L'Argentina non sta attraversando un buon momento e l'Italia potrebbe anche fargli presto compagnia se il Governo Conte non sarà prudente
Accidenti che botta l'Argentina! Certo, i Mondiali hanno reclamato altre vittime eccellenti, vedi la Germania, la Spagna o il Portogallo, ma il mesto addio di Lionel Messi alla Coppa del Mondo in corso in Russia ha in sé qualcosa di simbolico, quasi la resa di un Paese intero. E, mai come oggi, il calcio è davvero una metafora della vita. Guardate questi grafici, relativi alle giornate di giovedì e venerdì scorsi, quando ancora la nazionale albiceleste nutriva sogni di rivincita dopo il poco entusiasmante girone di qualificazione.
Cosa ci dicono: in primis, che nel giorno del primo anniversario di vita, il bond argentino a 100 anni (sì, avete letto bene, cento anni) ha toccato il minimo storico, prezzando qualcosa come 76 centesimi sul dollaro e garantendo un rendimento record del 9,3%. Tanto per dare un'idea di cosa questo significhi, basti pensare che nel giugno del 2017, l'asta da 2,75 miliardi di dollari di questa obbligazione vide una domanda pari a 3,5 volte l'offerta, tanto era l'entusiasmo per l'arrivo al governo del "liberista" Mauricio Macri. Peccato che nel frattempo il peso argentino si sia deprezzato del 40% e quella carta (non vi dico utile a fare cosa) abbia conosciuto un sobrio aumento del prezzo da pagare per essere detenuta dell'1,5%: a complicare il tutto, l'inezia rappresentata dal fatto che, in punta di cronaca, non più tardi di due settimane fa il Fmi ha dato il formale via libera a un prestito record da 50 miliardi di dollari per l'Argentina, nel frattempo svenatasi a livello di riserve proprio per cercare di frenare il crollo della propria sovranissima moneta.
Direte voi, proprio per questo non c'è problema, stando al mantra del momento, basta che la Banca centrale stampi denaro e il problema è risolto. Certo e infatti quanto questa ricetta funzioni lo dimostrano gli altri grafici, i quali ci dicono chiaramente come non solo venerdì scorso il peso abbia toccato il minimo storico di 29 sul dollaro, ma che per tentare di frenarne la caduta, in perfetto stile Bankitalia nel 1992, la Banca centrale di Buenos Aires abbia gettato letteralmente nel wc qualcosa come oltre un miliardo di dollari, ottenendo il risultato ridicolo che ci mostra l'ultimo grafico. Gioie del sovranismo! E attenzione, perché potremmo doverci abituare a questa situazione.
Ancorché la nostra nazionale abbia voluto portarsi avanti con il lavoro, evitando accuratamente di andarci proprio in Russia, il governo Lega-M5S sta lavorando alacremente per seguire l'esempio argentino: non tanto a livello monetario, avendo noi grazie al cielo l'euro (sì, l'ho detto), ma a livello di prospettiva di finire con il cappello in mano al Fmi, un qualcosa che Mario Monti ha prospettato sia ospite a Otto e mezzo su La7 che nel suo discorso dai banchi del Senato in sede di fiducia al governo, senza che si desse troppa importanza alla sua messa in guardia. E che dire delle parole di domenica di Carlo Cottarelli, relative proprio al fatto che senza il tanto vituperato due Monti-Fornero la nostra ratio debito/Pil oggi sarebbe oltre il 145%? E infine, le parole d Pier Carlo Padoan, relative al fatto che saranno prima i mercati che l'Europa a farci pagare il conto di eventuali manovre senza copertura?
Ma si sa, ormai l'unico tema che conta e di cui si parla sono i migranti (e in questo l'informazione a una responsabilità enorme, visto che dovrebbe informare la gente e non gettare ossa a cani latranti rabbia o piangenti buonismo). E vale ovunque, basti vedere l'ennesima pantomima negli Usa, con oltre 700 città americane che nel weekend hanno ospitato manifestazioni contro la politica sull'immigrazione del governo. La distrazione globale di massa prosegue. Anzi, aumenta esponenzialmente di volume. E se sono molti i fronti di fondamentale importanza geopolitica che stiamo ignorando in onore del nuovo totem delle Ong e degli sbarchi, ecco che è il tema economico a tornare prepotentemente alla ribalta.
Al netto dell'innegabile bagno di folla e dei risultati sempre più stupefacenti nei sondaggi, quante volte ha proferito la parola "flat tax" il ministro Salvini nel suo bel discorso di domenica a Pontida? E quante volte la parola "Fornero"? Nessuna nel primo caso, due volte nel secondo: un po' pochino, non vi pare? In compenso, le parole "porti", "migranti", "ong" ed "Europa" hanno registrato il tutto esaurito. Non stupisce, occorre capitalizzare prima che l'autunno porti con sé il triste dono della realtà, come già anticipato dal ministro dell'Economia: ovvero, senza coperture, addio flat tax, reddito di cittadinanza e abolizione della legge Fornero. Ma il buon sottosegretario Siri, guru economico leghista, non ha dubbi: si finanzieranno in deficit. Sicuri che ce lo lasceranno fare?
