 Dal sito Politico.eu, vale davvero la pena di riportare la traduzione integrale del lungo e dissacrante articolo (di cui abbiamo già parlato qui) in  cui Robert Kennedy jr riassume agli americani ipnotizzati (e agli  alleati europei) il “disgustoso” contesto storico, a partire dalla  seconda guerra mondiale, in cui si inserisce la terribile guerra siriana  dei nostri giorni e la creazione dell’Isis da parte della Cia, a  protezione del cartello del petrolio.
Dal sito Politico.eu, vale davvero la pena di riportare la traduzione integrale del lungo e dissacrante articolo (di cui abbiamo già parlato qui) in  cui Robert Kennedy jr riassume agli americani ipnotizzati (e agli  alleati europei) il “disgustoso” contesto storico, a partire dalla  seconda guerra mondiale, in cui si inserisce la terribile guerra siriana  dei nostri giorni e la creazione dell’Isis da parte della Cia, a  protezione del cartello del petrolio.  
di Robert F. Kennedy, JR, 23 febbraio 2016, aggiornato al 1° marzo 2016
In  parte perché mio padre è stato assassinato da un arabo, ho fatto uno  sforzo per comprendere l’impatto della politica degli Stati Uniti in  Medio Oriente e in particolare i fattori che motivano a volte le  sanguinarie risposte  del mondo islamico contro il nostro paese.  Concentrando l’attenzione sull’ascesa dello Stato islamico e andando  alla ricerca delle cause originarie della barbarie che ha portato via  così tante vite innocenti a Parigi e San Bernardino, sarebbe meglio  andare al di là delle spiegazioni di comodo sulla religione e  l’ideologia.
Dovremmo  invece esaminare le logiche più complesse della storia e del petrolio –  e renderci conto che spesso esse chiamano in causa le responsabilità  del nostro paese.
Il disgustoso record americano di interventi violenti in Siria – poco conosciuto dal popolo americano ma ben noto ai siriani – ha  seminato un terreno fertile per il jihadismo islamico violento che ora  complica una qualsiasi risposta efficace del nostro governo per  affrontare la sfida dell’ISIL.  Finché l’opinione pubblica e i  politici americani non si rendono consapevoli di questo passato,  ulteriori interventi rischiano solo di aggravare la crisi. Questa  settimana il Segretario di Stato John Kerry ha annunciato un cessate il  fuoco “provvisorio” in Siria. Ma dal momento che il potere di influenza  e il prestigio degli Stati Uniti in Siria sono al minimo – e il cessate  il fuoco non include combattenti importanti come lo Stato islamico e al  Nusra – nel migliore dei casi è destinato ad essere una tregua  piuttosto precaria. Allo stesso modo, l’intensificazione da parte del  presidente Obama dell’intervento militare in Libia – attacchi aerei  degli Stati Uniti la scorsa settimana hanno preso di mira un campo di  addestramento Stato islamico – è probabile che rafforzi, piuttosto che indebolire, gli esponenti più radicali.
Come  ha riportato in prima pagina il New York Times l’8 dicembre 2015, i  leader politici dello stato islamico e i pianificatori strategici stanno  lavorando per provocare un intervento militare americano. Essi sanno  per esperienza che questo provocherà un grande afflusso di combattenti  volontari nelle loro fila, soffocando le voci moderate e unificando  tutto il mondo islamico contro l’America.
Per capire questa dinamica, dobbiamo guardare la storia dal punto di vista dei siriani e in particolare le cause del conflitto in corso. Molto prima che la nostra occupazione dell’Iraq nel 2003 innescasse la  rivolta sunnita che si è ormai trasformata in Stato Islamico, la CIA  aveva nutrito lo jihadismo violento come un’arma da guerra fredda e  caricato così di elementi tossici le relazioni U.S./Siria.
Questo non è avvenuto senza polemiche interne.
Nel mese di luglio 1957, a seguito di un fallito colpo di stato della CIA in Siria, mio zio, il senatore John F. Kennedy, infiammò la Casa Bianca di Eisenhower, i leader di entrambi i partiti politici ed i nostri alleati europei con  un discorso che è stato una pietra miliare, in cui sosteneva il diritto  di auto-governo del mondo arabo e la fine delle ingerenze imperialiste  degli Stati Uniti nei paesi arabi. 
Nel  corso della mia vita, e in particolare durante i miei frequenti viaggi  in Medio Oriente, innumerevoli arabi mi hanno ricordato con entusiasmo  quel discorso come la più chiara affermazione dell’idealismo che essi si  aspettavano dagli USA.
Il  discorso di Kennedy era un invito a riconnettere l’America con quegli  alti valori che il nostro paese aveva sostenuto nella Carta atlantica;  l’impegno formale a che tutte le ex colonie europee dopo la seconda  guerra mondiale avessero il diritto all’auto-determinazione.
Nel  1941 Franklin D. Roosevelt aveva spinto con forza Winston Churchill e  gli altri leader alleati a firmare la Carta Atlantica come condizione  preliminare per il sostegno americano nella guerra contro il fascismo  europeo.
Ma  grazie in gran parte a Allen Dulles e alla CIA, i cui intrighi di  politica estera erano spesso in contrasto diretto con le politiche  dichiarate della nostra nazione, il percorso ideale delineato nella  Carta Atlantica è rimasto una strada che non è stata intrapresa.
Nel 1957 mio nonno, l’ambasciatore Joseph P. Kennedy, fece parte di un comitato segreto incaricato di investigare le azioni clandestine della CIA in Medio Oriente.
Il cosiddetto “Rapporto Bruce-Lovett“, del quale è stato uno dei firmatari, descriveva  le trame della CIA per colpi di stato in Giordania, Siria, Iran, Iraq  ed Egitto, tutti fatti di conoscenza comune sulla piazza araba, ma  praticamente sconosciuti al popolo americano, che credeva, prendendole  per buone, alle smentite del suo governo. Il rapporto incolpava la CIA   del dilagante antiamericanismo che allora stava misteriosamente  prendendo piede “in numerosi paesi del mondo di oggi.”
