Chi c’era e che cosa si è detto all’incontro “B2B: il futuro del business tra aziende” dedicato a “L’intelligenza artificiale acceleratore della digital transformation” organizzato a Milano dalla società Casaleggio Associati
Quando si parla di Casaleggio Associati viene immediatamente in mente il M5s e la piattaforma Rousseau, ma bisogna ricordare che il business di questa azienda è innanzitutto la consulenza alle imprese per la definizione di una strategia digitale. Proprio la Casaleggio Associati ha organizzato a Milano, nel Centro svizzero, martedì 14 novembre, la II edizione dell’incontro “B2B: il futuro del business tra aziende” dedicato a “L’intelligenza artificiale acceleratore della digital transformation”. Al centro del dibattito tra esperti e rappresentanti del settore, moderato dal direttore di Wired Federico Ferrazza, la trasformazione delle aziende verso un nuovo tipo di business digitale che punti sulle applicazioni di intelligenza artificiale per diventare più efficienti e competitive.
Dopo l’apertura dei lavori di Luca Eleuteri, socio fondatore e amministratore di Casaleggio Associati, Casaleggio ha presentato la ricerca “Artificial intelligence revolution”, spiegando la portata dei nuovi strumenti tecnologici. “Siamo di fronte ad una nuova rivoluzione industriale, che procede molto più rapidamente rispetto alle rivoluzioni degli ultimi secoli, ad una velocità che traccia una curva esponenziale”, ha detto Casaleggio. “Si prevede che entro il 2027 verranno prodotti computer con capacità paragonabili a quelli della mente umana, ma molto più veloci e con un raggio d’azione più pervasivo di quello attuale”.
Ad oggi i campi di applicazione dell’IA riguardano l’organizzazione e rielaborazione dei big data, l’internet of things (cioè l’interazione tra il mondo reale e quello virtuale), l’interpretazione dei sentimenti umani, la blockchain e gli smart contracts. Le applicazioni IA sono già impiegate nel mondo da diverse aziende per gli scopi più disparati, dalla relazione con i clienti, al marketing, alla contrattazione fino all’organizzazione interna. Per citare qualche esempio, Netflix ha risparmiato 1 miliardo di dollari in churn (percentuale di clienti che smettono di usare il servizio offerto, in questo caso se non trovano un film di loro gradimento) utilizzando un sistema di raccomandazione di un film o serie tv. Anche Spotify suggerisce ai clienti la musica in base alle loro abitudini musicali, mentre North Face permette la scelta di prodotti online dialogando sul proprio sito. Chorus è invece un’applicazione volta a migliorare le interazioni umane al telefono per raggiungere l’obiettivo: analizza le conversazioni di call center e suggerisce come gestire le chiamate in base al numero di utenti o a problemi specifici da risolvere. Le IA possono inoltre essere usate per ottimizzare la gestione energetica (come nel caso di AlphaGo che consente a Google dei risparmi analizzando tutti i processi di consumo ed utilizzo dell’energia dell’azienda) o per la creazione di servizi totalmente nuovi (come Fligh Delay, un servizio assicurativo completamente automatizzato per i ritardi aerei). Cominciano anche ad essere utilizzato i chatbot, cioè la messaggistica automatizzata usata dall’azienda per dialogare con i clienti, ma si tratta di una tecnologia ancora da mettere a punto perché sia pienamente ottimale.
L’interesse delle aziende per queste nuove tecnologie, ha spiegato Casaleggio, sono evidenti dall’incremento degli investimenti nel settore: nel 2014 sono stati investiti 8 miliardi di dollari, mentre se ne prevedono 47 miliardi nel 2020. La IA è particolarmente interessante per le Capital venture, che sono passate da un investimento di 3,4 miliardi di dollari nel 2014 a 9,5 miliardi di dollari nel 2017. In Italia oggi la quota d’investimento nella IA è solo dell’1 per cento, “ma è destinata ad aumentare rapidamente. Rispetto agli altri paesi d’Europa l’Italia è più indietro anche perché mancano incentivi in questa direzione da parte dello Stato”. Su questo punto sono d’accordo anche altri esperti, come Luca Scagliarini, di Expert System: “Non ci supera solo la Silicon Valley, ma anche paesi come la Spagna. Eppure non abbiamo nulla da invidiare agli spagnoli”. I finanziamenti e la regolamentazione di questo settore sono “una tragedia”, sostiene Federico Zuin di Mashfrog. “Un imprenditore deve farsi carico di un’innovazione di tale portata da beneficiare l’intero sistema economico, ma non riceve nessun incentivo da parte del sistema”.
