9 dicembre forconi: segretario
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sabato 19 maggio 2018

UN PARTITO ALLO SBANDO - VIDEO: FISCHI E URLA ALL'ASSEMBLEA PD.

ALL'ULTIMO SECONDO CAMBIA L'ORDINE DEL GIORNO, NIENTE PIÙ VOTO SUL SEGRETARIO, MA UNA ''DISCUSSIONE SULL'ATTUALITÀ''. MA CHE È, LA DOMANDA A PIACERE? 

IL TEMA DI CULTURA GENERALE? 

A CHE SERVE CONVOCARE CENTINAIA DI PERSONE ALL'ERGIFE DI ROMA PER NON FARE UNA CIPPA?

Andrea Carugati per www.lastampa.it

Caos calmo all’assemblea nazionale del Pd all’Hotel Ergife di Roma. Caos perché sono volati fischi, quando il presidente Matteo Orfini ha annunciato la proposta di cambiare l’ordine del giorno: non più elezione del nuovo segretario, ma discussione sull’attualità, e cioè la nascita del governo Lega-M5s. Calmo perché alla fine è successo quello che i renziani chiedevano da venerdì: rinviare le decisioni calde a una prossima assemblea.

ASSEMBLEA NAZIONALE PDASSEMBLEA NAZIONALE PD
La riunione è iniziata a mezzogiorno, con due ore di ritardo, dopo una mattinata di frenetiche trattative e raccolte firme tra i renziani e i ribelli di Andrea Orlando, Dario Franceschini, Maurizio Martina e Michele Emiliano. Alla fine Martina e Franceschini hanno deciso di accettare la proposta dei renziani, e di cambiare l’ordine del giorno. In cambio, Renzi ha lasciato la scena al reggente, rinunciando ad aprire la riunione. Al momento del voto, però, i delegati di Orlando e Emiliano hanno votato no. Risultato: 397 sì, 221 no e 6 astenuti. La conta c’è stata, seppur solo sull’inversione dell’ordine del giorno. 


Andrea Orlando e anche Luigi Zanda hanno votato contro. Così come altri delegati dell’area Franceschini che non hanno rispettato l’ordine di scuderia. E l’area renziana è arrivata al 57% dei 700 presenti, un netto calo rispetto al 70% di un anno fa, sostengono gli antirenziani. Di fatto però l’obiettivo di non eleggere un nuovo segretario è stato centrato da Renzi. In cambio Orfini ha ribadito all’assemblea che le dimissioni dell’ex segretario sono “irrevocabili”.
ASSEMBLEA NAZIONALE PDASSEMBLEA NAZIONALE PD

Formule e bizantinismi che danno l’idea della fatica del Pd a superare la stagione renziana. Anche per le divisioni e i tentennamenti del composito fronte dei ribelli. I numeri contano: prima di arrivare alle votazioni ufficiali le varie anime dem avevano fatto partire delle raccolte firme informali, con i renziani che erano arrivati intorno a 400 voti. Numeri che avrebbero fatto passare la richiesta di indire subito il congresso, cancellando Martina e passando tutti i poteri fino alle primarie al presidente Orfini.

 “Chiedo di poter lavorare insieme a tutti voi per portare in maniera unitaria, forte, il Pd al congresso, senza la fatica dei detti e non detti che hanno generato ambiguità”, ha detto Martina nella sua relazione. “Non ho l’arroganza di fare questo lavoro da solo. Ma se tocca a me, anche se per poche settimane, tocca a me”. E ancora: “Non credo che il Pd debba essere superato, che si debba andare oltre o indietro. Chiedo in un nuovo centrosinistra alternativo a Lega e M5s e alternativo a Forza Italia”. Su questo ultimo passaggio, il no a Berlusconi, dai delegati più a sinistra è arrivata una ovazione. Dagli stessi banchi sulla sinistra della sala alla fine è arrivato un coro “Segretario, segretario”, rivolto a Martina. 

