“BLOOMBERG” CAMBIA IDEA SULLA MANOVRA: “I LEADER EUROPEI HANNO CRITICATO L’ITALIA, MA UN PICCOLO STIMOLO POTREBBE ESSERE QUELLO DI CUI HA BISOGNO. L’INSISTENZA DELLA COMMISSIONE È IRRAGIONEVOLE”
E PURE IL “FINANCIAL TIMES” DÀ UNA CHANCE AI GIALLOVERDI: “NON TUTTE LE IDEE SONO SBAGLIATE”
I MEDIA PREFERITI DALL’ÉLITE FINANZIARIA SI STANNO RIPOSIZIONANDO CONTRO BRUXELLES, CHE FARANNO ORA I MERCATI?
SECONDO BLOOMBERG, LA MANOVRA ITALIANA «NON È COSÌ FOLLE COME SEMBRA»
Sulla manovra economica italiana c’è qualcuno che – a sorpresa – sta cambiando idea. A guardare il progetto del bilancio firmato dal ministro dell’Economia Giovanni Tria e fortemente voluto da Lega e Movimento 5 Stelle è Bloomberg che, dopo un periodo di diffidenza nei confronti delle misure macroeconomiche messe in campo dall’Italia, sembra difendere il progetto del nuovo governo.
«I leader europei – si legge in un articolo di oggi – hanno criticato duramente l’Italia per i suoi piani di aumentare le spese con l’obiettivo di stimolare la crescita e aiutare i poveri. Quello che non riescono a riconoscere è che un piccolo stimolo potrebbe essere proprio quello di cui l’economia italiana ha bisogno».
Un deciso cambio di passo dopo che, soltanto qualche giorno fa, in pieno dibattito sul Def, lo stesso network economico più importante al mondo aveva definito la manovra italiana «à la Houdini», per la fumosità delle coperture. Il riferimento al grande escapologo, insomma, aveva ben reso l’idea circa l’opinione del gruppo in merito alle politiche economiche italiane.
Oggi, invece, l’analisi viene fatta sul piano opposto. Inserita all’interno di un contesto internazionale dove un rallentamento dell’economia cinese ha avuto ripercussioni su tutto il resto del pianeta, la manovra italiana – citiamo alla lettera il titolo dell’articolo – «non è così folle come può sembrare».
L’Italia abbassi i toni e l’UE sia più flessibile
Tutto ciò, a patto che i toni con l’Unione Europea – che fino a questo momento non hanno fatto altro che creare danni sull’aumento dello spread, ad esempio – si abbassino da entrambe le parti. Così, ad esempio, l’Unione Europea dovrebbe essere più flessibile sul rapporto deficit/Pil che la manovra fissa al 2,4%, mentre l’Italia dovrebbe rivedere le sue previsioni di crescita che, secondo Bloomberg, sono troppo ottimistiche.
Poi si spiega: «Le dure dichiarazioni dei funzionari della commissione europea sull’Italia hanno anche spinto verso l’alto i costi del prestito. Alcuni potrebbero vederlo come un’utile fonte di pressione per mantenere in riga l’Italia, ma si sta giocando con il fuoco in una polveriera».
FT: 'IL TEATRO ROMANO SI SCONTRA CON REGOLE UE'
Estratto da www.ilfattoquotidiano.it
(…) Anche il Financial Times ha dedicato un editoriale al caso Italia-Ue, parlando sia dei rischi che corrono i leader Salvini e Di Maio sia di quelli che corre Bruxelles se gioca il gioco dei populisti. “Il teatro romano si scontra con il libro delle regole Ue”, dove “la disputa sul bilancio dell’Italia rischia di diffondere una grave agitazione sui mercati”.
Nell’editoriale, il quotidiano finanziario nella sua edizione internazionale sottolinea che, “come molti showdown tra Bruxelles e i governi dell’eurozona, la disputa include elementi di teatro politico così come di principi di governance economica”. Anche se il teatro avviene soprattutto a Roma, dove il governo “sembra credere che ogni scontro costruito ad arte con l’Ue rappresenti un guadagno politico di per sé”, avendo in vista le elezioni europee di maggio.
La speranza è infatti che dal voto emerga una “commissione dalla costituzione e politica economica molto diverse” che lascerebbe Lega e M5s perseguire “le loro visioni populiste non ortodosse”. Ma, avverte, il Financial times, “queste tattiche sottostimano il mondo in cui gli investitori vedono questioni seriamente importanti in gioco nella disputa sul bilancio, a partire dalla sostenibilità del debito pubblico italiano per finire con la stabilità dell’eurozona”.
Salvini e Di Maio, quindi, “rischiano di ripetere gli errori di altri leader dell’eurozona che hanno provato a sfidare o a giocare d’astuzia con i mercati”, infatti, ricorda il Ft, “i corridoi del potere greco sono disseminati dei cadaveri politici di questi uomini”.
Allo stesso tempo Bruxelles “deve stare attenta a non giocare il gioco dei populisti italiani dando l’impressione che un governo regolarmente eletto non possa perseguire le politiche economiche di sua scelta”, anche perché “non tutte le idee del governo italiano sono sbagliate”.