Il Rapporto Bruce-Lovett sottolineava che tali interventi erano contrari ai valori americani e  avevano compromesso la leadership internazionale degli Stati Uniti e la  sua autorità morale senza che il popolo americano ne fosse a conoscenza.
Il  rapporto diceva anche che la CIA non ha mai considerato il modo in cui  avrebbe trattato tali interventi se qualche governo straniero li avesse  progettati nel nostro paese.
Questa  è la storia sanguinosa di cui interventisti moderni come George W.  Bush, Ted Cruz e Marco Rubio omettono di parlare quando recitano la loro  retorica narcisistica sul fatto che i nazionalisti del Medio Oriente “ci odiano per le nostre libertà.”
Per  la maggior parte di loro non è così; invece ci odiano per il modo in  cui abbiamo tradito tali libertà – i nostri stessi ideali – all’interno  dei loro confini.
* * *
Perché gli americani capiscano realmente cosa sta succedendo, è  importante rivedere alcuni dettagli di questa storia sordida, e poco  ricordata. Nel corso degli anni ’50, il Presidente Eisenhower e i  fratelli Dulles – il direttore della CIA Allen Dulles e il Segretario di  Stato John Foster Dulles – respinsero le proposte sovietiche  di un trattato per un Medio Oriente come zona neutrale nella guerra  fredda e per lasciare agli arabi il governo del mondo arabo. Invece, essi misero in piedi una guerra clandestina contro il nazionalismo arabo – che Allen Dulles equiparava al comunismo – in  particolare quando l’autogoverno arabo minacciò le concessioni  petrolifere. In segreto inviarono massicci aiuti militari americani ai  tiranni in Arabia Saudita, Giordania, Iraq e Libano, favorendo dei  fantocci con ideologie conservatrici jihadiste che essi consideravano  come un affidabile antidoto al marxismo sovietico. In un incontro alla  Casa Bianca tra il direttore strategico della CIA, Frank Wisner, e John  Foster Dulles, nel settembre del 1957, secondo un memo registrato dal  suo segretario personale, il generale Andrew J. Goodpaster, Eisenhower  consigliò così l’agenzia: “Dobbiamo fare tutto il possibile per sottolineare l’aspetto della ‘guerra santa’”.
La CIA ha iniziato la sua ingerenza attiva in Siria nel 1949 – appena un anno dopo la creazione dell’Agenzia. I patrioti siriani avevano dichiarato guerra ai nazisti, espulso i loro  governatori coloniali francesi di Vichy e realizzato una fragile  democrazia laica basata sul modello americano. Ma nel marzo 1949, il  presidente democraticamente eletto della Siria, Shukri al-Quwatli, esitò  ad approvare la pipeline Trans-araba, un progetto americano destinato a  collegare i campi petroliferi dell’Arabia Saudita ai porti del Libano  attraverso la Siria. Nel suo libro, Legacy of Ashes, lo storico  della CIA Tim Weiner racconta che come rappresaglia per il mancato  entusiasmo sull’oleodotto americano da parte di Al-Quwatli, la CIA  organizzò un colpo di stato che sostituì al-Quwatli con un dittatore  scelto dalla CIA, un truffatore pregiudicato di nome Husni al-za’im.  Al-za’im ebbe appena il tempo di sciogliere il parlamento e approvare  l’oleodotto americano prima che i suoi connazionali lo destituissero,  dopo quattro mesi e mezzo di regime.
A  seguito di numerosi contro-colpi di stato nei paesi destabilizzati, il  popolo siriano cercò di nuovo di istituire la democrazia nel 1955,  ri-eleggendo al-Quwatli e il suo partito nazionale. Al-Quwatli era  ancora neutrale nella guerra fredda, ma, dopo la batosta del  coinvolgimento americano nella sua cacciata, ora tendeva verso il campo  sovietico. Questo atteggiamento portò il direttore della CIA Dulles a  dichiarare che “la Siria è matura per un colpo di stato” e inviare a Damasco i suoi due maghi in colpi di stato, Kim Roosevelt e Rocky Stone.
Due  anni prima, Roosevelt e Stone avevano orchestrato un colpo di stato in  Iran contro il presidente democraticamente eletto Mohammed Mosaddegh,  dopo che Mosaddegh aveva cercato di rinegoziare i termini dei contratti  dell’Iran, sbilanciati a favore del gigante petrolifero britannico  Anglo-Iranian Oil Company (ora BP). Mosaddegh era il primo leader eletto  nella storia iraniana da 4000 anni e un campione popolare della  democrazia in tutto il mondo in via di sviluppo. Mosaddegh espulse tutti  i diplomatici britannici dopo aver scoperto un tentativo di colpo di  stato da parte di ufficiali dei servizi segreti U.K. che lavoravano in  combutta con BP.  Mosaddegh, tuttavia, fece l’errore fatale di resistere  alle suppliche dei suoi consiglieri di espellere anche la CIA, che essi  giustamente sospettavano essere complice del complotto britannico.  Mosaddegh idealizzava gli Stati Uniti come un modello per la nuova  democrazia in Iran e li considerava incapaci di tali perfidie.  Nonostante le trame di Dulles, il presidente Harry Truman aveva proibito  alla CIA di unirsi attivamente ai britannici per rovesciare Mosaddegh.  Quando Eisenhower entrò in carica nel gennaio del 1953, immediatamente  scatenò Dulles.  Dopo aver spodestato Mosaddegh con l’ “Operazione  Ajax,” Stone e Roosevelt installarono al potere lo Shah Reza Pahlavi,  che favorì le compagnie petrolifere degli Stati Uniti, ma durante i suoi  due decenni di regno esercitò una tale ferocia verso il suo popolo,  sponsorizzata dalla CIA, che alla fine ha  innescato la rivoluzione  islamica del 1979, il tormento della nostra politica estera per 35 anni.
