9 dicembre forconi: LA FREGATURA DEL FONDO EUROPEO PER GLI INVESTIMENTI SPIEGATA DA CARLO CLERICETTI, EX CAPO DELL'ECONOMIA DEL SITO

martedì 20 novembre 2018

LA FREGATURA DEL FONDO EUROPEO PER GLI INVESTIMENTI SPIEGATA DA CARLO CLERICETTI, EX CAPO DELL'ECONOMIA DEL SITO

''LA FERTILE IMMAGINAZIONE DI MERKEL E MACRON HA ESCOGITATO UN ALTRO ESPEDIENTE, L'ENNESIMA FREGATURA EUROPEA, PER TENERE IN RIGA I PAESI INDISCIPLINATI. IL FONDO SARA' GUIDATO DALL'EUROGRUPPO, ORGANO 'FANTASMA' CHE NON TIENE VERBALI. L'ITALIA DOVREBBE DIRE CHIARAMENTE…''

Carlo Clericetti per il suo blog su ''Repubblica.it'',

merkel macronMERKEL MACRON
La fertile immaginazione di Merkel e Macron ha escogitato un altro furbissimo espediente per tenere in riga i paesi indisciplinati. La proposta è di istituire un fondo europeo per gli investimenti, cosa che il presidente francese chiede con insistenza da quando è stato eletto.

Fin qui sarebbe una buona cosa, anche se meno buona dell’altra che frotte di economisti chiedono da sempre, ossia che le spese per investimenti degli Stati membri non siano conteggiate ai fini dei parametri europei. Ma in questo secondo caso sarebbero i vari paesi a decidere per conto loro, mentre sugli impieghi del nuovo fondo si deciderebbe al livello europeo. La competenza in materia sarebbe conferita all’Eurogruppo, costituito dai ministri delle Finanze dei paesi euro.
TSIPRAS VAROUFAKISTSIPRAS VAROUFAKIS

E qui c’è un primo appunto da fare. Come ha ben spiegato il docente di diritto comparato Alessandro Somma nel suo libro “L’Europa a due velocità” (ed. Imprimatur), l’Eurogruppo è una sorta di organismo fantasma, i cui membri, come specifica l’art. 136 del Trattato sul funzionamento della Ue, “si riuniscono a titolo informale”.

L’ex ministro greco Yanis Varoufakis lo definì così in un’intervista: “Abbiamo un gruppo che non esiste e che ha il maggior potere di determinare le vite degli europei. Non risponde a nessuno, dato che non esiste legalmente: non si tengono minute, ed è  riservato. I cittadini non sapranno mai cosa vi si dice.  Sono quasi decisioni di vita e di morte, ed i membri non rispondono a nessuno”. Aggiunse poi che, nel caso che nascesse un dissenso, il ministro delle Finanze tedesco – all’epoca Wolfgang Schäuble – “interviene e rimette tutti in linea”.

varoufakis schaeubleVAROUFAKIS SCHAEUBLE
Ma il meglio deve ancora venire, perché a questi fondi potrà accedere solo chi fa politiche “in sintonia” con gli obblighi europei ed è a posto con le regole fiscali su deficit e debito. Certo, non ci si può stupire: è da tempo che viene applicato questo principio, imposto dalla Germania: basta andare a rivedersi il discorso fatto da Angela Merkel al Bundestag all’inizio del suo secondo cancellierato.

Allora – era il 2013 – il principio fu formulato come “aiuti in cambio di riforme” e riguardava essenzialmente i paesi in difficoltà, ma il concetto fu subito esteso alla famosa “flessibilità”; cioè a chi faceva le riforme – naturalmente quelle che piacciono alla Germania e alla tecnocrazia europeasi concedeva graziosamente un po’ più di spazio di bilancio. Senza il Jobs Act, per esempio, a Renzi non sarebbe stato concesso di impiegare soldi per distribuire mance.
DI MAIO SALVINIDI MAIO SALVINI

Adesso si programma una ulteriore estensione di questa condizionalità. 

Vuoi i soldi del fondo per gli investimenti? 