Per questo, conclude il Ft, “i nuovi leader hanno il diritto di volere un cambiamento”, però “il problema è che, nella loro disperazione di spingere l’Italia fuori dalla palude, stanno governando in un modo disordinato e imprevedibile che allarma i mercati e solleva profondi dubbi a Bruxelles e tra i governi dell’eurozona”.
Fonte: qui
IL 'WALL STREET JOURNAL' SI SCHIERA COL GOVERNO GIALLOVERDE.
E I NOSTRI GIORNALONI CHE IN GENERE VENERANO (E SCOPIAZZANO) LE TESTATE ANGLOSASSONI, FANNO FINTA DI NIENTE
NON SOLO: OSPITA L'EDITORIALE DI MARCELLO MINENNA, ECONOMISTA GIÀ ASSESSORE GRILLINO: ''COME PUÒ LA UE RIFIUTARE UNA MANOVRA CHE RISPETTA I PARAMETRI DI MAASTRICHT?''
MANOVRA, IL WALL STREET JOURNAL: "I MANDARINI UE LASCINO CRESCERE L'ITALIA"
“I mandarini di Bruxelles hanno scelto di fare la battaglia sbagliata contro Roma”. A sorpresa il governo italiano, boccito da Bruxelles, incassa la promozione del Wall Street Journal. In un editoriale del 23 ottobre scorso, infatti, il giornale americano critica l'operato dell'Europa.
“Se Bruxelles vuole veramente vincere una battaglia sul bilancio - spiega l'editorialista - dovrebbe preoccuparsi meno di dubbiosi target di bilancio e più delle politiche che aiutano l’Italia a crescere”.
Già, perché non solo sarebbe gravissimo secondo il Wsj che all'Italia venisse imposta una sanzione pari allo 0,2% del pil, ma anche che fosse costretta a rinunciare alla flat tax pro-crescita. “In ambedue i casi, Roma potrebbe dire con ragione che i burocrati non eletti di Bruxelles stanno fermando la volontà degli elettori italiani’ aggiunge il Wall Street Journal, secondo il quale “merita” sostegno la flat-tax proposta dal vicepremier Matteo Salvini: ”Nessuno alla Commissione Europea sembra in grado di distinguere fra tagli delle tasse che aumentano gli incentivi alla crescita e spesa che non lo fa”.
Secondo il Wall Street Jorunal, “c’è poco di nuovo nella battaglia sul budget che mette in subbuglio Roma, ma quando questo ha mai fermato la Commissione europea?”. “I mandarini di Bruxelles”, continua l’editoriale, “martedì hanno fatto una richiesta senza precedenti all’Italia: riscrivere il suo cattivo budget in linea con i cattivi principi fiscali di Bruxelles”.
Ma le critiche alla commissione Ue non significano che la manovra sia stata interamente promossa: “Altri governi europei e i loro contribuenti, e investitori, hanno ragione di essere preoccupati da alcuni parti del piano italiano. Decine di miliardi di euro in nuova spesa sono destinati a elemosine per il welfare e lavori pubblici che l’Italia non può portare a termine senza sprechi e corruzione. Nessuna di queste misure stimolerà la crescita economica“. Ma al tempo stesso appunto, si salva la parte che riguarda la flat-tax: “Altre parti del budget italiano meritano supporto”.
DIETRO LA DISPUTA TRA BRUXELLES E ROMA. COME PUÒ LA UE RIFIUTARE UNA MANOVRA CHE RISPETTA I PARAMETRI DI MAASTRICHT?
L'editoriale di Marcello Minenna pubblicato il 23 ottobre 2018 sul ''Wall Street Journal'' e tradotto da http://vocidallestero.it/
La resa dei conti tra Roma e Bruxelles occupa da settimane i media europei e gli investitori. Il nuovo governo italiano, composto da partiti politici particolarmente ribelli, ha proposto un deficit di bilancio pari al 2,4 percento del PIL per il prossimo anno. Martedì la Commissione Europea ha dichiarato che questa cifra è troppo elevata e ha dato all’Italia tre settimane di tempo per proporre una revisione della bozza di bilancio. Tuttavia, il 2,4 percento è ben sotto il limite del 3 per cento stabilito dal Trattato di Maastricht. Perché Bruxelles impone a Roma un limite così stretto?
La risposta è che i burocrati dell’Unione Europea hanno cambiato il modo in cui valutano i bilanci degli stati membri, e la nuova formula è fortemente fuorviante.
La crisi dei debiti sovrani iniziata nel 2010 ha spinto Bruxelles a rivedere i criteri di Maastricht, in base all’idea che un limite fisso di deficit al 3 per cento e di debito al 60 per cento possa permettere un eccessivo margine di manovra durante i boom economici e uno troppo esiguo durante le recessioni. Dal 2011 la Commissione ha considerato invece il budget di bilancio “strutturale”, che esclude le voci “uniche” come le politiche per reagire ai disastri naturali e le cosiddette componenti cicliche del bilancio pubblico – questo include sia la tendenza all’aumento della spesa sociale durante le recessioni che gli aumenti del gettito fiscale durante i boom.