ORFINI MARCUCCI MARTINA DELRIOORFINI MARCUCCI MARTINA DELRIO
Gelo nelle prime file, con tutto lo stato maggiore del partito, a partire da Renzi. Accanto alle critiche al contratto di governo Lega-M5s, Martina infatti ha criticato la formazione delle liste Pd. “Abbiamo sbagliato sulla formazione delle liste. Mettiamo a fuoco il problema per evitare di tornare a commettere quegli errori. Diciamolo”. E ancora: “Abbiamo perso male, abbiamo sbagliato noi, io penso che ci sia mancato il contatto con il bisogno. Abbiamo pensato che la crescita portasse con sé più uguaglianza, e invece no, la forbice delle disuguaglianze si allargava”.

ORFINIORFINI


“Tutto questo - ha detto il reggente - non smarrisce l’importanza dell’impegno di tutti noi, dei nostri governi, le tante cose buone vanno rivendicate”. Parole, quelle sulla sconfitta e sulle liste Pd, che hanno acuito le distanze tra Martina i renziani. Tanto che alla fine solo Orlando e Francesco Boccia hanno lodato la relazione. E chiesto un voto finale. Ma i renziani meditano di far mancare il numero legale, per far mancare a Martina l’incoronazione a segretario. Intanto, per il pranzo Gentiloni e il suo predecessore a palazzo Chigi hanno lasciato l’Ergife.  

Fonte: qui

martedì 13 marzo 2018

BELPIETRO: "LA STORIA DI RENZI E’ UNA STORIA DI FALLIMENTI E ARROGANZA: HA CACCIATO DALLA RAI PORRO, MASSIMO GIANNINI, MASSIMO GILETTI E MILENA GABANELLI. E TELEFONARE AL DIRETTORE DI UN QUOTIDIANO PER PROMETTERGLI DI SPACCARGLI LE GAMBE O INVITARNE UN ALTRO A NON ROMPERE LE SCATOLE RIENTRA NEL CONCETTO DI LIBERTÀ DI STAMPA?''

SI DIMETTE DA SEGRETARIO MA CONTA DI DIVENTARE IL BURATTINAIO DEL PD, COME PENSAVA DI FARLO DI GENTILONI

Maurizio Belpietro per la Verità

belpietro coverBELPIETRO COVER
Matteo Renzi se n' è andato con la promessa di ritornare subito. E, per essere certo che gli elettori - ma soprattutto i dirigenti del Pd - comprendano che il suo non è un addio ma soltanto un arrivederci, ha affidato un' intervista-lenzuolo al Corriere della Sera. Due pagine per lanciare un messaggio chiaro di una sola riga: «La ruota gira, la rivincita verrà prima del previsto».
renzi come rambo sylvester stalloneRENZI COME RIMBA

La pubblicazione della «breve» conversazione guarda caso è caduta proprio nel giorno in cui si è aperta la Direzione del partito, quella che avrebbe dovuto prendere atto della sconfitta elettorale e delle conseguenti dimissioni del segretario, avviando il dibattito per la successione e per il cambio di una linea che il 4 marzo è stata sonoramente punita dagli italiani.

Com' era prevedibile, dopo l' intervista di Renzi la discussione non si è neppure aperta. Uno dietro l’altro, ministri e onorevoli hanno ripetuto come un sol uomo ciò che il segretario uscente aveva confidato la mattina alle pagine del quotidiano di via Solferino: «Siamo all' opposizione, ora deve giocare chi ha vinto». Nessuna critica, nessun ripensamento, nessuna analisi sugli errori compiuti.

LA VERITA BELPIETROLA VERITA BELPIETRO
Del resto, anche in questo, dalle colonne del Corriere il perdente ha dettato la linea. La batosta non è colpa di quel che ho detto o di quel che ho fatto, ma è conseguenza di una decisione che dopo il referendum mi ha impedito di tornare alle urne, insomma prendetevela con Sergio Mattarella. Già, perché l' ormai ex segretario è arciconvinto che se dopo il 4 dicembre del 2016, quando fu affossata la riforma costituzionale, fossero state indette le elezioni, lui avrebbe capitalizzato quel 40 per cento di Sì favorevoli alla legge della fatina Maria Elena Boschi.
Renzi Pd flussi voto elezioniRENZI PD FLUSSI VOTO ELEZIONI

E infatti ieri, sul giornale meneghino, il risultato elettorale della scorsa settimana Renzi non lo ha confrontato con il voto delle europee, ma con il plebiscito, quando a dire Sì all' abolizione del Senato e alla concessione di maggiori poteri al governo furono 13 milioni di elettori. «Che cos' è accaduto», gli ha chiesto l' intervistatore, «come si spiega che avete dimezzato i voti?».

