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Nel mese di agosto nessuno se lo sarebbe aspettato, ma i mercati dell’energia sembrano impazziti. Gas ed elettricità in Europa non sono mai stati così cari nel periodo estivo. E ancora più impressionante è il rally della CO2, o meglio dei diritti per l’emissione di anidride carbonica, balzati ieri sopra 20 euro per tonnellata per la prima volta da dieci anni.Il prezzo dei «permessi» scambiati attraverso l’Emissions Trading Scheme dell’Unione europea (Eu-Ets) è aumentato di circa il 40% negli ultimi due mesi, più che raddoppiati dall’inizio anno e addirittura quadruplicati rispetto ai livelli a cui erano rimasti a lungo inchiodati, fino a metà del 2017.
Il risveglio del mercato è una buona notizia, almeno in teoria.
Se inquinare costa troppo poco, non c’è nessun incentivo a perseguire una maggiore efficienza energetica, né ad abbandonare il carbone a favore di fonti più pulite. Proprio a questo doveva servire il mercato Ets, che coinvolge obbligatoriamente circa 12mila imprese del Vecchio continente.
Se inquinare costa troppo poco, non c’è nessun incentivo a perseguire una maggiore efficienza energetica, né ad abbandonare il carbone a favore di fonti più pulite. Proprio a questo doveva servire il mercato Ets, che coinvolge obbligatoriamente circa 12mila imprese del Vecchio continente.
Ma il meccanismo, anche a causa della crisi economica, si era inceppato: con troppi permessi in circolazione rispetto alle esigenze i prezzi erano diventati irrisori.Il rally degli ultimi mesi è in buona parte frutto della riforma del sistema, approvata a febbraio dall’Europarlamento e in vigore dal prossimo anno, che ridurrà drasticamente il numero dei diritti di emissione.
Da un surplus pari a oltre 2 miliardi di tonnellate di CO2, prevede Carbon Tracker, si potrebbe arrivare nei prossimi 5 anni ad un deficit cumulativo di ben 1,4 milioni di tonnellate. Centrale sarà il Market Stability Reserve (Msr), che tra il 2019 e il 2023 ritirerà ogni anno il 24% delle quote eccedenti o inutilizzate.Carbon Tracker – che con il report pubblicato lunedì ha probabilmente alimentato la speculazione sul mercato – ritiene che il prezzo dell’anidride carbonica continuerà a correre, raggiungendo 25 €/tonn a fine anno e attestandosi su una media di 35-40 € (con punte fino a 50 €) nei prossimi tre anni, anche se – avverte – la traiettoria potrebbe cambiare.Tra le incognite ci son gli orientamenti politici. Il phase out forzato del carbone da parte di un numero crescente di Paesi potrebbe rendere superflua la necessità di un segnale di prezzo “forte” sui mercato Ets.
Viceversa in caso di rincari eccessivi dei diritti per la CO2 – ad esempio se il prezzo restasse per per oltre due mesi sopra 50 €, suggerisce Carbon Tracker – è probabile che da parte delle imprese emergerebbero «pressioni per ottenere misure compensative».Una variabile importante sono anche i prezzi delle materie prime energetiche, il cui andamento potrebbe rimescolare le carte del gioco con esiti imprevedibili.
In parte questo sta già accadendo. Il prezzo del carbone è elevato: a luglio aveva addirittura superato 100 dollari per tonnellata (cif Ara), un record da 6 anni, e tuttora supera 90 $, dopo l’ondata di caldo torrido che ha investito l’Europa, facendo impennare i consumi di elettricità.Il prezzo del gas sta però correndo ancora più veloce, ostacolando il cosiddetto «switch» dal carbone nella generazione elettrica (il gas, che inquina la metà del carbone, sarà cruciale come combustibile ponte verso il traguardo della completa decarbonizzazione).
In parte questo sta già accadendo. Il prezzo del carbone è elevato: a luglio aveva addirittura superato 100 dollari per tonnellata (cif Ara), un record da 6 anni, e tuttora supera 90 $, dopo l’ondata di caldo torrido che ha investito l’Europa, facendo impennare i consumi di elettricità.Il prezzo del gas sta però correndo ancora più veloce, ostacolando il cosiddetto «switch» dal carbone nella generazione elettrica (il gas, che inquina la metà del carbone, sarà cruciale come combustibile ponte verso il traguardo della completa decarbonizzazione).
Sui principali hub europei, compreso il Punto di scambio virtuale (Pvs) in Italia, oggi il gas scambia a più di 25 €/MWh: livelli da primato in piena estate, con gli impianti di riscaldamento spenti.
Tra le cause – oltre alla forte domanda cinese, che dirotta altrove il Gnl – c’è ancora una volta il caldo, che ha ridotto la disponibilità di energia idroelettrica e ha costretto la Francia a spegnere reattori nucleari, perché scarseggia l’acqua per il raffreddamento.
Anche le manutenzioni su importanti gasdotti (tra cui il Nord Stream) hanno contribuito alle tensioni di prezzo.In uno scenario così anche i prezzi all’ingrosso dell’energia elettrica sono ovviamente alle stelle, in una spirale rialzista che nei prossimi mesi rischia di tradursi in nuovi pesanti rincari in bolletta.
Per le utilities è viceversa un sollievo, visti i rincari dei combustibili.
Quanto alla CO2, in parte è proprio il settore elettrico ad alimentare i rialzi, attraverso operazioni di hedging che per qualche operatore sono state imponenti: la tedesca Rwe – che brucia molto carbone – si è «coperta» fino al 2022.
Fonte: qui
Quanto alla CO2, in parte è proprio il settore elettrico ad alimentare i rialzi, attraverso operazioni di hedging che per qualche operatore sono state imponenti: la tedesca Rwe – che brucia molto carbone – si è «coperta» fino al 2022.
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