Secondo Safe for Democracy: Le guerre segrete della CIA,  di John Prados, dopo il “successo” della sua Operazione Ajaxn in Iran,  Stone arrivò a Damasco nel mese di aprile 1957 con 3 milioni di $ per  armare e incitare i militanti islamici e corrompere gli ufficiali  dell’esercito siriano e i politici siriani allo scopo di rovesciare il  regime laico democraticamente eletto di al-Quwatli. Lavorando  con i Fratelli Musulmani e milioni di dollari, Rocky Stone tramò per  assassinare il capo della intelligence siriana, il generale dello stato  maggiore e il leader del partito comunista, e progettare “cospirazioni  nazionali e varie provocazioni armate” in Iraq, Libano e Giordania, che  avrebbero potuto essere imputate ai baathisti siriani. Tim Weiner descrive in Legacy of Ashes come il piano della CIA fosse di destabilizzare il governo siriano e  creare un pretesto per un’invasione da parte di Iraq e Giordania, i cui  governi erano già sotto il controllo della CIA.  Kim Roosevelt prevedeva  che il nuovo governo fantoccio della CIA avrebbe “messo in atto in primo luogo  misure repressive ed esercitato il potere in modo arbitrario“, secondo documenti declassificati della CIA riportati sul quotidiano The Guardian.
Ma  tutti quei soldi della CIA non riuscirono a corrompere gli ufficiali  militari siriani. I soldati riportarono i tentativi di corruzione della  CIA al regime baathista. In risposta, l’esercito siriano invase  l’ambasciata americana, prendendo prigioniero Stone. Dopo un duro  interrogatorio, Stone fece una confessione sul suo ruolo nel colpo di  stato iraniano e sul tentativo della CIA, poi abortito, di rovesciare il  governo legittimo della Siria, e la confessione fu trasmessa alla  televisione. I siriani espulsero Stone e due membri dello staff  dell’ambasciata degli Stati Uniti – la prima volta che un diplomatico  americano del Dipartimento di Stato è stato espulso da un paese arabo. La Casa Bianca Eisenhower respinse la confessione di Stone come una  “montatura” e una “calunnia”, e la negazione fu presa per buona da tutta  la stampa americana, guidata dal New York Times, e fu creduta dal  popolo americano, che condivideva la visione idealistica del suo governo  di Mosaddegh. La Siria fece dimettere tutti i politici  simpatizzanti degli Stati Uniti e condannò a morte per tradimento tutti  gli ufficiali militari legati al colpo di stato. Per ritorsione, gli  Stati Uniti spostarono la Sesta Flotta nel Mediterraneo, minacciando la  guerra e spingendo la Turchia ad invadere la Siria.  I turchi  ammassarono 50.000 soldati ai confini della Siria e fecero marcia  indietro solo di fronte all’opposizione unita della Lega araba, i cui  leader erano furiosi per l’intervento degli Stati Uniti.   Anche  dopo la sua espulsione, la CIA proseguì con i suoi sforzi segreti per  rovesciare il governo ba’athista democraticamente eletto della Siria. Secondo Matthew Jones in “The ‘Preferred Plan’: The Anglo-American Working Group Report on Covert Action in Syria, 1957, la CIA formulò dei piani con il servizio segreto britannico MI6 per formare un “Comitato di liberazione  della Siria”  e armò i Fratelli Musulmani per assassinare tre funzionari del governo  siriano che avevano contribuito a rendere pubblico “il complotto  americano” . Le trame della CIA hanno ancor più allontanato la Siria  dagli Stati Uniti, spingendola verso una alleanza duratura con la Russia  e l’Egitto.
Dopo  il secondo tentativo di colpo di stato in Siria, rivolte anti-americane  scossero il Medio Oriente dal Libano all’Algeria. Tra le ripercussioni,  vi fu il colpo di stato del 14 luglio 1958, guidato dalla nuova ondata  di ufficiali dell’esercito anti-americani che rovesciarono il monarca  filoamericano iracheno, Nuri al-Said. I golpisti pubblicarono documenti  governativi segreti, che dimostravano come Nuri al-Said fosse un  fantoccio ben pagato della CIA. In risposta al tradimento  americano, il nuovo governo iracheno invitò diplomatici e consiglieri  economici sovietici in Iraq e voltò le spalle all’Occidente.
Essendo stato  allontanato dall’Iraq e dalla Siria, Kim Roosevelt fuggì in Medio  Oriente per lavorare come dirigente per l’industria petrolifera, che  aveva servito così bene durante la sua carriera di servizio pubblico  alla CIA. Secondo Weiner il sostituto a capo della CIA nominato da  Roosevelt, James Critchfield, mise in piedi un attentato fallito contro  il nuovo presidente iracheno usando un fazzoletto avvelenato. Cinque  anni dopo, la CIA finalmente riuscì a deporre il presidente iracheno e  installare al potere in Iraq il partito Baat. Uno degli illustri leader  della squadra ba’athista della CIA era un giovane assassino carismatico  di nome Saddam Hussein.  Secondo A Brutal Friendship: The West and the Arab Elite, di Said Aburish , giornalista e scrittore, il segretario del partito Ba’ath, Ali Saleh Sa’adi, che si era insediato al fianco di Saddam Hussein, dirà più tardi: “Siamo arrivati al potere su un treno della CIA“. Aburish racconta che la CIA diede a Saddam ed ai suoi amici una lista di persone da assassinare che “dovevano essere eliminate immediatamente al fine di assicurare il successo.”  Tim Weiner scrive che Critchfield ha poi riconosciuto che la CIA aveva, in sostanza, “creato Saddam Hussein.“
Durante  gli anni di Reagan, la CIA rifornì Hussein di miliardi di dollari per  la formazione, il supporto alle forze speciali, armi e intelligence di  combattimento, sapendo bene che egli usava armi chimiche e biologiche e  gas nervino – tra cui l’antrace ottenuta dal governo degli Stati Uniti –  nella sua guerra contro l’Iran. Reagan  e il suo direttore della CIA, Bill Casey, consideravano Saddam come un  potenziale amico per l’industria petrolifera statunitense e una barriera  robusta contro la diffusione della rivoluzione islamica iraniana.  Il loro emissario, Donald Rumsfeld, in un viaggio a Baghdad nel 1983  regalò a Saddam degli speroni d’oro da cowboy e un menu di armi  biologiche/chimiche e convenzionali. Allo stesso tempo, la CIA stava illegalmente rifornendo il nemico di Saddam, l’Iran, con migliaia di missili anti-carro e anti-aerei per combattere in Iraq, un crimine reso famosa dallo scandalo Iran-Contra.  Jihadisti dai entrambe le parti in seguito hanno riconvertito contro il  popolo americano molte di queste armi in dotazione dalla CIA.
