9 dicembre forconi: La mossa di Draghi che mette con le spalle al muro il governo Lega-M5S

venerdì 8 giugno 2018

La mossa di Draghi che mette con le spalle al muro il governo Lega-M5S

La Bce a breve dovrebbe annunciare la fine del Quantitative easing. Si chiude in questo modo l’ombrello protettivo che negli ultimi anni ha abbassato il costo di rifinanziamento del debito pubblico, agevolato la ripresa economica e salvato il nostro Paese dalla speculazione finanziaria

Mario Draghi

di Michael Pontrelli   -   Twitter: @micpontrelli
Per l’Italia la festa del Qe (quantitive easing) sta per finire. L’annuncio ufficiale della Banca centrale europea dovrebbe arrivare già a metà giugno o al più tardi a luglio. Una conferma importante è arrivata dalle parole del capoeconomista di Francoforte, Peter Praet. La notizia non è di poco conto per l’Italia e potrebbe complicare il lavoro del nuovo governo pentaleghista.

70 miliardi di risparmi in tre anni 


In tutti questi anni il Qe della Bce, ovvero l’acquisto massiccio di titoli di Stato della zona euro e dunque anche dell’Italia, ha contribuito a tenere bassi i tassi di interesse e dunque le spese dello Stato per il finanziamento del debito. Solamente negli ultimi 3 anni grazie a Francoforte abbiamo risparmiato più di 70 miliardi di euro.

La caduta dei tassi di interesse 


La rapida risalita

Nel grafico è possibile apprezzare il calo del rendimento del Btp a 10 anni, la scadenza più importante del mercato sulla quale si misura lo spread (differenziale) con i titoli tedeschi. 

Effetti positivi su tutto il sistema economico 

La caduta dei tassi di interesse non ha avuto effetti positivi solamente sulle casse pubbliche ma anche sulle banche, sulle imprese e sulle famiglie. Il basso costo del denaro ha favorito la ripresa degli investimenti finanziari e la ripartenza del mercato immobiliare.

Ombrello protettivo contro la speculazione

Non bisogna poi dimenticare che il Qe di Draghi è stato il potente deterrente che ha tenuto lontana la speculazione. Anche durante i concitati giorni della formazione del governo Conte, dopo il no di Mattarella a Savona, gli acquisti della Banca centrale europea hanno limitato il rialzo dello spread che in poche ore è schizzato fino a 300 punti, riaccendendo paure simili a quelle vissute nell’autunno del 2011 quando il governo Berlusconi gettò la spugna per far nascere l’esecutivo tecnico di Mario Monti.

Incertezza sulle intenzioni del governo Conte 

La rapida soluzione della crisi e il via libera a Conte ha rasserenato i mercati e lo spread è tornato sotto 250 punti. Sullo sfondo rimangono però i timori legati alle costose promesse contenute nel contratto di governo gialloverde: 125 miliardi di euro senza copertura finanziaria. Agli osservatori e ai mercati ancora non è chiaro se a prevalere sarà l’anima più moderata dell’esecutivo che non vuole strappi con l’Europa sul fronte dei conti pubblici oppure quella più estremista rappresentata dagli economisti no euro ingaggiati dalla Lega, ovvero i vari Savona, Bagnai, Borghi e Siri che da anni predicano l’uscita dell’Italia dalla moneta unica.

Il monito della Merkel  

La cancelliera tedesca Angela Merkel di fronte al Parlamento tedesco ha ribadito che “la Germania è disposta a dialogare con Roma” ma che “tutti devono rispettare le regole”. Il messaggio dunque è chiaro: i margini di trattativa ci sono ma sono molto limitati.

I rischi per l'Italia 

Se il governo pentaleghista dovesse puntare sulla linea dura e dunque sullo scontro con l’Europa senza il Qe il prezzo da pagare potrebbe essere molto duro. Spread e rendimenti dei titoli di Stato(senza l'esercizio della Sovranità monetaria) schizzerebbero inevitabilmente verso l’alto con conseguenze nefaste per l’economia italiana. A pagare non sarebbe solo lo Stato ma anche le banche, le imprese e le famiglie.

Gli effetti collaterali della crisi 

La nuova crisi sui mercati finirebbe poi per sterilizzare l’effetto positivo delle misure espansive a cui sta pensando il governo sul fronte fiscale. Aziende e famiglie pur avendo maggiori disponibilità finanziarie inevitabilmente rimanderebbero a tempi migliori le decisioni sugli investimenti e sulle spese importanti. La paura finirebbe per congelare l’economia così come accaduto durante i giorni peggiori della crisi scoppiata nel 2011.

La pressione della Bundesbank 

La decisione della Bce sullo stop al Qe non è ancora ufficiale. I più ottimisti sperano in un dietrofront proprio a causa dei rischi politici legati all’insediamento in Italia del primo governo populista nella storia dei grandi paesi europei. Questo scenario appare comunque assai improbabile. L’inflazione media europea pur non raggiungendo l’obiettivo del 2% è comunque salita e dopo anni di iniezioni massicce di liquidità sta crescendo il rischio di bolle finanziarie. Per Mario Draghi è diventato quasi impossibile resistere alle pressioni della Bundesbank e dei suoi alleati nord europei che da tempo chiedono con forza l’interruzione del Qe.

La gestibilità del debito  

Le prospettive per il nostro Paese appaiono dunque abbastanza fosche(senza l'esercizio della Sovranità monetaria) ma c’è chi va controcorrente. E’ il caso per esempio di Ken Fisher, fondatore di Fisher Investments e editorialista di importanti testate economiche come il Financial Times e il Sole 24 Ore. Sulle colonne del nostro principale quotidiano finanziario ha affermato che “all’estero, ma anche in Italia, si sbagliano. Il debito italiano è più che gestibile”. Fisher potrebbe avere anche ragione ma per il bene degli italiani sarebbe comunque meglio che il governo Conte non sfidasse i mercati e assumesse un atteggiamento più realista e prudente sul fronte dei conti pubblici. Fonte: qui

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