Accordo firmato. In 10.700 subito assunti da Mittal, piano di esodi volontari, con un bonus di 100 mila euro lordi, anticipo dei lavori di copertura dei parchi minerari, da terminare non più nel 2020 ma all’inizio dell’estate dell’anno prossimo. E poi la garanzia che all’aumento della produzione non corrispondano maggiori emissioni inquinanti.
Di Maio: “Risultato migliore possibile nelle peggiori condizioni possibili”.
Il premier Conte: “Abbiamo fatto un lavoro egregio”.
Ilva è viva. Grazie Di Maio. Grazie Calenda. Grazie governo Gentiloni. La strada tracciata è andata in porto anche con il governo del cambiamento giallo-verde, chi l’avrebbe detto.
Leggeremo nel dettaglio l’accordo sindacale appena sarà disponibile, leggeremo il piano ambientale. Attenderemo il voto degli operai sull’accordo raggiunto. Nulla di nuovo o estremamente diverso dallo scenario che già conoscevamo. Nulla di nuovo rispetto ad una domanda madre: può una fabbrica grande tre volte la città che la ospita convivere con la popolazione, con le scuole, con i campetti da calcio e i parchi giochi dei bambini? E come si può rendere sostenibile un’industria datata e vetusta che cade a pezzi? Cosa c’è per Taranto e per l’Italia, oltre e dopo l’acciaio? Oltre e dopo il 2023? Potete venire davanti alla cittadinanza e giurando sulla Costituzione dire che“mai più nessuno si ammalerà e morirà, dentro e fuori la fabbrica, per colpa dell’inquinamento”?
Ma queste sono altre domande, quelle che facciamo a tutti da anni.
Oggi, ora, dobbiamo dedicare pochi minuti al funerale politico del Movimento 5 Stelle. Da oggi il Movimento diventa partito. Iniziata una nuova fase: quella di un “PARTITO” che come gli altri raccoglie consensi con promesse che non mantiene.
In queste ore la mia bacheca Facebook e molte altre si stanno riempendo di commenti amari e delusi di elettori tarantini 5S. Perché il Movimento a Taranto ha preso una valanga di consensi. Voto di protesta, sì. Ma anche voto identitario: di tutti coloro che chiedono la chiusura delle fonti inquinanti, o anche lo stop a Tap, a Tav.
Per questo a Taranto sono stati eletti 5 parlamentari M5S. Oltre ai tre eletti nei collegi uninominali (De Giorgi e Cassese alla Camera e Turco al Senato), sono passati anche altri anche altri 2 nel collegio plurinominale della Camera ovvero nel listino proporzionale bloccato. Sono la crispianese Alessandra Ermellino e il tarantino Giovanni Vianello. Candidati per lo più esponenti del mondo ambientalista, attivisti che per anni si sono battuti per la chiusura dell’acciaieria e che si sono fatti eleggere con un mandato preciso “riconvertire l’Ilva e far partire le bonifiche”. Che faranno oggi questi parlamentari stellati? Resteranno al loro posto? Si dimetteranno? Entreranno nel gruppo Misto? Come spiegheranno al territorio che l’unica strada possibile era quella di Calenda, fino a qualche giorno fa il loro grande nemico.
Ci sono eletti Cinque Stelle anche in consiglio comunale a Taranto: Massimo Ciro Battista e Franscesco Nevoli. Battista poche ore fa ha scritto su Fb: “Presto importanti novità”.
Va dato atto a Luigi Di Maio di esser venuto a Taranto in campagna elettorale e di essersi comportato già al tempo da vecchio politico: è riuscito a dire tutto e il contrario di tutto sul caso Ilva. Poi c’è stato il contratto del governo del cambiamento: “Con riferimento all’Ilva, ci impegniamo, dopo più di trent’anni, a concretizzare i criteri di salvaguardia ambientale secondo i migliori standard mondiali a tutela della salute dei cittadini del comprensorio di Taranto, salvaguardando i livelli occupazionali e promuovendo lo sviluppo industriale del Sud, attraverso un programma di riconversione economica basato sulla chiusura delle fonti inquinanti, per le quali è necessario provvedere a bonificare, e sviluppo della green economy, energie rinnovabili, economia circolare”.
