Il Giappone è al centro del sistema finanziario globale. Ha fatto registrare avanzi delle partite correnti per decenni, costruendo il più grande surplus di investimenti esteri netti del mondo, o il suo risparmio nazionale accumulato. Nel frattempo altre nazioni, come gli Stati Uniti, hanno preso in prestito da nazioni come il Giappone per vivere al di sopra dei propri mezzi, costruendo deficit netti di investimenti esteri. Ora abbiamo livelli senza precedenti di finanziamenti transnazionali.
Gran parte del risparmio del settore privato in Giappone è depositato in Yen presso istituzioni finanziarie che poi investono all'estero. Queste istituzioni hanno coperto la maggior parte dei loro asset esteri per ridurre i costi degli asset ponderati per il rischio ed i rischi di svalutazione delle valute. Il costo di copertura degli asset denominati in USD è tuttavia aumentato a causa di una curva dei rendimenti statunitense schiacciata e di disallineamenti negli FX forward. Come mostrato di seguito, il loro rendimento effettivo su un decennale (UST) coperto con un forward FX USD/JPY a 3 mesi è sceso allo 0.17%. Dato che questa cifra è inferiore all'1% di rendimento, molte istituzioni finanziarie devono generare profitti vendendo UST, anche se i rendimenti dei titoli UST a 10 anni senza copertura aumentano. Il rendimento effettivo scenderà drasticamente se il Libor USD a 3 mesi aumentasse in linea con la previsione della "Dot Plot" della FED per i tassi a breve termine, supponendo che altre variabili come i rendimenti UST a 10 anni rimangano costanti.
Poiché le istituzioni finanziarie giapponesi vendono titoli del Tesoro USA, che sono considerati il bene estero più sicuro, si stanno spostando maggiormente verso asset a rendimento più elevato e ad alto rischio; obbligazioni estere (esclusi i titoli USA), nonché i fondi azionari e di investimento esteri. Questo è un modello simile a quello che abbiamo visto prima dell'ultima crisi finanziaria globale. In sostanza, le istituzioni finanziarie giapponesi sono costrette ad assumersi più rischi alla ricerca di rendimenti decenti per coprire i costi crescenti di copertura, mentre la curva dei rendimenti statunitense si appiattisce.
In veste di creditori netti più grandi al mondo, viene così concessa una significativa liquidità aggiuntiva per quei mutuatari oltremare a rischio più elevato.
Seguiamo questi flussi da vicino. Un'area che riteniamo piuttosto interessante è la US Collateralised Loan Obligations (CLOs) che Bloomberg ci informa "ha raggiunto un livello record nell'ultimo trimestre, grazie in gran parte alla domanda insolitamente elevata da parte degli investitori giapponesi". I CLO sono essenzialmente un paniere di prestiti a leva finanziaria concessi a società con rating generalmente più basso e con scarsa assicurazione che ripagheranno i loro obblighi. Alcuni mutuatari statunitensi hanno utilizzato questi prestiti a leva per riacquistare così tante azioni proprie che i loro bilanci hanno ora un patrimonio netto negativo. Un recente documento della FED mostra (nel grafico qui sotto) che i CLO sono stati il più grande meccanismo per trasferire fuori dalle banche sottocapitalizzate degli Stati Uniti e dal settore bancario ombra il rischio di credito societario. Le istituzioni finanziarie giapponesi hanno sottoscritto gran parte di questo rischio nella loro ricerca di rendimenti decenti.
Ci sono molte altre aree rischiose in cui il Giappone è diventato un grande acquirente: titoli garantiti da ipoteca australiani, obbligazioni dei mercati emergenti e contratti di leasing per aeromobili. Le istituzioni finanziarie giapponesi hanno cercato disperatamente rendimenti più elevati non solo per compensare i maggiori costi di copertura, ma anche le loro terribili prospettive di utili interni, poiché la Bank Of Japan (BOJ) sopprime i tassi d'interesse interni al di sotto dei tassi di compensazione di cui molte di queste istituzioni hanno bisogno per rimanere redditizie. Un ex-membro del consiglio di amministrazione della BOJ, Takahide Kiuchi, avverte che "non c'è dubbio: come effetto collaterale dell'allentamento monetario, le istituzioni finanziarie stanno assumendosi un rischio eccessivo". Le banche stanno investendo in prodotti che rendono troppo poco rispetto ai rischi coinvolti. Dite alle banche di fermarsi, e poi andranno altrove per trovare opportunità. "È importante sottolineare che l'agenzia giapponese dei servizi finanziari sta ora istruendo le banche regionali non solo affinché la smettano di aggiungere asset a rischio più elevato, ma anche a vendere posizioni esistenti non appena inizino a diventare deteriorate."