Pure qui Renzi ha avuto la risposta pronta: «Allora eravamo chiari nella proposta e nelle idee. Stavolta - e mi prendo la responsabilità - la linea era confusa, né carne né pesce: così prudenti e moderati da sembrare timidi e rinunciatari». Tradotto dal linguaggio renziano, questo significa una sola cosa: ho sbagliato ad ascoltare Paolo Gentiloni, dovevo fare di testa mia e andare all' attacco come ho sempre fatto, invece così gli italiani non hanno capito niente.
renzi pdRENZI PD

Insomma, niente di nuovo rispetto al Renzi che abbiamo imparato a conoscere in questi anni, quello che Giampaolo Pansa chiama il Bullo. La novità, semmai, consiste in quelle poche righe sulla rivincita: «La ruota gira». E lui che di ruote della fortuna è esperto, avendo partecipato da ragazzo al programma di Mike Bongiorno, è certo che tornerà a girare dalla sua parte. Le dimissioni, la promessa di fare il senatore semplice, di occuparsi dei paesi del suo collegio, fra Scandicci, Signa, Lastra a Signa e Impruneta, dunque sono un bluff.

Renzi se ne va, ma è già pronto a tornare. Anzi, lascia ma solo formalmente, perché il bastone del comando continua a tenerlo bene in pugno tramite i suoi. Del resto, nell' intervista, fa capire anche questo, quando detta la linea dell' opposizione e quando - come aveva fatto in una cena a casa del finanziere Francesco Micheli - ricorda di avere l' età per aspettare il prossimo turno: «Ci attende una maratona: prendiamola con il passo giusto. Abbiamo gambe, fiato e testa».

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Capito il messaggio? Vado via, ma sto già lavorando per ritornare. Non sappiamo quale controfigura lo sostituirà al Largo del Nazareno, ma è certo che al suo posto metterà qualcuno che potrà muovere come una marionetta.

Lo schema è quello applicato il 4 dicembre di due anni fa, quando lasciò la poltrona di Palazzo Chigi ai lombi di Gentiloni, convinto di riprendersela in fretta. Vedremo presto se questa volta gli andrà meglio.

Ps. Dopo essersi concesso ai taccuini del Corriere, ieri Renzi ha ripreso la penna in pugno per vergare un articolo per le sue enews, consigliando ai lettori la visione di The Post. Non solo perché è un film di Steven Spielberg, ha spiegato, ma perché il film tratta il tema del rapporto fra stampa e potere. «La libertà di stampa è fatta per i governati, non i governanti», ha scritto citando la sentenza della Corte suprema americana che fa da leitmotiv del film con Meryl Streep e Tom Hanks. «E infatti quanto abbiamo bisogno di giornalisti che facciano scoop con le vere notizie - togliendo ogni alibi al potere - e non si limitino a rincorrere il chiacchiericcio quotidiano?», si chiede infine.

de bortoli renzi 5DE BORTOLI RENZI 
Noi invece gli chiediamo se sa dirci perché con lui al governo o alla guida del Pd siano stati cacciati dalla Rai Nicola Porro, Massimo Giannini, Massimo Giletti e Milena Gabanelli. E se telefonare al direttore di un quotidiano per promettergli di spaccargli le gambe o invitarne un altro a non rompere i coglioni rientri nel concetto di libertà di stampa sancito dalla sentenza della Corte suprema celebrata da Spielberg.

Che un giornalista del Corriere della Sera sia stato minacciato dal suo capo scorta che cos'è? Un inno alla libertà di stampa o la rappresentazione dell' ipocrisia di un uomo che si è fatto presidente del Consiglio e crede che tutto gli sia permesso, anche le balle?

Fonte: qui