L'economista francese al Fatto: "A Parigi non capiscono cosa accade in Francia, il presidente ha aiutato i ricchi e dimenticato poveri e sinistra"
Un aggettivo per definire Emmanuel Macron? "Imbecille". Jean-Paul Fitoussi non fa giri di parole. L'economista francese, di origini tunisine, ha sostenuto il presidente francese, ma ora lo boccia senza appello. "Lo ritenevo in gamba" dice in un'intervista al Fatto Quotidiano, ma "i francesi si sono accorti della verniciatura, neppure fatta bene, di un muro pieno di crepe". Fitoussi demolisce l'azione del leader di En Marche all'Eliseo.
"Parigi non conosce la Francia e chi abita a Parigi non sapeva che milioni di francesi vivono difficoltà più estreme di quelle ipotizzabili. Ci si sveglia stupiti di questa rabbia, ma un politico che non conosce il suo Paese, che dirigente è?".
La Francia è sconvolta dalla protesta dei gilet gialli e il presidente francese dovrebbe parlare stasera, dopo tanto silenzio.
"Macron aveva annunciato che il suo programma era costituito da due parti. Apriva alla destra, all'elite, alla borghesia imprenditoriale, garantendo la riduzione delle tasse sul capitale finanziario. E offriva però alla sinistra, al popolo, un miglioramento delle condizioni economiche. L'aiuto alla destra c'è stato subito. I ricchi e i ricconi si sono visti alleggerire le tasse sui capitali, ha lasciato intatte solo quelle sul patrimonio immobiliare. Ai poveri invece ha servito il nulla". [...] "L'aumento della benzina è stata una vera provocazione" [...] "Quella provocazione, frutto dell'ignoranza sulle condizioni del territorio, ha scatenato la protesta. La gente ha pensato: questo qui toglie le tasse ai ricchi e le mette a noi poveri".
La marcia indietro a Parigi è arrivata "troppo tardi", secondo Fitoussi. Il futuro di Macron è però ancora nelle sue mani.
"La Francia ha le spalle solide e il presidente della Repubblica può dormire sonni tranquilli. Se vuole resterà fino al compimento dell'ultimo giorno del suo mandato. Altrimenti si può dimettere, se intuisce di non avere sufficiente caratura e forza politica".
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Gilet gialli, Macron: "La collera è giusta, in un certo senso"
Fa mea culpa e prova a depotenziare i gilet gialli con promesse di denaro per salari bassi e pensionati. Misure che sfasciano i conti pubblici (e aiutano l'Italia). S'è ormai ingolfato il motore franco-tedesco
È il discorso del mea culpa. È stato in silenzio per giorni, mentre le strade di Francia erano incendiate dalla protesta dei gilet gialli, ma dopo settimane di disordini Emmanuel Macron è tornato a rivolgersi ai suoi concittadini. Lo ha fatto attraverso la televisione. E, mentre i francesi lo ascoltavano, guardandolo dall'altra parte dello schermo, ha ammesso le ragioni della rabbia che sta mettendo a ferro e fuoco il Paese: "La collera è giusta, in un certo senso - ha detto – questa indignazione è condivisa da molti francesi".
Il gradimento nei confronti della sua figura sta crollando a picco nei sondaggi e Macron forse sapeva che era arrivato il momento di palesare gli errori commessi. "Mi rendo conto di aver fatto male ad alcuni francesi con le mie dichiarazioni", ha detto.
Non sono ancora passati due anni da quando, sulle note dell'Inno alla gioia di Beethoven - l'inno dell'Unione europea, che scelse di far suonare prima prima della Marsigliese - s'incamminava verso la piazza del Louvre e si apprestava a fare il suo primo discorso da presidente della Repubblica. Un periodo relativamente breve, nel corso del quale però i cambiamenti, in Francia come in Europa, sono stati radicali. E quei miglioramenti nelle condizioni di vita che i francesi aspettavano da lui non sono arrivati. Macron con le sue parole sembra ammetterlo, ma prova a mostrare ottimismo alla nazione dice: "Non possiamo restare divisi. Attraversando questa crisi riconcilieremo i francesi".
Dopo lo stop ai rincari delle tasse su carburante, luce e gas, annunciato nei giorni scorsi dal premier Philippe Macron annuncia nuovi provvedimenti. Per placare la rabbia dei gilet gialli e scongiurare proteste future decreta uno "stato di emergenza economica e sociale" e presenta un piano di misure che partiranno nel giro di pochi giorni: "Prenderò misure già questa settimana", assicura. Ha intenzione di aumentare il salario minimo di 100 euro a partire dal 2019, (questo incremento si aggiunge a quello dell'1,8% che doveva essere introdotto a partire da gennaio), di annullare l'aumento della tassazione per le pensioni di meno di 2mila euro al mese, e di chiedere agli imprenditori di versare un bonus a fine anno ai dipendenti. Attualmente erano esentati solo i pensionati che guadagnavano meno di 1.200 euro al mese. Ha annunciato inoltre che le ore di straordinario dei lavoratori non saranno tassate a partire dal 2019. Da parte di Macron, poi, la richiesta ai datori di lavoro che ne abbiano la possibilità di versare "un bonus di fine anno ai loro dipendenti" sul quale non graveranno imposte. A queste misure si aggiungerà la lotta all'evasione fiscale: i dirigenti di grandi imprese francesi dovranno versare le imposte in Francia e così pure i giganti che fanno profitti in Francia. Macron ha poi annunciato di voler affrontare la questione dell'immigrazione.
A rischio la tenuta dei conti pubblici francesi. Il motore francotedesco ormai si è ingolfato
Alcune di queste misure, però, peseranno inevitabilmente sui conti pubblici della Francia, e Bruxelles potrebbe chiedergliene il conto. Macron, insomma, potrebbe trovarsi a dover giustificare le sue scelte davanti alla Commissione europea, un po' come ha dovuto fare il governo gialloverde italiano con la manovra. Una situazione simile potrebbe, in qualche modo, agevolare il confronto tra l'Italia e la Commissione europea.
Appare chiaro, ormai, uno scenario che andava delineandosi in maniera sempre più evidente negli ultimi mesi: il motore franco-tedesco non funziona più. Angela Merkel, dopo la perdita di consensi in Assia e Baviera ha deciso di lasciare la guida della Cdu dopo 18 anni (il testimone ora passa ad Annegret Kramp-Karrenbauer, eletta l'8 dicembre ad Amburgo) e ha annunciato che, quando finirà il suo mandato da cancelliera non vorrà altri incarichi politici. In Germania, insomma, è finita un'era. E in Francia le tensioni sociali sono sempre più accese. Macron con il suo pacchetto di provvedimenti proverà a placarle, ma riuscirci è tutt'altro che semplice. Anche se dovesse riuscirci, lo scoglio di Bruxelles potrebbe essere l'ennesima prova da affrontare. Per non parlare della sua leadership ormai appannata.
Per un'alleanza che fatica, per difficoltà interne ai Paesi, ad andare avanti, altre alleanze potrebbero formarsi in futuro. Una l'ha proposta Salvini rispondendo a una domanda sul rapporto tra Italia ed Europa: "Sono convinto che l'asse tra Italia e Germania sia da ricostruire". Solo parole nel vento, una provocazione o uno scenario possibile?
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