Anche  mentre l’America prepara l’ennesimo intervento violento in Medio  Oriente, la maggior parte degli americani non è consapevole dei molti  modi in cui il “contraccolpo” dei precedenti errori della CIA ha  contribuito a creare la crisi attuale. Le ripercussioni di decenni di  inganni della CIA continuano oggi a risuonare in tutto il Medio Oriente,  nelle capitali nazionali, dalle moschee alle scuole coraniche, sul  paesaggio distrutto della democrazia e dell’Islam moderato che la CIA ha  aiutato a cancellare.
Una  sfilata di dittatori iraniani e siriani, tra cui Bashar al-Assad e suo  padre, hanno invocato la storia dei colpi di stato sanguinosi della CIA  come pretesto per il loro regime autoritario, per le tattiche repressive  e la necessità di una forte alleanza con la Russia. Queste storie sono  quindi ben note al popolo di Siria e Iran, che naturalmente interpretano  l’ipotesi di un intervento degli Stati Uniti nel contesto di quella  storia.
Mentre  la stampa americana compiacente ripete a pappagallo la narrazione  secondo la quale il nostro sostegno militare all’insurrezione siriana è  puramente umanitario, molti arabi vedono la crisi come un’altra guerra  per procura sui gasdotti e la geopolitica. Prima di attizzare  l’incendio, sarebbe saggio da parte nostra prendere in considerazione i  numerosi fatti a sostegno di quel punto di vista.
A  loro avviso, la nostra guerra contro Bashar Assad non è cominciata con  le pacifiche proteste civili della primavera araba nel 2011. Invece è  iniziata nel 2000, quando il Qatar propose di costruire 1.500 km di  gasdotto per la cifra di 10 miliardi, attraverso Arabia Saudita,  Giordania, Siria e Turchia. Il Qatar divide con l’Iran il  giacimento di gas di South Pars / North Dome, il giacimento di gas  naturale più ricco del mondo. L’embargo del commercio internazionale  fino a poco tempo fa vietava all’Iran di vendere gas dall’estero. Nel  frattempo, il gas del Qatar può raggiungere i mercati europei solo se  viene liquefatto e spedito via mare, un percorso che limita il volume e  aumenta sensibilmente i costi. La conduttura proposta avrebbe connesso  il Qatar direttamente ai mercati europei dell’energia tramite terminali  di distribuzione in Turchia, che intascherebbe ricche tasse di transito.  Il gasdotto Qatar / Turchia darebbe ai regni sunniti del Golfo Persico  una decisiva posizione dominante sui mercati del gas naturale mondiali e  rafforzerebbe il Qatar, il più stretto alleato degli Stati Uniti nel  mondo arabo. Il Qatar ospita due enormi basi militari americane ed è la  sede in Medio Oriente del Comando Centrale degli Stati Uniti.
L’UE,  che ottiene il 30 per cento del suo gas dalla Russia, era ugualmente  molto interessata al gasdotto, che avrebbe dato ai suoi stati membri  energia a basso costo e un allentamento della soffocante influenza  economica e politica di Vladimir Putin. La Turchia, il secondo più  grande cliente del gas della Russia, era particolarmente ansiosa di  porre fine alla sua dipendenza dal suo antico rivale e di posizionarsi  come l’hub del redditizio transito dei combustibili asiatici verso i  mercati dell’UE. La conduttura del Qatar avrebbe beneficiato la  monarchia conservatrice sunnita dell’Arabia Saudita dandole un punto di  appoggio nella Siria sciita. L’obiettivo geopolitico dei sauditi è  quello di contenere il potere economico e politico del principale  rivale, l’Iran, uno stato sciita, e stretto alleato di Bashar Assad. La  monarchia saudita ha visto il cambio di gestione sciita sponsorizzato  dagli USA in Iraq (e, più recentemente, la cessazione dell’embargo  commerciale dell’Iran) come una retrocessione per il suo status di  potenza regionale ed era già impegnata in una guerra per procura contro  Teheran in Yemen, evidenziata dal genocidio saudita contro la tribù  Houthi sostenuta dall’Iran.
Naturalmente,  i russi, che vendono il 70 per cento delle loro esportazioni di gas  all’Europa, vedevano il gasdotto Qatar / Turchia come una minaccia  esistenziale. Da punto di vista di Putin, il gasdotto del Qatar è un  complotto della NATO per cambiare lo status quo, privare la Russia del  suo unico punto d’appoggio in Medio Oriente, strangolare l’economia  russa e porre fine all’influenza russa nel mercato europeo dell’energia.  Nel 2009, Assad ha annunciato che si sarebbe rifiutato di firmare  l’accordo che consentiva al gasdotto di attraversare la Siria, “per proteggere gli interessi del nostro alleato russo.“
Assad  ha fatto infuriare ulteriormente i monarchi sunniti del Golfo,  sostenendo un “gasdotto islamico” approvato dalla Russia che parte dal  giacimento di gas dell’Iran, attraversa la Siria e giunge sino ai porti  del Libano. Il gasdotto islamico renderebbe l’Iran sciita, non il Qatar  sunnita , il principale fornitore del mercato europeo dell’energia e  aumenterebbe notevolmente l’influenza di Teheran in Medio Oriente e nel  mondo. Israele è comprensibilmente determinato a far deragliare la  pipeline islamica, che arricchirebbe l’Iran e la Siria e,  presumibilmente, rafforzerebbe le loro derivazioni, Hezbollah e Hamas.
