9 dicembre forconi: Minacce di morte alla Meloni su Facebook

venerdì 8 giugno 2018

Minacce di morte alla Meloni su Facebook

In un italiano scorretto, ma comunque minatorio, la leader di Fdi Giorgia Meloni, impegnata a Viterbo in un'iniziativa elettorale, ha trovato fra i commenti alla sua diretta Facebook un messaggio firmato "Mahamoud Soliman": "Stai a tenta non ti sparano", accompagnato da una "faccina" arrabbiata. "Secondo voi mi devo preoccupare?", scrive Meloni sul suo profilo, postando lo screenshot del commento.
"Gravissime le minacce di morte arrivate a Giorgia Meloni su Facebook da un profilo che sembrerebbe avere una matrice islamica. Chiediamo l'intervento immediato del ministero dell'Interno per verificare l'identità di questa persona, capire se è presente sul territorio nazionale e valutare se esistono i presupposti per una sua espulsione dall'Italia", ha dichiarato Ignazio La Russa, senatore di Fratelli d'Italia.
Giorgia Meloni
© Fotogramma Giorgia Meloni

"Intollerabile la minaccia nei confronti della nostra presidente Giorgia Meloni da parte di un immigrato musulmano residente in Italia durante la diretta facebook di un comizio elettorale a Viterbo. Tolleranza zero per chi continua a non volersi integrare con la cultura del nostro Paese", ha affermato il capogruppo di Fratelli d'Italia in Senato Stefano Bertacco.
Stando alle informazioni che risultano da Facebook, a minacciare la Meloni è stato Mahamoud Soliman, che lavora a Petrosino (provincia di Trapani) e che vive a Marsala.

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Copasir, la maggioranza prepara il blitz anti Pd: la guida a Fratelli d’Italia

L’unica cosa certa è che ci vorrà tempo, forse tutta la prossima settimana, per comporre il puzzle dei sottosegretari (20 al M5S e 15 alla Lega) dei vice ministri (5 e 3) e delle 28 poltrone dei presidenti della commissioni parlamentari. Poi ci sono le giunte e i comitati di garanzia che spettano alle minoranze. Ma in questo campo la maggioranza sarebbe in procinto di attuare un colpo di mano: l’idea è di sottrarre al Partito democratico la casella del Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti. Avendo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte trattenuto la delega sugli 007 (Aisi e Aise) ed essendo il Viminale sotto il controllo diretto della Lega, va da sé che la presidenza del Copasir spetti al principale partito di opposizione: il Pd, appunto. Ma c’è un precedente. Correva l’anno 2013 e la Lega (allora al 4%) si astenne sul voto di fiducia chiesto dal governo Letta e ottenne lo stesso la guida del Copasir con Giacomo Stucchi. E così oggi, basandosi su quel precedente, la maggioranza M5S-Lega vedrebbe volentieri al Copasir un esponente di Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni che si è astenuto sul doppio voto di fiducia chiesto da Conte.
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Nel Pd — che valuterebbe come «un fatto gravissimo» l’eventuale strappo — il candidato naturale per il Copasir è Lorenzo Guerini: «Se quel posto dovesse andare a noi ne riparliamo...», si lascia sfuggire. Ma dopo la sortita di Matteo Renzi («Chiameremo davanti al Copasir la ministra dell Difesa Elisabetta Trenta per motivi che ella sa») la partita si è complicata. Anche perché ora la Lega vuole un «vice» forte alla Difesa: il candidato è Raffaele Volpi. Sulla scacchiera dei sottosegretari, le caselle più pesanti riguardano i ministeri dei vicepremier. Al Viminale Matteo Salvini (che, visti i molteplici impegni, non avrà il tempo di restare in ufficio tutto il giorno) punta a due fedelissimi per controllare una macchina assai complessa che gira 24 ore al giorno: Stefano Candiani e Nicola Molteni. Invece è in bilico l’ascesa dell’ex sindacalista del Sap Gianni Tonelli. Ma il M5S — che schiera Fabiana Dadone e Giulia Sarti — accetterà di lasciare alla Lega la delega sul Dipartimento della pubblica sicurezza? Anche al Mise (Sviluppo Economico) e al Lavoro, il vicepremier Luigi Di Maio vuole i fedelissimi (Nunzia Catalfo e Lorenzo Fieramonti) mentre la Lega penserebbe ad Armando Siri e a Edoardo Rixi. Poi deve essere ancora sciolto il nodo della delega sulle telecomunicazioni (chiesta dalla Lega ancora alleata di Silvio Berlusconi) che Di Maio vorrebbe per sé. Agli Esteri, il ministro Enzo Moavero Milanesi potrebbe contare sull’esperienza del giornalista Emilio Carelli ma in pole position tra i grillini, oltre a Manuela Del Re, c’è il putiniano Manlio Di Stefano che è diventato famoso per la sua visita nel Venezuela del presidente Maduro. Per gli Esteri si è fatto avanti anche Ricardo Merlo (Maie).
Alla Giustizia, il Guardasigilli Alfonso Bonafede è alle prese con la nomina del capo di gabinetto (che conta più di un sottosegretario) e non ha ancora deciso sul magistrato Alessandro Pepe della corrente del giudice Davigo. Per le poltrone dei vice e del Dap (carceri) girano i nomi dei magistrati Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo. Cinzia Bonfrisco (Lega) potrebbe andare all’Agricoltura e l’ingegnere Andrea Cioffi alle Infrastrutture. Ma la partita più delicata si gioca al Mef: il ministro Giovanni Tria sta valutando con attenzione la posizione di Antonio Guglielmi (vicino alle posizioni del ministro Paolo Savona) per la poltrona di direttore generale del Tesoro. Mentre per le posizioni di vice sono in attesa i grillini Laura Castelli e Stefano Buffagni e i leghisti Claudio Borghi e Alberto Bagnai. Per la delega all’Editoria, anche se lui smentisce, c’è il senatore M5S Primo Di Nicola (ex Espresso e Fatto, già direttore del Centro di Pescara).
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