E qui, ecco che arriva il parallelo con l'Argentina. È inutile che vi riproponga per l'ennesima volta i grafici e le cifre relative alle dinamiche di servizio del debito che il nostro Paese dovrà affrontare quando sarà finito il Qe della Bce, tanto che - come vi dicevo la scorsa settimana - l'Eurotower stessa sta pensando di replicare quanto fatto dalla Fed nel 2011 con Operation Twist, ovvero sostituire i bond a breve termine in detenzione con carta a scadenza più lunga, in modo da garantire una continuazione della compressione dei tassi anche una volta che il programma di stimolo sarà terminato. Ora, guardate questi grafici, non a caso contenuti in un allarmistico report pubblicato domenica da Deutsche Bank, la quale ha tutto l'interesse in questo momento a sviare l'attenzione dei mercati dalle proprie rogne e da quelle del governo di Angela Merkel, casualmente proprio legate queste ultime allo strumentale tema dei migranti.
Cosa ci dicono quei grafici? Che nel mese di maggio i conti italiani legati a Target2 hanno conosciuto un significativo deterioramento, qualcosa nell'ordine dei 40 miliardi di euro, cifra che non si registrava dal marzo 2012. Il secondo grafico, però, ci mostra che al netto di questa dinamica, le banche italiane non hanno registrato in quel periodo significative fughe di capitali, con il calo dei depositi interni nell'ordine dei 2,8 miliardi a fronte di un totale di 1,1 triliardi di euro e ben all'interno del normale range di volatilità mensile.
A cos'è dovuto quel deterioramento negli equilibri di conto di Target2? Prova a spiegarcelo il terzo grafico, il quale ci mostra come proprio nel mese di maggio si sia registrato il volume record da sempre di acquisti di Btp da parte delle banche italiane. Ora, unite le tre dinamiche (peggioramento di Target2, pressoché assente fuga di capitale dai conti e forte aumento di detenzioni di bond sovrani da parte delle banche) e la soluzione dell'enigma pare servita: le riserve in eccesso dei nostri istituti di credito sono state utilizzate come arma supplementare agli acquisti pro quota del Qe per tenere a galla lo spread, acquistando i titoli che i detentori esteri hanno venduto durante il periodo di volatilità da incertezza politica di maggio.
Ora, la questione è duplice. E in nessuna delle due ipotesi di studio c'è da stare allegri. Anzi. Primo, se con il Qe ancora attivo, il Tesoro ha bisogno che le banche divengano soggetto attivo sul mercato secondario, siamo alla canna del gas e la fine del Qe potrebbe rappresentare l'anticamera della presentazione in tribunale dei libri dell'azienda Italia. Tanto più che, in un loop perverso, se le banche usano quanto accantonato dopo anni di tassi a zero e operazioni espansive pressoché di ogni genere per comprare debito pubblico, ovviamente saranno ancora meno in grado e meno portate a prestare denaro a famiglie e imprese: quindi, se anche lo spread non ci ammazzerà, lo farà il tasso di crescita che aggraverà le necessità di bilancio, imporrà sempre nuove manovre correttive e quindi un aumento delle tasse, se si vuole tamponare l'emorragia. Altro che flat tax e reddito di cittadinanza!
Seconda ipotesi, fantasiosa quanto inquietante. Una certa vulgata vorrebbe gli Stati Uniti dietro al ritorno alla calma del nostro spread nei giorni caldi di maggio, ovvero il calo degli acquisti pro-quota da parte della Bce sarebbe stato controbilanciato da acquisti miliardari di fondi Usa su mandato Fed, magari proprio in modalità primary dealers. Quindi, per molti quegli acquisti da parte delle nostre banche sarebbero la prova che Washington sta operando come acquirente di prima e ultima istanza, come backstop, a favore del nostro debito, chiaramente in chiave anti-tedesca, motivazione che spiegherebbe il feeling a pelle immediatamente scattato fra Donald Trump e Giuseppe Conte al G7. Insomma, siamo il proxy della guerra degli Usa contro la Germania intesa come architrave di un'Europa che Washington vuole prima disgregare alle fondamenta e poi ricostruire a proprio vantaggio, geopoliticamente e finanziariamente.
Se anche fosse così - il che implicherebbe l'esistenza di swap-lines fra la Fed e le banche italiane, un qualcosa di cui immagino a Francoforte si sarebbe accorti oppure il fatto che Bannon o Bolton siano arrivati in Italia con sacchi di iuta pieni di contanti da dividere fra i vari istituti di credito -, cosa c'è da essere felici e soddisfatti? Per caso quel debito andrà contabilizzato nel bilancio Fed o in quello delle nostre banche, già schiacciate dal peso degli Npl che stiamo letteralmente svendendo proprio ai fondi locusta di Oltreoceano? Volete dirmi che la Fed, in pieno deleverage del proprio bilancio ingrossato a dismisura per gli acquisti degli scorsi anni, sta finanziando acquisti di debito sovrano italiano, sperando che gli altri partner - francesi in testa, i cui istituti scoppiano di Btp - non se ne accorgano e non abbiano nulla da ridire al riguardo? E poi, in ultima istanza, voi vi sentireste tranquilli nel sapere che dietro la stabilità relativa del nostro servizio del debito e del nostro spread c'è uno come Donald Trump, capace per interesse di parte di cambiare idea e alleato cinque volte al giorno, fra un tweet e l'altro?
Attenzione, perché io pensavo che questo governo fosse pericoloso per il suo carattere di dilettantismo allo sbaraglio. Qui, invece, siamo all'irresponsabilità che rasenta il suicidio volontario in ossequio al potere e al suo mantenimento. C'è da sperare, paradossalmente, che davvero Padoan abbia ragione, ovvero che i mercati ci mandino un segnale molto chiaro e in fretta. Prima che sia troppo tardi e il danno diventi irreparabile. Stile Argentina, per capirci.
Fonte: qui
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