Dopo lo shock del settore petrolifero che ha pesato sulla crescita nel 2015/2016, l’economia della Norvegia sta recuperando vigore velocemente, grazie al buon andamento della domanda domestica, supportata dalla ripresa degli investimenti del settore petrolifero e della domanda estera. In linea con le altre Banche Centrali dei Paesi Sviluppati, la Banca Centrale norvegese ha abbandonato l’orientamento espansivo ma la politica monetaria rimane accomodante. La NOK ha perso terreno per gran parte dell’anno: la view molto dovish della Norges Bank e l’instabilità del prezzo del petrolio hanno indotto lo scioglimento delle massicce posizioni rialziste degli investitori esteri, accumulate quando la divisa era quella con il carry più alto in Europa, ed ha disallineato la divisa dai suoi due driver principali, il prezzo del Brent ed il differenziale di rendimento tra NOK ed EUR. Con il posizionamento più neutrale, l’outlook di prezzo del petrolio (WTI) sopra i 50 US$/barile, il rischio di sorprese “hawkish” di politica monetaria e le valutazioni più equilibrate sui fondamentali,consentono una visione positiva sulla NOK.
Polonia
L’economia della Polonia si avvia a chiudere il 2017 con una crescita del PIL intorno al 4%, il livello più alto degli ultimi 6 anni, e molti dei driver della recente accelerazione dovrebbero persistere ancora almeno per il primo semestre 2018, in particolare le condizioni finanziarie e la politica fiscale espansive, cui si aggiungerà il maggior utilizzo dei fondi europei. La crescita negli ultimi trimestri è stata trainata dalla spesa per consumi, grazie al mix favorevole di buone condizioni del mercato del lavoro e trasferimenti pubblici, e dall’aggancio all’accelerazione dell’Eurozona, mentre la leva degli investimenti sta riprendendo vigore con l’avvio del nuovo ciclo di fondi strutturali dell’Unione Europea. Con l’inflazione ancora lontana dal target, la Banca Centrale polacca (NBP) difficilmente aumenterà i tassi prima del secondo semestre 2018. Lo zloty sta perdendo terreno contro Euro, sia per la crescente divergenza di politica monetaria tra NBP (dovish) e BCE (relativamente più hawkish), sia per la tensione tra il Governo polacco di destra populista e le autorità europee sulle riforme giudiziarie. Lo scontro politico difficilmente sarà distruttivo e la reazione di mercato dovrebbe essere limitata, fintanto che i conti pubblici rimarranno sotto controllo, lasciando la politica monetaria come principale driver del cambio.
Russia
L’economia della Russia è uscita dalla recessione nel secondo semestre del 2016 ed il flusso di dati macroeconomici è coerente con una crescita intorno al 2% per il 2017. La domanda domestica privata sta guidando la fase di espansione, sostenuta dall’avanzato processo di disinflazione e continuo rilassamento delle condizioni finanziarie, con il supporto della domanda estera e di raccolti agricoli record. Questi fattori stanno più che compensando il continuo focus del Governo sul rigore dei conti pubblici e la riduzione della produzione petrolifera. L’inflazione è diminuita quasi ininterrottamente grazie al lungo periodo di crescita economica inferiore al potenziale, ai raccolti abbondanti degli ultimi anni ed alla rivalutazione del rublo. Come conseguenza, la CBR ha potuto tagliare i tassi e mantiene un orientamento espansivo. La credibilità della politica monetaria e fiscale, il surplus della bilancia delle partite correnti ed il buon andamento dell’economia sono elementi di supporto per il rublo. Inoltre la divisa è teoricamente poco sensibile alle condizioni finanziarie esterne ed è rimasta indietro rispetto alla recente accelerazione al rialzo del petrolio. Il potenziale di apprezzamento è tuttavia limitato dal programma del Governo di sterilizzazione dei surplus petroliferi, dall’instabilità del sistema bancario e dai rischi politici (elezioni nel 2018, relazioni con gli USA).
Fonte: qui Canada
L’attività economica in Canada si è ripresa velocemente dallo shock petrolifero del 2015/2016. La domanda domestica guida l’espansione, grazie al sostegno della politica fiscale espansiva e del settore immobiliare. La Bank of Canada a luglio ha inaspettatamente abbandonato la linea ultra-accomodante di politica monetaria e da allora ha aumentato i tassi di 50 bp. Sulla base della comunicazione relativamente hawkish della BOC, i mercati scontano ora un processo di normalizzazione della politica monetaria piuttosto rapido, con un altro rialzo intorno alla fine dell’anno. Come conseguenza del repricing della politica monetaria e del venir meno della Trumpflation, il dollaro canadese ha registrato uno dei rally più forti tra le valute del G10 nel corso dell’estate. Nonostante l’outlook di prezzo del petrolio WTI sopra i 50 US$/barile sia di supporto, contro US$ le prospettive di apprezzamento del CAD sembrano ora limitate, considerando il potenziale ritorno dei rischi politici legati ai negoziati sul NAFTA, rischi che una restrizione monetaria troppo rapida comporta per il mercato immobiliare canadese e l’attuale ritorno della trumpflation. Contro Euro invece il potenziale di rivalutazione non è stato ancora sfruttato.
Giappone
L’economia del Giappone ha subito una drastica accelerazione nel 2017. Tutti i componenti della domanda stanno contribuendo positivamente ed il trend dovrebbe continuare nel 2018 grazie anche agli investimenti per le Olimpiadi di Tokyo del 2020 ed al boom del turismo dall’estero. La Bank of Japan tuttavia ha rimandato il raggiungimento del target di inflazione del 2% al 2019, a causa della scarsa propensione delle imprese ad aumentare i salari. Questo implica che la BOJ sarà tra le ultime Banche Centrali del G10 a normalizzare la politica monetaria, soprattutto ora che la riconferma di Kuroda sembra scontata dopo la vittoria elettorale di Abe. Lo yen ha registrato una solida performance per gran parte del 2017, grazie alla forte correlazione inversa con il rendimento del Treasury decennale, beneficiando quindi del repricing in senso «dovish» della politica monetaria della Fed e del venir meno della Trumpflation. Inoltre le sue caratteristiche di bene rifugio sono accentuate dall’ostilità della Corea del Nord e dal premio per il rischio politico sugli asset USA. Al contrario, la divergenza di politica monetaria tra BOJ e BCE ha spinto EURJPY ai massimi dall’inizio del 2016. Ora che la Fed sembra aver abbandonato la cautela dei mesi scorsi e che la probabilità di riforma fiscale USA sta aumentando, mentre la BOJ rimane fermamente «ultra-dovish», le prospettive per lo yen sono peggiorate.
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