Report  e documenti segreti delle agenzie di intelligence di Stati Uniti,  Arabia e Israele indicano che quando Assad ha rifiutato i gasdotti del  Qatar, gli strateghi militari e di intelligence  sono rapidamente  giunti alla conclusione condivisa che fomentare una rivolta sunnita in  Siria per rovesciare il non collaborativo Bashar Assad fosse un percorso  fattibile per raggiungere l’obiettivo comune di completare il gasdotto  Qatar/Turchia.
Nel  2009, secondo WikiLeaks, subito dopo che Bashar Assad respinse la  pipeline del Qatar, la CIA iniziò a finanziare gruppi di opposizione in  Siria. E’ importante notare che questo è successo ben prima della  rivolta (indotta) della Primavera araba contro Assad.
La famiglia di Bashar Assad è alawita, una setta musulmana ampiamente percepita come allineata con il campo sciita.
Il giornalista Seymour Hersh mi ha detto in un’intervista: “Bashar  Assad non avrebbe mai dovuto diventare presidente. Suo padre lo riportò  a casa dall’università di medicina a Londra quando il fratello  maggiore, l’erede designato, rimase ucciso in un incidente d’auto.”
Prima dell’inizio della guerra, secondo Hersh, Assad si stava muovendo per liberalizzare il paese. “Avevano  internet e giornali e sportelli bancomat e Assad voleva andare in  direzione dell’occidente. Dopo il 9/11, mandò migliaia di preziosi file  alla CIA sui radicali jihadisti, che egli considerava un nemico comune.”  Il  regime di Assad era volutamente laico e la Siria era straordinariamente  variegata. Il governo siriano e i militari, per esempio, erano all’80  per cento sunniti. Assad ha mantenuto la pace tra i suoi popoli diversi  grazie a un forte esercito disciplinato e fedele alla famiglia Assad,  alla sicura fedeltà di un corpo di ufficiali a livello nazionale stimato  e ben pagato, un apparato di intelligence freddamente efficiente e un  uso della brutalità che, prima della guerra, era piuttosto moderato  rispetto a quello di altri leader del Medio Oriente, tra cui i nostri alleati attuali. Secondo Hersh, “Di certo non decapitava persone ogni mercoledì, come fanno i sauditi alla Mecca“.
Un altro veterano del giornalismo, Bob Parry,  condivide la stessa valutazione. “Nessuno  nella regione ha le mani pulite, ma nei regni delle torture, uccisioni  di massa, [soppresse] libertà civili e sostegno al terrorismo, Assad è molto meglio dei sauditi.”
Nessuno  credeva che il regime fosse vulnerabile a quell’anarchia che aveva  lacerato Egitto, Libia, Yemen e Tunisia.  Nella  primavera del 2011 a  Damasco c’erano delle piccole manifestazioni pacifiche contro la  repressione da parte del regime di Assad.  Erano principalmente gli  effetti della primavera araba che si erano diffusi viralmente nella Lega  degli Stati Arabi l’estate precedente. Tuttavia, i documenti di  WikiLeaks indicano che la CIA era già sul terreno in Siria.
Ma  i regni sunniti con un enorme ammontare di petrodollari in gioco  volevano un coinvolgimento molto più profondo dell’America. Il 4  settembre 2013, il Segretario di Stato John Kerry ha detto in una  audizione al Congresso che i regni sunniti si erano offerti di pagare il  conto per un’invasione statunitense della Siria per spodestare Bashar  Assad. “In effetti, alcuni di loro hanno detto che se gli Stati  Uniti erano pronti ad andare a compiere l’opera, nel modo in cui avevamo  fatto in precedenza da altre parti [Iraq], essi ne avrebbero pagato il  costo.” Kerry ha detto di questa offerta alla Rep. Ileana Ros-Lehtinen. (R-Fla.): “Per  quanto riguarda l’offerta dei paesi arabi di sostenere i costi di  [un’invasione americana] per rovesciare Assad, la risposta è  assolutamente sì, l’hanno fatta. L’offerta è sul tavolo.“
Nonostante  le pressioni dei repubblicani, Barack Obama ha esitato a mandare dei  giovani americani a morire come mercenari per un conglomerato di imprese  della pipeline.
Obama  ha saggiamente ignorato le richieste repubblicane di mandare truppe di  terra in Siria o far arrivare maggiori finanziamenti agli “insorti  moderati”. Ma alla fine del 2011, la pressione repubblicana e i nostri  alleati sunniti avevano spinto il governo americano nella mischia.
Nel  2011, gli Stati Uniti si sono uniti a Francia, Qatar, Arabia Saudita,  Turchia e Regno Unito per formare la Coalizione degli Amici della Siria,  che ha chiesto formalmente la rimozione di Assad. La CIA ha fornito 6  milioni di $ a Barada, un canale televisivo britannico, per la  produzione di appelli alla cacciata di Assad. Documenti dei servizi  segreti sauditi, pubblicati da Wikileaks, mostrano che nel 2012 la  Turchia, il Qatar e l’Arabia Saudita stavano armando, formando e  finanziando combattenti radicali sunniti jihadisti provenienti da Siria,  Iraq e altrove, per rovesciare il regime di Assad alleato degli sciiti.  Il  Qatar, che aveva da guadagnarci più di tutti, ha investito  3 miliardi  di $  per costruire l’insurrezione e ha invitato il Pentagono ad  addestrare gli insorti presso le basi statunitensi in Qatar.  Secondo un  articolo di aprile 2014 di Seymour Hersh, gli addestramenti della CIA  erano finanziati da Turchia, Arabia Saudita e Qatar.
