MA ALLA BASE DEL RINVIO DEL PROVVEDIMENTO C’È SOPRATTUTTO UN PROBLEMA DI COPERTURE E DI RAPPORTI TRA IL MINISTRO “TECNICO” DELL’ECONOMIA (IN QUOTA MATTARELLA) E I DUE LEADER POLITICI…
Lina Palmerini per www.ilsole24ore.com
Già con il suo primo decreto (fortemente voluto da Di Maio), il Governo si trova davanti alle sue spine: le risorse e la compatibilità dei due elettorati di Lega e 5 Stelle. Infatti c’è stato un rinvio del provvedimento che, anche se breve, conta per la motivazione che è proprio la difficoltà di trovare le coperture finanziarie.
Insomma, lo slittamento del Consiglio dei ministri che ieri avrebbe dovuto vararlo, avviene su un punto che è “il tema” di questo Governo: dove trovare i soldi per quelle misure fiscali che sono una parte importante del Dl dignità.
Ancora ieri il testo del decreto lasciava in sospeso le cifre ma quegli spazi in bianco sono – appunto – uno dei nodi di un Esecutivo nato su grandi impegni politici a cui non possono corrispondere altrettanti impegni finanziari. Questo comporta pure che in queste ore si va misurando il rapporto – e l’equilibrio - tra un ministro “tecnico” come Tria e i due ministri e “capi politici” Salvini e Di Maio. Da che parte si strapperà la coperta?
Al Mef si trovano quindi a dover superare il primo passaggio stretto tra le promesse scritte nel contratto di programma e il reperimento di risorse, e il modo in cui verrà gestito sarà un precedente per la partita più grande della legge di bilancio.
In ballo non c’è solo l’ansia di Luigi Di Maio di rincorrere Salvini e mettere in campo le proposte dei 5 Stelle ma c’è il ruolo del ministro dell’Economia, quale saranno i suoi spazi di manovra, i suoi possibili sì e no alle pressioni della politica.
Un conto è fare interviste in cui si rassicurano i mercati e si tiene a bada l’Europa e soprattutto lo spread, altra cosa è la dura trattativa quotidiana con i leader che spingono per finanziare le loro promesse. Il predecessore di Tria – Padoan - ne sa qualcosa visto che pure lui ha dovuto assecondare i vari bonus di Renzi di cui forse non era proprio convinto.
Ma se quella della compatibilità delle risorse è il grande rebus di questo Governo e del contratto che l’accompagna, l’altro spigolo riguarda la competizione tra i due elettorati di Lega e 5 Stelle. Anche qui il decreto dignità ne offre un assaggio. Perché l’ultimo testo che girava ieri va a colpire una base elettorale che è prevalentemente leghista, fatta cioè di imprese non solo grandi ma anche medie e piccole.
C’è la stretta sui contratti a termine, leggermente ritoccata al ribasso sui costi ma con una normativa più severa sulle causali, e c’è un giro di vite sulle delocalizzazioni e sullo staff leasing.
Un pacchetto che pesa su quel ceto produttivo, del Nord e del Centro, che guarda a Salvini e che potrebbe cominciare a dubitare della rappresentanza dei loro interessi affidata al ministro dell’Interno.
E potrebbe cominciare a misurarlo più sui provvedimenti economici che non sugli annunci anti-sbarchi. Il credito nei suoi confronti è ancora aperto, come si è visto ieri all’assemblea di Confartigianato dove si è sentito come il vento soffiasse verso la Lega più che i 5 Stelle: è stato bocciato il reddito di cittadinanza e invece ha preso applausi la flat tax. Ma questo derby tra vicepremier sarà giocato in autunno al grande tavolo della legge di bilancio.
Fonte: qui
Nessun commento:
Posta un commento