Poi c’è stato Grillo: «Ho sempre sognato che questo bellissimo golfo di Taranto tornasse a essere una cosa meravigliosa con tecnologie di energie rinnovabili, con centro per le batterie» «Potremmo fare come hanno fatto nel bacino della Ruhr» dove «non hanno demolito, hanno bonificato, hanno messo delle luci hanno fatto un parco archeologico di industria del paleolitico lasciando le torri per fare centri di alpinismo, i gasometri per centri sub più grossi d’Europa, sono state aperte un sacco di attività dentro».
Poi c’è stato quel passaggio incomprensibile di Luigi Di Maio sull’annullabilità della gara di vendita dell’Ilva gestita dall’ex ministro Calenda. Passaggio incomprensibile che oggi ha ribadito anche il premier Conte: “Sono emerse irregolarità molto chiare ed evidenti, però come ha precisato anche il ministro Di Maio, di fronte ad un’aggiudicazione, cioè ad un provvedimento che si era concluso con l’aggiudicazione, l’annullamento della gara, un provvedimento che si chiama di autotutela, non era così semplice perché non basta un vizio formale occorre anche poter dimostrare che attraverso quell’annulamento, pur di fronte ad irregolarità riconosciute formali, si realizza meglio l’interesse pubblico”. Vi giuro, dice proprio così. Sentitelo.
Sembra si giustifichino con qualcuno per la strada intrapresa senza però dire chiaramente a chi stanno parlando. Ma se la gara fosse stata annullabile voi cosa avreste fatto? Come avreste perseguito e realizzato l’interesse pubblico? Non si è capito. Giuro.
Di Maio non ci ha mai detto la sua idea alternativa su Ilva. Il suo progetto rivoluzionario, sostenibile, futuristico. Non ci ha mai aperto il suo cuore, spiegandoci cosa avrebbe fatto se avesse potuto annullare questa benedetta gara. Non ha mai risposto nemmeno alle domande sull’immunità penale concessa da quelli di prima, del Pd, a Mittal e prima ancora ai commissari statali.
Agli elettori Cinque Stelle a Taranto oggi resta l’amaro in bocca, la polvere rossa in gola e nessuna visione economica rivoluzionaria. Forse Di Maio non ha motivo di preoccuparsi della ricaduta elettorale di questa scelta politica fatta su Ilva. Ma forse sì.
Fonte: F.Q.
ILVA, A TARANTO CONTESTATA DEPUTATA M5S: “DOVEVATE CHIUDERLA”. EMILIANO: “NON FIRMO PIANO AMBIENTALE SENZA GARANZIE”
L’intesa sulla cessione dell’Ilva raggiunta tra AmInvestco e i sindacati con la mediazione del ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio non fa contenti tutti i tarantini. L’onorevole Rosalba De Giorgi del Movimento Cinque Stelle è stata contestata da un gruppo di manifestanti durante il sit-in di cittadini e associazioni in piazza della Vittoria, a Taranto, organizzato per chiedere il rispetto di quanto annunciato nel contratto di governo, cioè la “chiusura delle fonti inquinanti“ e la riconversione economica dell’area.
Ci sono stati momenti di tensione che hanno richiesto l’intervento delle forze dell’ordine, che hanno scortato la De Giorgi. I parlamentari pugliesi e gli otto consiglieri regionali pentastellati dal canto loro hanno sostenuto che l’obiettivo resta quello e “l’avvio di questo processo è stato solo rallentato e complicato a causa del ‘delitto perfetto‘ del precedente governo Pd”. Intanto il governatore Michele Emiliano ha fatto sapere che “senza garanzie sulla salute dei concittadini” non darà “mai il mio assenso al piano ambientale“.
I manifestanti hanno esibito diversi striscioni, tra i quali campeggiava quello con la scritta “Taranto senza Ilva“. Cittadini e associazioni accusano l’esecutivo di aver agito in piena continuità con i governi precedenti, agevolando la cessione dell’Ilva e, affermano, “condannando, di fatto, Taranto ad almeno altri 10 anni di inquinamento, malattia e morte“. Alcune centinaia di persone si sono ritrovate in piazza “per una 24 ore di dibattito e sensibilizzazione sulle criticità sanitarie ed ambientali, accanto a proposte che, partendo dalla chiusura del siderurgico, prevedono la decontaminazione e la bonifica ad opera degli attuali lavoratori Ilva, in una nuova prospettiva di riconversione economica dell’intero territorio”.