L’idea  di fomentare una guerra civile tra sunniti e sciiti per indebolire i  regimi siriano e iraniano al fine di mantenere il controllo delle  forniture petrolchimiche della regione non era un concetto nuovo nel  lessico del Pentagono.
Il rapporto Rand del 2008, che inchioda il Pentagono, conteneva un progetto preciso di quello che stava per accadere. Il rapporto osserva che il controllo dei depositi di gas e di petrolio del Golfo Persico rimarrà, per gli Stati Uniti, “una priorità strategica” che “interagisce fortemente con quella di perseguire la guerra duratura.” Rand raccomanda l’utilizzo di “azioni segrete, operazioni di informazione, guerra non convenzionale” per imporre una strategia del “divide et impera“. “Gli Stati Uniti e i suoi alleati locali potrebbero utilizzare i jihadisti nazionalisti per lanciare una campagna per procura” e “i  leader degli Stati Uniti potrebbero anche scegliere di sfruttare al  meglio il progetto di conflitto tra sciiti e sunniti, prendendo le parti  dei regimi sunniti conservatori contro i movimenti sciiti nel mondo  musulmano … possibilmente sostenendo i governi sunniti autoritari contro  un Iran continuamente ostile.“
Come  previsto, la reazione eccessiva di Assad alla crisi di marca straniera –  sganciare bombe sulle roccaforti sunnite uccidendo i civili – ha  polarizzato la divisione sciiti / sunniti della Siria e ha permesso ai  politici degli Stati Uniti di vendere agli americani l’idea che la lotta  che veniva condotta era una guerra umanitaria.
Quando  i soldati sunniti dell’esercito siriano hanno cominciato le defezioni  nel 2013, la coalizione occidentale ha armato il Free Syrian Army per  destabilizzare ulteriormente la Siria. Il ritratto fatto dalla  stampa del Free Syrian Army come di battaglioni compatti di moderati  siriani era del tutto delirante. Le unità disciolte sono state  riaggregate in centinaia di milizie indipendenti, la maggior parte delle  quali erano comandate da, o alleate con, i militanti jihadisti, i  combattenti più impegnati ed efficaci. Da allora, gli eserciti sunniti  di Al Qaeda in Iraq stanno attraversando il confine dall’Iraq alla Siria  e unendo le forze con gli squadroni di disertori del Free Syrian Army,  molti dei quali addestrati e armati dagli Stati Uniti.
Nonostante  il prevalente ritratto fatto dai media di una rivolta araba moderata  contro il tiranno Assad, i pianificatori di intelligence degli Stati  Uniti sapevano fin dall’inizio che i sostenitori dei gasdotti per loro  conto erano jihadisti radicali che probabilmente intendono ritagliarsi  un nuovo califfato islamico dalle regioni sunnite di Siria e Iraq. Due anni prima che i tagliagole dell’ISIL facessero il loro debutto  sulla scena mondiale, uno studio di sette pagine del 12 Agosto 2012  dell’Intelligence Agency statunitense della Difesa, ottenuto dal gruppo  di destra Judicial Watch, avvertiva che grazie al sostegno continuo per jihadisti sunniti radicali da parte di Stati Uniti/Coalizione sunnita “i Salafiti, i Fratelli musulmani e AQI (ora ISIS), sono le principali forze motrici della rivolta in Siria.“
Utilizzando  i finanziamenti degli Stati Uniti e degli stato del Golfo, questi  gruppi avevano trasformato le proteste pacifiche contro Bashar Assad in “una direzione chiaramente settaria (sciiti contro sunniti)“.
Il documento osserva che il conflitto era diventato una guerra civile settaria sunnita sostenuta da “poteri politici e religiosi“. Il rapporto descrive il conflitto siriano come una guerra globale per il controllo delle risorse della regione con” l’Occidente,  i paesi del Golfo e la Turchia a sostegno dell’opposizione [di Assad],  mentre la Russia, la Cina e l’Iran sostengono il regime“. Gli autori del Pentagono del rapporto di sette pagine sembrano approvare l’avvento previsto del califfato ISIS: “Se  la situazione si sbroglia, vi è la possibilità di stabilire un  principato salafita dichiarato o non dichiarato nella parte orientale  della Siria (Hasaka e Der Zor) e questo è esattamente ciò che vogliono i poteri che sostengono l’opposizione al fine di isolare il regime siriano“.  Il rapporto del Pentagono avverte che questo nuovo principato potrebbe  muoversi attraverso il confine iracheno verso Mosul e Ramadi e “dichiarare un stato islamico mediante la sua unione con le altre organizzazioni terroristiche in Iraq e in Siria.”
Naturalmente, questo è esattamente quanto è successo. Non a caso, le regioni della Siria occupate dallo Stato Islamico comprendono esattamente l’itinerario previsto del gasdotto del Qatar.
Ma  poi, nel 2014, i nostri procuratori sunniti hanno provocato orrore nel  popolo americano tagliando numerose teste e guidando un milione di  rifugiati verso l’Europa. “Strategie basate sull’idea che il nemico del mio nemico sia il mio amico possono portare a una sorta di cecità“, dice Tim Clemente, che ha presieduto la Joint Terrorism Task Force dell’FBI dal 2004 al 2008 e servito da collegamento in Iraq tra l’FBI, la polizia di Stato irachena e l’esercito americano. “Abbiamo fatto lo stesso errore di quando abbiamo formato i mujaheddin in Afghanistan. Nel momento in cui i russi hanno lasciato la zona, i nostri presunti amici hanno iniziato a distruggere le antichità, schiavizzare le donne, mutilare e sparare contro di noi “, mi ha detto Clemente in un’intervista.
