La Turchia si appresta a passare ai pagamenti in valuta nazionale con i suoi maggiori partner commerciali, ha dichiarato il presidente Erdogan. La corrispondente dichiarazione del capo di Stato turco è arrivata sullo sfondo della crisi economico-diplomatica tra Ankara e Washington. Il giorno prima il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva annunciato su Twitter l'aumento dei dazi sull'acciaio e sull'alluminio importati dalla Turchia, provocando la caduta della lira turca al minimo storico contro l'euro e il dollaro.
I propositi per rinunciare al dollaro si sono sentiti in Cina, India, Iran e Russia. I maggiori esportatori di petrolio dei Paesi del Golfo Persico seguiranno il loro esempio? Abdel Aziz al Arayar, membro del comitato consultivo del Consiglio di cooperazione del Golfo arabo (GCC) ha dichiarato a Sputnik che i Paesi arabi non hanno la necessità di rinunciare al dollaro.
"Non vedo la necessità per i Paesi del Golfo Persico di passare alle transazioni nelle valute locali, siano il riyal, il dinaro o il dirham. Queste sono valute molto forti e sono legate al dollaro. Non è importante il nome di una valuta. È importante che sia riconosciuta e sostenuta da una forte economia", ha detto l'esperto saudita.
"Gli Stati Uniti hanno una forte economia diversificata e la loro moneta è riconosciuta e accettata in tutto il mondo. Sono il leader mondiale nel campo della produzione, dell'agricoltura, del turismo. Anche la Cina effettua le transazioni in dollari."
"La ragione dell'attuale crisi in Turchia sta nel fatto che la sua economia è stata costruita sugli investimenti stranieri. Non appena gli investitori hanno messo in dubbio la stabilità del Paese, hanno ritirato i loro soldi. Una situazione simile si è verificata in Malesia negli anni '90", ha evidenziato l'esperto saudita. Secondo Abdel Aziz al Arayar, la Turchia stessa è responsabile di quello accaduto. La politica del presidente turco ha costretto il mondo a rinunciare alla lira turca.
"Non salverà la Turchia il passaggio alle transazioni in rubli o in qualche altra valuta. Serve ripristinare fiducia nell'economia turca. La diversificazione è necessaria, non si può fare affidamento solo sugli investitori stranieri. Il denaro è stato messo in settori poco promettenti, ad esempio l'immobiliare e le infrastrutture. Tutto questo non ha dato l'effetto desiderato", ha affermato l'esperto saudita.
A sua volta l'economista egiziano Muhammed Abdel Jawad ha dichiarato a Sputnik che gli Stati del Golfo Persico sono molto legati a Washington e con questi buoni propositi è difficile cambiare la situazione.
"E' molto difficile allontanarsi dal dollaro da soli. Ma se i Paesi del Golfo Persico decidessero di farlo insieme, se introducessero una moneta unica, avrebbe un enorme effetto e darebbe un impulso al progresso. Questo passo porterebbe la regione del Golfo Persico verso la leadership economica mondiale".
"I Paesi europei si sono uniti nell'Unione Europea, in cui convivono 42 lingue, diverse religioni, tradizioni politiche, monarchie e repubbliche. Hanno creato la loro moneta, l'euro, che compete con il dollaro e spesso l'aggira", ha affermato l'esperto economico egiziano.
Unire gli stessi Paesi del Golfo Persico è molto più facile, ma la forza economica dopo l'unificazione sarebbe stato molto più rilevante, in quanto l'economia di alcuni Paesi europei dipende molto dal petrolio.
"Se i Paesi del Golfo creassero la loro moneta unica, il dollaro tremerebbe", ha sottolineato Muhammed Abdel Jawad.
© FOTOLIA/ OLEKSIY MARK
A giugno gli economisti della Banca Mondiale avevano dichiarato: il processo di de-dollarizzazione nel mondo è stato avviato e non può essere fermato. A marzo Pechino, sullo sfondo dello scoppio della guerra commerciale con gli Stati Uniti, ha dato un duro colpo alla moneta americana nel mercato energetico globale, aprendo alle quotazioni dei futures sul petrolio in yuan. Ad aprile Teheran ha abbandonato la valuta statunitense ed ha convertito tutti i pagamenti internazionali in euro. In euro anche l'India paga il petrolio iraniano. Al terzo fornitore più importante, New Delhi ha offerto un'altra opzione: le transazioni petrolifere in rupie. I piani per abbandonare il dollaro sono stati a lungo coltivati dalla Turchia ed ora la probabilità che Ankara concretizzi le sue intenzioni sono più grandi che mai. Lo scorso 10 agosto la lira turca è crollata al minimo storico rispetto al dollaro, perdendo il 18%. La ragione è la stessa: il peggioramente delle relazioni con gli Stati Uniti.
La Russia potrebbe già escludere il dollaro dalle transazioni con la Cina, la Turchia e l'Iran.
La rinuncia al dollaro da parte dei maggiori esportatori di petrolio diventerà l'impulso per la modifica del sistema finanziario globale e rafforzerà la tendenza mondiale verso la de-dollarizzazione.
Fonte: qui
Nessun commento:
Posta un commento