salvaguardare i conti del Paese.
E ciò che si prospetta nei prossimi giorni è un ulteriore irrigidimento del Governo sulle proprie posizioni.
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IL DIFFERENZIALE ARRIVA A 322, L'ABI AVVERTE I GIALLOVERDI: ''SE NON SCENDE, CI SARÀ L'IMPATTO SU MUTUI E PRESTITI''. ALCUNI ISTITUTI HANNO GIÀ CORRETTO AL RIALZO LE COMMISSIONI
GLI INVESTIMENTI DEI GESTORI ESTERI? A SETTEMBRE, CHE PURE ERA INIZIATO CON UN RECUPERO DEI MERCATI, LE VENDITE DEI NON RESIDENTI DI BTP SONO STATE DI 1,5 MILIARDI.
MENO DEI 17,8 DI AGOSTO MA PUR SEMPRE IN PASSIVO
BORSA: MILANO CHIUDE IN CALO, SI GUARDA CONFRONTO CON UE
(ANSA) - La Borsa di Milano (-0,29%) chiude in calo, in linea con gli altri listini europei che hanno risentito dell'andamento negativo di Wall Street. Su Piazza Affari ha pesato anche lo stacco delle cedole di Mediobanca (-4,8%), Banca Mediolanum (-1,8%), Terna (-1,5%), Recordati (-1,2%) e Tenaris (-2%) con una incidenza dello 0,18% sul Ftse Mib. Sullo sfondo si guarda al confronto con l'Ue sulla manovra finanziaria.
Archivia la seduta in rialzo lo spread tra Btp e Bund tedesco a quota 322 punti base con il rendimento del decennale italiano al 3,59%. In calo anche il comparto energetico con Saipem (-3,6%), Eni (-1,2%), Italgas (-0,5%) e Snam (-0,1%). In rosso Astaldi (-18,4%), Ferragamo (-3,3%) e Luxottica (-2%). Archivia la seduta in positivo Tim (+3,9%), con il nuovo amministratore delegato e la prospettiva più concreta di scorporo della rete. Tengono le banche con Carige (+5,8%), Banco Bpm (+3,2%), Ubi (+1,8%) e Bper (+0,9%).
ALLARME ABI, LO SPREAD CALI O IMPATTO SU PRESTITI
Andrea D'Ortenzio per l'ANSA
Le banche stanno continuando a sostenere l'economia ma se lo spread, alimentato dalle voci di uscita dell'euro e dallo scontro con la Ue, dovesse restare sui 300 punti o peggio aumentare - come è accaduto oggi che ha chiuso a 322 punti base - gli effetti non tarderanno a farsi sentire anche sul comparto bancario e, in ultima analisi, su tutta la crescita del paese.
L'Abi lo aveva già sottolineato nelle scorse settimane ma ora che il 2018 sta volgendo alla fine e i toni con Bruxelles del governo non accennano a placarsi, l'associazione bancaria mette nero su bianco una serie di effetti dal perdurare del differenziale con il Bund: dall'erosione del capitale delle banche, all'aumento dei tassi sui prestiti oltre che a una loro riduzione in quantità. Finendo, in ultima analisi, in minori investimenti, diminuzione del risparmio, aumento del costo del debito, provocando così un impatto negativo sul Pil già in rallentamento. Non giovano poi i dati della Banca d'Italia sugli investimenti dei gestori esteri: a settembre, che pure era iniziato con un recupero dei mercati, le vendite dei non residenti di Btp sono state di 1,5 miliardi.
Meno dei 17,8 di agosto ma pur sempre in passivo. Sui mercati prosegue così una visione di sfiducia degli operatori e una forte volatilità come si è visto nei giorni scorsi. Malgrado l'esecutivo abbia più volte dichiarato di non voler uscire dall'euro lo scontro con la Ue sulla manovra di bilancio non si è ricomposto. Il presidente Abi Antonio Patuelli sottolinea come almeno sia un segno di maturazione nel paese e nel dibattito politico (sebbene non sui social e fra la base della maggioranza) "che nessuno ne parli più".
"L'uscita dall'euro sarebbe una pazzia e comporterebbe un effetto devastante sul debito pubblico, immaginate i tassi al tempo della lira sul debito, attuale e prospettico". Ma il presidente Abi sottolinea come come un alto spread "appesantisca tutta la catena" e possa colpire sia le banche che i conti pubblici. E se non si può parlare di un livello 'insostenibile' per le banche alcuni lo avevano fissato a 400 punti ndr), certo anche l'attuale di 300 provoca appunto danni e potrebbe portare al credit crunch.
Un fenomeno questo che ancora non si è verificato, rileva l'Abi, con le banche che hanno aumentato i prestiti a famiglie e imprese anche a settembre mentre per il 2019 (ma la stima è di luglio) dovrebbero salire ancora del 2,5%. Alcune banche tuttavia hanno già segnalato correzioni al rialzo sui nuovi prestiti e si vedrà se questo si rifletterà anche su commissioni e costi. Peraltro nel 2017, come segnala Banca d'Italia, le spese di gestione dei conti correnti sono saliti di 1,8 euro a 79,4 euro annui.
Gli istituti di credito comunque rivendicano di aver 'fatto i compiti a casa' dimezzando gli Npl a 39,8 miliardi di settembre 2018 dal picco del 2015 di 88,8 miliardi grazie anche alla spinta della Gacs. Ma se la Bce e l'euro hanno operato da 'ombrello' e 'spinta' nella crisi, certo le regole europee sulla gestione delle crisi non hanno aiutato. Gli istituti italiani hanno messo 12 miliardi di euro a fondo perduto, rileva l'Abi, una cifra che avrebbe potuto essere molto inferiore se fossero stati usati i vecchi strumenti come il Fondo tutela depositi.
Troppo confuse, lente e macchinose le norme, le procedure e le interpretazioni dell'Srb e dell'Antitrust Ue sulla gestione delle crisi, lamenta l'Abi. Un problema che va risolto anche perchè l'unione bancaria è in stallo e le crisi di banche di dimensioni non grandi possono ugualmente impattare molto sul comparto e la stabilità come ha insegnato la vicenda delle banche venete.
Il prossimo appuntamento è quello delle norme sugli Npl e sul Mrel. Le banche sperano in una proposta ragionevole che tenga conto della situazione dei tribunali italiani (molto più lenti) e dell'economia in rallentamento. La rigidità degli scorsi anni della Ue infatti, lamentano, è stata una delle cause di una minore crescita dell'Europa rispetto agli Stati Uniti.
Fonte: qui
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