Sfortunatamente questo non risolve il problema, poiché dare un contegno alle istituzioni finanziarie (come le banche regionali) affinché non acquistino asset esteri a rendimento più elevato, rimuove la loro capacità di compensare il deterioramento dell'attività economica interna. La situazione probabilmente peggiorerà, poiché anche il governatore della BOJ Kuroda riconosce che i tassi d'interesse continuamente compressi deterioreranno sempre di più i guadagni bancari interni, mentre i vecchi asset a rendimento più elevato continueranno ad essere rinnovati (abbassandone i rendimenti). C'è poca speranza che la BOJ rialzi significativamente i tassi d'interesse per rallentare tale deterioramento. Tutte le misure dell'inflazione monitorate dalla BOJ si sono deteriorate quest'anno. Inoltre, come mostra il grafico qui sotto, gli effetti valutari, che avevano portato alcune pressioni inflazionistiche verso il Giappone all'inizio dell'anno, sono ora destinati a provocare pressioni deflazionistiche.
Un obiettivo non dichiarato della politica monetaria della BOJ è stato quello di indebolire lo yen. I tassi d'interesse interni repressi hanno anche creato carry trade tra quegli investitori giapponesi disposti ad accollarsi rischi valutari senza appuntare una copertura. L'impegno del 2016 di mantenere i tassi d'interesse ancorati allo zero attraverso il controllo della curva dei rendimenti, ha nuovamente spinto lo Yen a livelli di svalutazione quasi estremi rispetto al suo tasso di cambio reale di lungo termine. Attualmente lo Yen è sottovalutato del 23% rispetto ai suoi partner commerciali.
Possiamo utilizzare la parità del potere d'acquisto per misurare specificamente la sottovalutazione dello Yen rispetto al dollaro. L'attuale sottovalutazione al 30% implica un fair value di USDJPY 77. I sondaggi tra gli esportatori giapponesi stimano che essi abbiano un break-even in media sopra USDJPY 100.5. È chiaro che la BOJ sarebbe disperata a non avviare un'inversione dei flussi di carry e riportare lo Yen al fair value rialzando i tassi d'interesse.
La BOJ deve fare una scelta e non ci sono buone opzioni.
Se la BOJ rialza i tassi d'interesse, rischia di scatenare uno tsunami di denaro giapponese che tornerà in patria, rafforzando lo yen e amplificando le pressioni deflazionistiche. Inoltre, gran parte di quel denaro sta attualmente promuovendo mercati del debito oltreoceano ad alto rischio, come quelli dei CLO statunitensi. Se il Giappone, il più grande creditore del mondo, riporta i suoi soldi in patria, ciò equivarrebbe ad un peggioramento del ciclo globale del credito, a cui le istituzioni finanziarie giapponesi sono ora più che mai direttamente esposte.
Se la BOJ non rialza i tassi d'interesse, esito più probabile, allora alcune istituzioni finanziarie giapponesi non saranno in grado di sopravvivere come entità quotate di proprietà privata nella loro forma attuale, in quanto i loro guadagni interni saranno sempre più negativi e saranno limitati nel ricercare guadagni all'estero.
Le banche regionali sono le entità che soffrono di più e le condizioni hanno continuato a deteriorarsi ulteriormente. In sostanza, il costo di far perdurare la politica corrente sarebbe quello di azzerare gli azionisti in alcune di queste banche, un costo che il Giappone ha dimostrato di voler sostenere in diverse occasioni già negli ultimi decenni. Questa pare la scelta più accettabile dal punto di vista politico, e poter continuare a vedere rendimenti accattivanti tra le banche regionali giapponesi.
da Zerohedge
Traduzione di Francesco Simoncelli
Fonte: qui
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