“L’obiettivo per Taranto rimane lo stesso”, scrivono in una nota i parlamentari pugliesi e gli otto consiglieri regionali del Movimento. “La chiusura delle fonti inquinanti e la riconversione economica. L’avvio di questo processo è stato solo rallentato e complicato a causa del ‘delitto perfetto’ del precedente Governo Pd che aveva messo in piedi una gara che, per quanto illegittima, non si poteva annullare e che in ogni caso il 15 avrebbe fatto passare la proprietà di Ilva ad Arcelor.
E questo fa rabbia, tanta rabbia. In questo quadro tutto ciò che poteva fare il ministro Di Maio, e che ha fatto con grande senso di responsabilità, è stato lottare con i sindacati e con gli acquirenti per ottenere il risultato migliore, in condizioni peggiori, in termini di occupazione e di tutele ambientali che, seppur non ancora sufficienti a salvare Taranto, sono certamente maggiori rispetto a quelle assolutamente blande, richieste dal Pd. Siamo stati chiamati a lavorare giorno e notte per limitare al massimo i danni creati da un partito velenoso che per fortuna non potrà più nuocere al nostro Paese”.
“Arcelor ringrazi dunque il Partito Democratico e Calenda per questo regalo ma gli suggeriamo di non ‘rilassarsi’ troppo perché da oggi avranno il fiato sul collo del Governo e del M5S in Puglia perché rispettino, da subito, tutti gli impegni presi”.
Emiliano dal canto suo ha spiegato: “Il governo aveva due alternative: o l’Ilva si chiudeva, e a quel punto noi avevamo chiesto garanzie per l’occupazione delle 20mila persone”, ma “siccome abbiamo capito che il governo ha deciso di lasciarla aperta, rimane che noi abbiamo chiesto come garanzia al governo la decarbonizzazione, quindi la non ricostruzione di Afo5 a carbone e la sostituzione di Afo5, l’altoforno più grande della fabbrica, con due forni elettrici a gas o idrogeno.
Se questa condizione verrà rispettata noi riteniamo di poter dire alla cittadinanza che le ragioni della salute sono accettabili. Se qualcuno invece pensa di lasciare il mondo come sta, come Mittal aveva già definito nei suoi progetti, avevamo detto l’altra volta sia io che Di Maio che il piano ambientale era deludente, e direi insufficiente”. “Quindi – ha concluso – credo che il giudizio sul Piano ambientale sull’insufficienza rimarrà identico sia per me che per Di Maio”.
La Regione Puglia ha ancora in piedi il ricorso contro il Dpcm che contiene il Piano ambientale per il siderurgico. Anche il Comune di Taranto presentò lo stesso ricorso. Comune e Regione rinunciarono però in un secondo momento alla richiesta di sospensiva cautelare.
Fonte: qui
Ilva, c’è l’accordo tra Mittal e sindacati: 10.700 assunzioni subito e zero esuberi. Calenda: “Complimenti a Di Maio”
Intesa trovata dopo una notte di trattativa: la firma finale prevista intorno all'ora di pranzo. Il racconto del lungo negoziato al tavolo del Mise, con l'intervento diretto di Di Maio poco dopo la mezzanotte. La svolta definitiva alle 8, quando ArcelorMittal accetta le 10.700 assunzioni immediate. Palombella (Uilm): "Accordo fatto, ora referendum dei lavoratori"
Avevano chiesto di mantenere sugli impianti quanti ci lavorano in questo momento e di arrivare agli “zero esuberi” rimasti al termine del piano ambientale nel 2023. Senza che venissero toccati gli stipendi. E alla fine i metalmeccanici hanno vinto su tutto. In 18 ore di trattativa a oltranza, partita in salita e chiusa da un applauso alle 8.10, quando si è capito che l’accordo era fatto. I sindacati e ArcelorMittal hanno raggiunto l’intesa che permetterà al ministro Luigi Di Maio di consegnare le chiavi dell’Ilva al colosso dell’acciaio nei prossimi giorni per l’ingresso ufficiale a partire dal 15 settembre. Con un accordo migliore di quello ipotizzato dal suo predecessore Carlo Calenda, che su Twitter si complimenta con il vicepremier. L’accordo è stato siglato e ora il testo sarà sottoposto al referendum tra i lavoratori.