Quando  “Jihadi John” dello Stato Islamico ha cominciato a uccidere prigionieri  in TV, la Casa Bianca ha cambiato la sua posizione, preoccupandosi meno  di deporre Assad e di più della stabilità della regione.
L’amministrazione  Obama ha cominciato a prendere le distanze dall’insurrezione che  avevamo finanziato. La Casa Bianca ha puntato il dito contro i nostri  alleati. Il 3 ottobre 2014, il vice presidente Joe Biden ha  detto agli studenti al Forum di John F. Kennedy Jr. presso l’Istituto di  Politica ad Harvard che “i nostri alleati nella regione erano il nostro problema più grande in Siria.” Ha spiegato che la Turchia, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti erano “così determinati ad abbattere Assad” che avevano lanciato una “guerra per procura tra sunniti e sciiti” convogliando “centinaia  di milioni di dollari e decine di migliaia di tonnellate di armi verso  tutti coloro che sarebbero stati disposti a combattere contro Assad.  Tranne che le persone che sono state finanziate erano al-Nusra, e  al-Qaeda “- i due gruppi che si sono fusi nel 2014 per formare lo  Stato islamico. Biden sembrava irritato del fatto che non ci si poteva  fidare che i nostri “amici” fidati seguissero l’agenda americana.
In tutto il Medio Oriente, i leader arabi accusano gli Stati Uniti di aver creato lo Stato islamico.
Alla maggior parte degli americani, tali accuse sembrano folli.
Tuttavia,  per molti arabi, la prova del coinvolgimento degli Stati Uniti è così  schiacciante che ne concludono che il nostro ruolo nel promuovere lo  Stato Islamico deve essere stato intenzionale.
In  effetti, molti dei combattenti dello Stato Islamico e i loro comandanti  sono i successori dell’ideologia e dell’organizzazione jihadista che la  CIA ha sostenuto per più di 30 anni dalla Siria all’Egitto, in  Afghanistan e in Iraq.
Prima dell’invasione americana, nell’Iraq di Saddam Hussein Al Qaeda non esisteva.
Il  presidente George W. Bush ha distrutto il governo laico di Saddam, e il  suo viceré, Paul Bremer, in un atto monumentale di cattiva gestione, di  fatto ha creato l’esercito sunnita, ora chiamato Stato Islamico. Bremer  ha portato gli sciiti al potere e ha messo fuori legge il Baath Party  di Saddam, licenziando circa 700.000 funzionari di governo e di partito  in maggioranza sunniti, dai ministri agli insegnanti. Ha poi sciolto  l’esercito di 380.000 uomini, che era per l’80 per cento sunnita. Le  azioni di Bremer hanno spogliato del loro rango un milione di sunniti  iracheni, portando via loro le proprietà, la ricchezza e il potere;  lasciando sul terreno una sottoclasse disperata di sunniti arrabbiati,  istruiti, capaci, addestrati e armati fino ai denti, con poco da  perdere. L’insurrezione sunnita in Iraq ha preso il nome di Al Qaeda. A  partire dal 2011, i nostri alleati hanno finanziato l’invasione di  combattenti di AQI  in Siria. Ad aprile 2013, dopo essere entrata in  Siria, AQI ha cambiato il suo nome in ISIL.  Secondo Dexter Filkins del  New Yorker, “l’ISIS  è gestita da un consiglio di ex generali iracheni. …Molti sono membri  del partito laico Baath di Saddam Hussein, che si sono convertiti  all’Islam radicale nelle prigioni americane“.
I  500 milioni di $ in aiuti militari degli Stati Uniti che Obama ha  inviato in Siria quasi certamente sono finiti a beneficiare questi  jihadisti militanti.
Tim  Clemente, l’ex presidente della task force congiunta del FBI, mi ha  detto che la differenza tra i conflitti in Iraq e in Siria sono i  milioni di giovani uomini che fuggono dal campo di battaglia verso  l’Europa, piuttosto che restare a combattere per le loro comunità.
La spiegazione ovvia è che i moderati fuggono una guerra che non è la loro guerra.
Essi  vogliono semplicemente evitare di rimanere schiacciati tra l’incudine  della tirannia di Assad sostenuta dai russi e il martello sunnita  jihadista che noi abbiamo tenuto in mano, brandendolo come l’arma di una  battaglia globale sugli oleodotti concorrenti.
Non  si può incolpare il popolo siriano di non aver abbracciato un progetto  per la loro nazione ideato da Washington o da Mosca. Le superpotenze non  hanno lasciato spazio a un futuro ideale per cui i moderati siriani  potrebbero decidere di lottare. E nessuno vuole morire per una pipeline.
* * *
Qual è la risposta?
Se  il nostro obiettivo è la pace a lungo termine in Medio Oriente,  l’autogoverno da parte delle nazioni arabe e la sicurezza nazionale a  casa nostra, dobbiamo considerare qualsiasi nuovo intervento nella  regione con un occhio alla storia e un intenso desiderio di imparare la  lezione. Solo quando noi americani comprenderemo il contesto storico e  politico di questo conflitto potremo applicare l’opportuno controllo  sulle decisioni dei nostri leader.
Utilizzando  lo stesso immaginario e lo stesso linguaggio che ha sostenuto la nostra  guerra del 2003 contro Saddam Hussein, i nostri leader politici hanno  portato gli americani a credere che il nostro intervento in Siria  sia una guerra idealista contro la tirannia, il terrorismo e il  fanatismo religioso. Tendiamo a liquidare come mero cinismo le opinioni  di quegli arabi che vedono la crisi attuale come una replica delle  stesse vecchie trame sui gasdotti e la geopolitica. Ma, se vogliamo  avere una politica estera efficace, dobbiamo riconoscere che il  conflitto siriano è una guerra per il controllo delle risorse, non  diversa dalla miriade di guerre clandestine e non dichiarate per il  petrolio che abbiamo combattuto in Medio Oriente per 65 anni.