Solo se sei stato bravo e disciplinato, altrimenti non te li diamo. Ora, c’è un piccolo dettaglio da considerare. Il principio “ti aiuto se fai come dico io” può anche essere accettabile se si applica a chi dalla Ue riceve più di quanto versi. Ma non è questo il caso dell’Italia, che al contrario versa all’Unione più di quanto riceva.

In base a quale contorsione logica sono tenuto pagare anche per gli altri, ma se chiedo una parte dei miei soldi può venirmi negata? Allora sarebbe il caso di dire: grazie tante, fatelo pure per conto vostro, io ne resto fuori. Non sarebbe niente di eccezionale: la clausola dell’opting out è stata utilizzata da vari paesi e per accordi molto più importanti di questo, dalla partecipazione all’euro, al Fiscal compact, a Shengen. Figuriamoci se non si può usare per un fondo che – c’è da scommetterci – non sarà nemmeno dotato di grandi risorse. Con tanti auguri a chi deciderà di entrarci.

Fonte: qui


COSA RISCHIA L'ITALIA CON LA RIFORMA DEL BILANCIO EUROPEO: IL MINISTRO DELLE FINANZE TEDESCO DICE CHE ''IL 95% DEL LAVORO È FATTO'', E DUNQUE RISCHIAMO DI RESTARE A BOCCA ASCIUTTA DAVANTI AI MILIARDI CHE L'UE DESTINERÀ AI PAESI ''VIRTUOSI'', OPPURE SAREMO COMMISSARIATI 

E POI C'È LA MEGA-QUESTIONE DELLA RINEGOZIAZIONE DEL DEBITO SOVRANO, OVVIAMENTE AFFRONTATA DALL'EUROGRUPPO IN MODO INFORMALE E SEGRETO 

IL PARERE DELL'EX SOTTOSEGRETARIO POLILLO

Gianfranco Polillo per www.startmag.it

Dopo la vicenda un po’ burlesca dei termovalorizzatori (se ne farà uno in ogni provincia o si chiuderanno quelli della Lombardia?) un’altra tegola rischia di abbattersi sul governo giallo verde. E riguarda le prospettive europee. I lavori dell’Eurogruppo, che si sono appena conclusi, sono riservati, per non dire segreti. Al termine della riunione solo generiche assicurazioni da parte dei principali protagonisti. Ed ecco allora il ministro delle Finanze tedesche, Olaf Scholz, esultare, al termine della seduta: “Il 90-95 per cento del lavoro è fatto, resta ancora una parte cruciale da fare ma nel complesso è un successo”.

merkel macronMERKEL MACRON
Sembrerebbe, quindi, che il treno della riforma del bilancio europeo sia partito, senza incontrare resistenze. “Sono stato felice di vedere – ha aggiunto il ministro tedesco nella conferenza stampa tenuta insieme al collega francese Bruno Le Maire – che nessuno è stato offeso dalla proposta franco-tedesca ma al contrario tutti sono stati d’accordo e c’è stato un dibattito molto cooperativo”. Quindi anche l’Italia non sembrerebbe aver posto obiezioni. Ed allora le prese di posizione nettamente contrarie di Matteo Salvini?

Riavvolgiamo il nastro. Il nodo del contendere era l’istituzione di un bilancio dell’Eurozona, la cui finalità doveva essere quella di aiutare i Paesi membri a realizzare le riforme indispensabili per conseguire una crescita più sostenuta.
MACRON MERKELMACRON MERKEL

Riforme in genere costose dal punto di vista politico e sociale, a causa del loro impatto su abitudini consolidate. Avere a disposizione maggiori risorse può essere, quindi, lo strumento indispensabile per oliare giunture da tempo ossificate e promuovere i necessari processi di cambiamento. In passato erano i singoli Stati nazionali a realizzare progetti simili, com’era avvenuto in Germania con le riforme del mercato del lavoro, portate avanti da Peter Hartz. In quel caso le maggior risorse derivavano dalla possibilità di fare un deficit di bilancio anche superiore al 3 per cento del Pil, senza incorrere nei rigori della Commissione europea.
il ministro giovanni tria (1)IL MINISTRO GIOVANNI TRIA

Che Bruxelles pensi di razionalizzare l’intero sistema, appostando a bilancio una cifra di 22,2 miliardi da redistribuire ai Paesi più virtuosi è cosa buona e giusta. Salvo naturalmente un giudizio finale sull’eventuale consuntivo. La coda del diavolo è nei dettagli. Da queste provvidenze – ma anche questo ha una sua logica – saranno esclusi quei Paesi che non rispettano le prescrizioni indicate dalla stessa Commissione, in sede d’esame dei programmi nazionali.