“Un’altra difficoltà è rappresentata dal fatto che oggi manca una precisa figura esperta di intelligenza artificiale, con competenze specifiche”, dice Alessandro Vitale di Conversate. “Trattandosi di invenzioni molto recenti, non disponiamo di figure senior, ma di giovani neolaureati o dottorati. Allora le aziende italiane devono fare di tutto per assumerli subito e formarli, offrendo un’alternativa alla fuga all’estero”.
Ad oggi le imprese che adottano le IA sono già digitalizzate, di dimensioni medio-grandi, prediligono la crescita al risparmio e utilizzano le IA in attività chiavi del loro business. Per sfruttare al massimo questi nuovi strumenti, sottolinea Casaleggio, “è indispensabile innanzitutto creare una cultura di base sull’intelligenza artificiale. La decisione di investirci deve essere focalizzata su un obiettivo di business, serve un progetto pilota, lo studio di case histories e un team dedicato. Con una strategia precisa, il ritorno economico è assicurato”.
“Non dobbiamo pensare all’intelligenza artificiale come a un robot fantascientifico, ma come a un software dalle straordinarie potenzialità, in grado di semplificarci la vita”, ha spiegato Scagliarini.
“Le IA consentono per esempio lo snellimento e la velocizzazione di alcuni processi molto meccanici, come la raccolta e l’analisi dei dati, che spesso oggi si fa ancora manualmente. La stessa trasformazione avvenuta nel mondo dell’editoria toccherà anche il sistema bancario e assicurativo: per sopravvivere e reggere la competizione, i grandi player dovranno trasformarsi”. Uno degli usi dell’IA, e in particolare dei Cognitive robot, è per esempio lo studio dei dark data, ovvero i dati presenti nelle rete aziendali, non ancora strutturati, ma con un valore potenziale che possono rivelarsi utili al business di un’azienda. “Le macchine sono più veloci ed efficienti di un uomo, per esempio i Cognitive robot, che lavorano senza alcuna supervisione umana, fanno in mezz’ora quello che un uomo farebbe in 4 anni» dice Ettore Murciano di Loop Al Labs. «Affidare i compiti più meccanici e ripetitivi a robot totalmente autonomi renderà gli uomini più liberi di dedicarsi a quello che sanno fare meglio: pensare. Il vero lavoro del futuro è quello del filosofo”.
L’efficienza della tecnologia è stata dimostrata anche dalla loro capacità, per esempio, di trascrivere un discorso umano senza commettere errori o nella difficile identificazione di elementi in una foto. Tuttavia le IA non rimangono relegate ai lavori più meccanici. Mattia De Rosa, di Microsoft Italia, ha dimostrato che avanzate tecnologie basate sugli algoritmi hanno permesso in Olanda di ricreare un quadro di Rembrandt. “Il futuro delle IA è talmente certo che noi di Microsoft non ci chiediamo quando verranno pienamente utilizzate, ma come, in quale settore. Ed è probabile che gli ambiti che più ne trarranno maggior beneficio saranno quello bancario, retail, sanitario e manifatturiero”.
Anche il design gioca un importante ruolo in questo ambito, soprattutto per quanto riguarda il rapporto con il cliente. “L’intelligenza artificiale è una materia prima che si può utilizzare con grandissima efficacia e che presuppone la connessione, ormai una prerogativa darwiniana. Ma lo scopo ultimo, a monte della raccolta dati, è quello di migliorare l’empatia tra la macchina e l’uomo» dice Leandro Agrò di Design Group. «Per quanto una tecnologia sia complessa, deve presentarsi al fruitore ultimo nella maniera e nell’aspetto più semplice possibile. E utilizzare un linguaggio che sia il più possibile comprensibile all’essere umano”.
Fonte: qui
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