Bruxelles può allora stabilire obiettivi specifici per i singoli paesi e imporre piani che i governi nazionali sono tenuti a seguire. Per l’Italia, quest’anno la Commissione ha chiesto una riduzione della parte di deficit strutturale pari allo 0,6 percento del PIL. Il bilancio consegnato dal governo italiano riporta invece un aumento (anziché una riduzione) del deficit strutturale pari allo 0,8 percento del PIL. Questa differenza – “una deviazione significativa dal percorso di aggiustamento”, come viene definita nel gergo degli eurocrati – è la fonte dell’attuale controversia.
Quello che la Commissione non vuole ammettere è che l’intero metodo poggia su congetture. Per calcolare il deficit “strutturale”, si deve prima definire quanta parte del deficit dipende da fattori ciclici. E per capire in che punto del ciclo economico si trovi un paese, nella pratica, è necessario stimare l’“output gap”, cioè la differenza tra il PIL effettivo e quello potenziale. Quest’ultimo è una stima del prodotto che un’economia potrebbe raggiungere in condizioni di piena occupazione, di pieno utilizzo dei capitali, ma senza provocare pressioni inflazionistiche. L’entità dell’output gap è una stima piuttosto importante nel momento in cui la Commissione stabilisce degli obiettivi fiscali.
La stima di questo output gap è la vera fonte della divergenza tra Roma e Bruxelles, e sono le stime di Bruxelles ad avere poco senso. La previsione fatta dalla Commissione prevede un output gap positivo dello 0,5 percento per il 2019. In altre parole, Bruxelles ritiene che l’Italia il prossimo anno avrà una produzione dello 0,5 percento più elevata rispetto a quanto possibile in una condizione di piena occupazione(condizione che l'Italia sicuramente non si verificherà nel 2019, pertanto l'ipotesi di partenza non è realistica! ) e pieno utilizzo dei capitali [ma senza pressioni inflazionistiche, NdT]. Pertanto, la Commissione ritiene che Roma oggi debba ridurre il deficit.
Tutto questo è ottimistico, per usare un eufemismo. Bruxelles ritiene che l’Italia produrrà al di sopra del suo potenziale, nonostante il suo tasso di disoccupazione sia a doppia cifra da anni. La stima fatta dalla Commissione su un output gap positivo dell’Italia il prossimo anno è quasi pari alla stessa stima fatta per la Germania (0,6 percento), ma la Germania sta avendo un tasso di crescita economica annuale attorno al 2 per cento e un tasso di disoccupazione inferiore al 4 per cento.
Roma ritiene che il PIL del prossimo anno sarà invece dell’1,2 percento inferiore (anziché superiore) alla sua produzione potenziale. Altri economisti ritengono che l’output gap sia addirittura più vicino a un valore negativo del 4 o 5 per cento.
Il problema sta nel metodo che la Commissione usa per stimare variabili cruciali per il calcolo dell’output gap, come la produttività e, soprattutto, il “tasso di disoccupazione a salari stabili” [“non accelerating wage rate of unemployment”], o NAWRU. Questo è il presunto tasso di disoccupazione di equilibrio, tale da non generare pressioni al rialzo sui salari. Maggiore è il divario tra il tasso di disoccupazione effettivo e il NAWRU, maggiore sarà l’output gap.
Bruxelles sta stimando una crescita economica potenziale quasi certamente troppo bassa, quando stima il suo NAWRU. La stima del NAWRU per l’Italia nel 2018 è di una disoccupazione al 9,9 percento, ovvero neanche l’1 per cento inferiore al tasso di disoccupazione effettivo – il che suggerirebbe che l’Italia non abbia alcuna speranza di ridurre il tasso di disoccupazione al di sotto di quel livello (comunque elevato) senza andare incontro a un significativo aumento di inflazione.
Roma usa stime diverse per calcolare l’output gap, più in linea con le caratteristiche particolari del mercato del lavoro italiano. Sebbene non abbia divulgato pubblicamente la sua stima del NAWRU, essa è probabilmente attorno all’8,5 percento. Bruxelles in passato ha ammesso che le stime fatte dall’Italia sul proprio output gap potrebbero essere più precise, il che sarebbe un buon argomento per concedere a Roma una maggiore flessibilità fiscale, anche sotto le regole di bilancio della stessa Commissione Europea.
La grande questione è che nessuno di questi modelli tiene adeguatamente conto della carenza di investimenti, dei ritardi nella produttività, e di un insieme di altri fattori che influenzano la salute economica complessiva dell’Italia, salute economica che a sua volta determina il gettito e il bilancio fiscale. Non è chiaro se il nuovo governo italiano abbia dei piani efficaci per migliorare tutti questi fattori, e se aumentare la spesa in recessione sarà davvero di aiuto. Ma è sicuro che la lotta che si prepara sul deficit di bilancio si riduce alla fine a una spettacolare disputa su modelli econometrici di dubbia esattezza.
Fonte: qui
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