E solo quando vedremo questo conflitto come una guerra per procura su una pipeline, gli eventi diventeranno comprensibili.
E’  l’unico paradigma che spiega perché il GOP a Capitol Hill e  l’amministrazione Obama sono ancora fissati su un cambiamento di regime,  piuttosto che sulla stabilità della regione, perché l’amministrazione  Obama non può trovare moderati siriani disposti a combattere la guerra,  perché l’ISIL ha fatto saltare in aria un aereo passeggeri russo, il  motivo per cui appena i sauditi hanno eseguito la condanna a morte di un  potente religioso sciita la loro ambasciata a Teheran è stata messa a  fuoco, perché la Russia sta bombardando i combattenti non-ISIL e perché  la Turchia è andata fuori dal suo spazio per abbattere un jet russo.
Il milione di profughi che ora invadono l’Europa sono profughi di una guerra per il petrolio e di una CIA incompetente.
Clemente  paragona l’ISIL al FARC della Colombia – un cartello della droga con  un’ideologia rivoluzionaria per ispirare i suoi militanti. “Dobbiamo pensare all’ISIS come a un cartello del petrolio“, ha detto Clemente.
“Alla fine, il denaro è la logica di governo. L’ideologia religiosa è uno strumento che ispira i suoi soldati motivandoli a dare la vita per un cartello del petrolio“.
Una  volta che spogliamo questo conflitto della sua patina umanitaria e  riconosciamo il conflitto siriano come una guerra per il petrolio, la  nostra strategia di politica estera diventa chiara. Come i siriani in  fuga per l’Europa, nessun americano vuole mandare i suoi figli a morire  per una pipeline.
Invece,  la nostra prima priorità dovrebbe essere quella che nessuno ha mai  menzionato – dobbiamo cacciare i nostri signori del petrolio del Medio  Oriente, un obiettivo sempre più fattibile come gli Stati Uniti  diventano più indipendenti in campo energetico. Quindi, dobbiamo ridurre  drasticamente il nostro profilo militare in Medio Oriente e lasciare  che gli arabi gestiscano l’Arabia. Altro che aiuti umanitari e garantire  la sicurezza dei confini di Israele, gli Stati Uniti non ha alcun ruolo  legittimo in questo conflitto. Mentre i fatti dimostrano che abbiamo  giocato un ruolo nella creazione della crisi, la storia dimostra che  abbiamo poco potere per risolverla.
Osservando  la storia, si rimane senza fiato di fronte all’evidenza sorprendente  con cui praticamente ogni intervento violento in Medio Oriente dalla  seconda guerra mondiale in poi del nostro Paese si è risolto in un  miserabile fallimento, con contraccolpi terribilmente costosi. Un rapporto del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti del 1997 ha rilevato che “i  dati mostrano una forte correlazione tra il coinvolgimento degli Stati  Uniti all’estero e un aumento degli attacchi terroristici contro gli  Stati Uniti“. Diciamolo chiaro; ciò che noi chiamiamo la “guerra al terrore” è in realtà solo un’altra guerra del petrolio.
Da quando il petroliere Dick Cheney ha dichiarato la “Guerra Duratura” nel 2001, abbiamo sprecato 6 trilioni di $ su tre guerre all’estero e nella costruzione di una sicurezza nazionale basata sullo stato di guerra.
Gli  unici vincitori sono stati gli appaltatori dell’esercito e le compagnie  petrolifere, che hanno intascato degli storici profitti, le agenzie di  intelligence che sono cresciute in modo esponenziale in potere e  influenza a scapito delle nostre libertà, e i jihadisti che  invariabilmente hanno usato i nostri interventi come il più efficace  strumento di reclutamento.
Noi  abbiamo compromesso i nostri valori, massacrato la nostra gioventù,  ucciso centinaia di migliaia di persone innocenti, sovvertito il nostro  idealismo e sperperato i nostri tesori nazionali in avventure all’estero  inutili e costose. In questo processo, abbiamo aiutato i nostri  peggiori nemici e trasformato l’America, una volta faro di libertà nel  mondo, in uno stato di sorveglianza sulla sicurezza nazionale e un paria  morale internazionale.
I  padri fondatori dell’America avevano messo in guardia gli americani  contro eserciti permanenti, coinvolgimenti stranieri e, nelle parole di  John Quincy Adams, sull’ “andare all’estero in cerca di mostri da distruggere“.
Quegli  uomini saggi avevano capito che l’imperialismo all’estero è  incompatibile con la democrazia e i diritti civili all’interno del  paese.
La Carta Atlantica ribadiva l’ideale originale americano per cui ogni nazione dovrebbe avere il diritto all’autodeterminazione.
Nel  corso degli ultimi sette decenni, i fratelli Dulles, la banda Cheney, i  neoconservatori e i loro simili hanno dirottato tale principio  fondamentale dell’idealismo americano e implementato il nostro apparato  militare e di intelligence per servire gli interessi mercantili delle  grandi imprese e, in particolare, delle compagnie petrolifere e degli  appaltatori dell’esercito, che hanno letteralmente fatto una strage di  questi conflitti.
E’  tempo che gli americani facciano sì che l’America volti le spalle a  questo nuovo imperialismo e si riporti sul percorso dell’idealismo e  della democrazia.
Dovremmmo  lasciare che gli arabi governino l’Arabia e impegnare le nostre energie  nel grande sforzo di costruzione della nostra nazione.
Dobbiamo  iniziare questo processo, non invadendo la Siria, ma ponendo fine alla  rovinosa dipendenza dal petrolio che ha distorto la politica estera  degli Stati Uniti per mezzo secolo.
* * *
Robert F. Kennedy, Jr. è il presidente di Waterkeeper Alliance. Il suo libro più recente è Thimerosal: Let The Science Speak.
Fonte: 
qui