A rigore, quindi, l’Italia dovrebbe essere fuori, essendo candidata ad essere l’imputato principale del delitto di violazione della “regola del debito”. Si spiega pertanto la dura reazione di Matteo Salvini: porremo il veto. Ma così, stando almeno alle dichiarazioni rese, non sembrerebbe essere stato.

Nel labirinto degli specchi, che caratterizza i lavori della Commissione, è difficile cogliere i punti di caduta delle discussioni in corso. Specie se il contesto è ancora estremamente fluido. Inoltre l’Italia si trova esposta su più fronti. Deve far digerire – se mai ci riuscirà – la “manovra del popolo” che a Bruxelles è vista come il fumo negli occhi. Forse aprire un altro fronte di scontro, prima di conoscere quali saranno le decisioni sull’eventuale procedura d’infrazione, non conveniva. Questo spiegherebbe le dichiarazioni sibilline di Scholz. In che cosa consiste esattamente “la parte cruciale” che resta da fare? Incorpora le riserve italiane? O altro? Visto che su un tavolo parallelo si sta anche discutendo di rinegoziazione dei titoli del debito pubblico.
MATTEO SALVINI LUIGI DI MAIOMATTEO SALVINI LUIGI DI MAIO

Com’è noto i titoli aventi durata superiore ad 1 anno sono caratterizzati dalla cosiddetta clausola CAC’s (class actions). Sulla scorta degli avvenimenti greci, ogni rinegoziazione delle originarie clausole di emissione deve essere sottoposta ad una trattativa tra l’Ente emittente ed i suoi creditori.

gianfranco polilloGIANFRANCO POLILLO





Trattandosi di titoli a larga diffusione, le attuali regole prevedano che la controparte privata sia costituita dalla maggioranza dei relativi possessori. L’eventuale trattativa, che può riguardare le scadenze, i livelli di interesse, l’abbattimento del capitale – l’hair cut – fino a giungere alla ridenominazione in valuta locale, nel caso di exit, è portata avanti da una maggioranza qualificata, che può escludere i possessori retail. Quei risparmiatori cioè che, spesso in modo inconsapevole, hanno seguito le indicazioni della propria banca.

A livello europeo si sta discutendo delle eventuali modifiche delle relative regole. Discussione che ha incontrato l’opposizione del ministro Tria, stando almeno ad informazioni stampa. L’elemento di riservatezza, che circonda queste discussioni, non consente di avere contezza della posta in gioco.

Che comunque, nel caso italiano, dato il livello del debito, è rilevante. Per fortuna si tratta ancora di un livello istruttorio. Ma sarebbe comunque opportuno conoscere il dettaglio, onde evitare il bis del “bail in”. Quelle misure passarono nell’assoluta indifferenza generale. Lo stesso Parlamento si limitò a mettere il bollo, salvo poi trovarsi scoperto a seguito dei fallimenti bancari, i cui costi li pagheremo nell’attuale manovra. Evitiamo pertanto gli errori del passato, con una discussione aperta, fuori da circuiti misteriosi.

giuseppe conte a 'italia a 5 stelle' 7GIUSEPPE CONTE A 'ITALIA A 5 STELLE'

Come si vede la carne al fuoco è tanta. Si va dalla forse ormai inevitabile procedura d’infrazione, che alimenta il tormentone degli spread (oggi intorno a 330 punti base), all’eventuale esclusione dell’Italia dalle risorse del nuovo bilancio europeo, per giungere fino alle regole che garantiscono il rimborso dei titoli emessi, anche nell’eventualità di un’Italexit. Si può allora dar torto a Renato Brunetta, responsabile economico di Forza Italia, quando sollecita il premier Giuseppe Conte a recarsi in Parlamento per fornire un’adeguata informativa su tutta la vicenda?

Fonte: qui

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