La Banca di Russia in un anno ha incrementato la quota di attività cinesi nelle sue riserve auree di 48 volte. La Turchia sta cominciando a comprare grandi quantità di grano in rubli e le società petrolifere russe stanno cambiando la valuta dei contratti da dollaro a euro.
Sputnik vi spiega le future prospettive di dedollarizzazione e del cambio del rublo.
Le riserve sono sotto sopra
Verso la fine del primo trimestre di quest'anno rispetto al 31 marzo 2017 la quota di riserve auree russe in yuan e obbligazioni cinesi è aumentata dallo 0,1% al 4,8%, quella di oro dal 16,4% al 17,2%.
Ovvero yuan e oro costituiscono quasi un quarto delle riserve auree russe. Di converso, si è ridotta dal 32,4% al 29,4% la quota di attività USA e di praticamente tutti gli altri Paesi, ad eccezione della Germania (che ha registrato una crescita dal 10,6% al 12,9%).
In tal modo, lo yuan è diventato in un solo anno la quarta valuta nelle riserve della Banca di Russia dopo il dollaro, l'euro e la sterlina, superando i dollari canadesi e australiani.
La valuta cinese ha portato alla Banca di Russia un'importante entrata: il 2,17% annuo. I dollari solo lo 0,48%. Gli investimenti in euro e sterlina si sono, invece, rivelati in perdita (rispettivamente, —0,5% e —0,23% annui).
Il volume totale di attività della Banca di Russia in valuta straniera al 31 marzo 2018 ha raggiunto i 460 miliardi di dollari registrando un aumento annuale di 57,2 miliardi, cioè di circa il 15%.
La Banca di Russia ha pubblicato un rapporto sulla struttura delle riserve auree con un ritardo di 6 mesi poiché il mercato valutario è molto sensibile a queste informazioni. Questi dati, dunque, non tengono in conto le vendite in massa di titoli di stato americani nel secondo trimestre.
Non vi sono dubbi sul fatto che al momento nelle riserve auree russe la quota di attività USA si sia ulteriormente ridotta e che quella cinese, invece, sia stata incrementata.
Avete qualcosa in mente?
Tutto lascia presagire che la Russia si stia seriamente preparando a ridurre la propria dipendenza dal dollaro. Come comunicato nella conferenza stampa del governo di ieri, tale questione è al momento al vaglio della commissione economico-finanziaria del Consiglio dei ministri. Per risolvere la questione è necessaria "in particolare la creazione di stimoli e meccanismi per la transizione delle attività commerciali verso l'estero nelle valute nazionali".
Si prevede che a metà settembre il primo ministro Dmitry Medvedev approverà definitivamente il progetto di legge per la dedollarizzazione dell'economia russa.
Come ha comunicato il presidente di Vtb Bank Andrey Kostin, "questo progetto è a lungo termine ed è volto a invertire una tendenza mondiale piuttosto che ad attuare una qualche decisione dell'ultimo minuto". Secondo Kostin il processo di riduzione della dipendenza dal dollaro americano durerà "almeno 5 anni".
Ciononostante, il Consiglio dei ministri non prevede l'introduzione di un divieto al ricorso al dollaro o altri tipi di limitazioni sulle operazioni in dollari. "Questo non è sul tavolo delle trattative", hanno osservato durante la conferenza stampa.
L'obiettivo principale della dedollarizzazione è la creazione di meccanismi che permettano all'imprenditoria di effettuare operazioni in qualsiasi valuta senza inutili perdite considerato che i principali partner commerciali della Russia sono la Cina, l'UE e i Paesi dell'Unione economica eurasiatica.
In altre parole, il governo desidera trasferire buona parte del commercio estero in operazioni in yuan, euro o rublo (quando si parla dell'Unione economica eurasiatica).
Per questo è necessario risolvere una serie di questioni tecniche: ad esempio, a livello di banca centrale va creato un meccanismo di cambio valutario liquido diretto senza aste in borsa. Comunque si stanno già compiendo i primi passi verso la dedollarizzazione.
Prestiti, petrolio, grano
Il settore più interessato dalla dedollarizzazione è quello dei prestiti internazionali. Dopo le minacce statunitensi di applicare sanzioni contro la Russia e la Turchia, in questi Paesi si emettono sempre più spesso titoli di debito nominati in yuan nelle operazioni con investitori cinesi.
Quest'estate, quando a causa delle sanzioni americane c'è stato il crollo della lira turca, Ankara ha chiesto aiuto a Pechino e ha collocato sulla Borsa di Shanghai obbligazioni turche in valuta cinese.
La Russia e la Cina si sono già accordate riguardo all'acquisto di obbligazioni russe in rubli sulla Borsa Valori di Shanghai, ma di recente le autorità di San Pietroburgo hanno reso noto il progetto di emettere obbligazioni regionali nominate in yuan e di proporle agli investitori cinesi.
© SPUTNIK . GRIGORY SYSOEV
Anche nel settore dei contratti commerciali si sta assistendo al fenomeno della dedollarizzazione. La settimana scorsa Surgutneftegas (la terza società russa per estrazione di petrolio) ha proposto alle sue controparti straniere di passare ad operazioni in euro.
Lo scorso martedì la pubblicazione turca En Son Haber ha reso noto che Ankara è intenzionata ad acquistare dalla Russia 30.000 tonnellate di grano contro pagamento di 17.000 rubli per tonnellata.
È chiaro che si tratta di una fornitura di prova: solamente negli ultimi tre mesi la Russia ha esportato in Turchia 1,2 milioni di tonnellate di grano. Una volta definiti i dettagli sulle operazioni in rubli previste da questo contratto, i due Paesi potranno poi utilizzare le loro valute nazionali in contratti commerciali dai volumi più disparati.
Secondo i sociologi a procedere con la dedollarizzazione sono pronti più di tutti i russi medi. Il sondaggio effettuato dal Russian Public Opinion Research Center (VTsIOM) rivela che due terzi (66%) dei cittadini russi hanno risparmi in rubli. Ad avere piani di accumulo in dollari è solamente un russo su venti.
"Il dollaro, prima simbolo di risparmi sicuri, ha perso questo status nell'immaginario comune dei russi", ha concluso Kirill Rodin, sociologo del VTsIOM.
Lo scetticismo nei confronti del dollaro è del tutto fondato. La riduzione della domanda negli affari con l'estero influirà negativamente sul cambio del dollaro nei prossimi mesi.
L'assenza di interesse degli investitori verso i titoli di debito statunitensi, dimostrata dalle fallimentari aste per la vendita di obbligazioni a 2, 5 e 7 anni la scorsa settimana, sta complicando non poco i problemi che già interessano il debito pubblico americano e il deficit di bilancio. Questo rende altamente probabile la prospettiva di una nuova ed estesa crisi nel Paese.
Come ha reso noto martedì la National Association for Business Economics (NABE), il 56% degli esperti interpellati prevede l'inizio di una nuova crisi nella seconda metà del 2020, il 33% nel 2021. L'11% è convinto che assisteremo a un crollo dell'economia americana già l'estate prossima.
Fonte: qui
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