I punti dell’accordo – L’azienda, dopo ore tese al tavolo del ministero dello Sviluppo Economico, ha deciso di riassumere subito 10.700 lavoratori e garantire la contrattualizzazione entro il settembre 2025 degli esuberi rimasti nel 2023 senza ritoccare al ribasso il costo del lavoro tagliando le ore in fabbrica di ciascun dipendente. Niente solidarietà preventiva, insomma: è la mossa decisiva, un punto sul quale i rappresentati dei lavoratori non avevano nessuna intenzione di cedere.
L’intervento di Di Maio – La svolta è arrivata poco dopo mezzanotte. In quel momento, dopo un secondo round di trattative seguito all’avvio “in salita” e alle distanze marcate” sottolineate dai sindacati e con una “bozza di accordo” che in realtà era una proposta dell’azienda, i segretari generali di Uilm, Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Usb hanno in mano un testo integrato e migliorato dalle loro controproposte. Ma la situazione non si blocca. Serve l’intervento diretto del governo e arriva Di Maio, che affianca il dg del Mise Giampiero Castano: va dritto da Rocco Palombella, Francesca Re David, Marco Bentivogli e Sergio Bellavita. Vuole sapere quale sono le condizioni sotto le quali non firmeranno mai. Ascolta, appunta e richiama ArcelorMittal.
La trattativa “forzata” nella notte – È il momento di “forzare”, perché senza l’intesa sindacale salta tutto. E con i miglioramenti ambientali vagliati dal ministero dell’Ambiente nelle ultime settimane e accettati dall’azienda, il nodo occupazionale è ormai l’ultimo da sciogliere. Il faccia a faccia vive momenti di tensione, ma prosegue. Alle 4.30 la discussione è accesa. Il leader della Fim-Cisl Bentivogli è il più agitato di tutti. La no-stop arrivata fino a tarda ora è però un segnale per lavoratori, azienda e governo: un punto di caduta verrà trovato. Dopo due ore e mezza di scrittura dei testi, la bozza è ormai pronta e si torna in plenaria dopo una riunione ristretta iniziata ormai da oltre 16 ore. Arcelor si presenta con 10.500 assunzioni subito, i sindacati ne chiedono 200 in più.
“Ultimo miglio”. E Calenda si complimenta – Sono le 8 e Di Maio parla di “ultimo miglio” ai presenti al tavolo e lo ripeterà poi all’esterno. L’azienda sa che non può far saltare un’operazione da 4,1 miliardi di euro in ballo dal giugno 2017 per un pugno di lavoratori dopo aver già accettato condizioni che alcuni mesi fa sembravano impossibili. L’accordo finale arriva in pochi minuti: 10.700 assunzioni, zero esuberi, premialità una tantum. Mancano le firme, arriveranno in giornata dopo aver letto e riletto il testo definitivo dell’intesa. Alla fine, prima delle firme, il messaggio di Calenda, che dopo decine di riunioni al Mise e quasi un anno di trattativa non aveva portato Mittal e sindacati a stringersi la mano, sancisce di fatto la buona riuscita del negoziato: “Una grande giornata per Ilva, per l’industria italiana e per Taranto – scrive poco le 10.30 su Twitter – Finalmente possono partire gli investimenti ambientali e industriali. Complimenti a aziende e sindacati e complimenti non formali a Luigi Di Maio che ha saputo cambiare idea e finalmente imboccare la strada giusta”.
Palombella (Uilm): “Ora referendum” – Per quanto manchino da “riguardare i testi e correggerli” anche Palombella e Re David parlano di “accordo fatto” che ora “deve essere approvato dai lavoratori con il referendum“. Non una formalità, ma nel testo c’è tutto quello che i sindacati hanno chiesto per un anno. “L’elemento importante è che non ci sono esuberi perché il piano prevederà il completo assorbimento di tutti i lavoratori con il mantenimento di tutti i diritti acquisti – spiega Palombella – Bisognava aumentare il numero di lavoratori. Siamo riusciti a ottenere un numero che secondo noi è importante: 10.700 compresi quasi 300 delle affiliate”.
Fonte: F.Q.
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