Un italiano di 59 anni, incensurato, è indagato «per lesioni gravi» per aver sparato dal balcone il colpo che ha ferito C., una bimba rom di 13 mesi la scorsa settimana alla periferia est di Roma. L'uomo è stato a lungo interrogato lunedì e ha confermato le accuse dicendo che «si è trattato di un incidente». Nel suo appartamento, dal quale è partito il colpo che ha ferito la piccola, gli inquirenti hanno trovato una carabina e una pistola ad aria compressa che sono state sequestrate.
La bimba è stata raggiunta alla schiena — il pallino entrato nella scapola destra è arrivato vicino al cuore — da un colpo d'arma da fuoco mentre era in braccio alla madre il 18 luglio scorso. Per il momento si esclude il movente razziale, mentre la pm Roberta Capponi e il procuratore aggiunto Nunzia D’Elia, che coordinano le indagini, hanno disposto delle perizie sulle armi sequestrate e analisi balistiche utili a comprendere l’esatta dinamica del ferimento.
Il colpo sarebbe stato esploso dal terrazzino dell'abitazione dell'indagato, nella zona di viale Palmiro Togliatti. L'uomo si sarebbe difeso affermando che «il colpo è partito inavvertitamente» dalla pistola che «si era inceppata» e stava cercando di far funzionare e che non aveva alcuna intenzione di ferire qualcuno: «Non mi sono accorto di aver ferito la bimba», ha detto l'uomo ai carabinieri della compagnia Casilina che indagano su quanto accaduto. La Procura disporrà una perizia sulle armi e consulenze balistica. La piccola è ricoverata condizioni stabili ma tuttora gravi all'Ospedale Bambino Gesù: rischia di restare paralizzata.
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A SPARARE SULLA BIMBA ROM A TORRE SPACCATA E’ STATO UN EX DIPENDENTE DEL SENATO
DUBBI SUL COLPO "PARTITO PER SBAGLIO"
ALTA TENSIONE NEL QUARTIERE PER IL PARCO "SEQUESTRATO DAI ROM", I RESIDENTI: "C'È TROPPO DEGRADO, LEI FAREBBE GIOCARE SUA FIGLIA QUI?"
Giuseppe Scarpa per la Repubblica- Roma
«Il colpo è partito per sbaglio, non avrei mai voluto colpire la bambina. Non sono un razzista, sono un padre di famiglia» Dice di essere disperato Marco Arezio, 59 anni, ex dipendente di Palazzo Madama, adesso pensionato, indagato per lesioni gravi. Lo scricciolo di 13 mesi colpito dal pallino, non è più in pericolo di vita.
Il piombino esploso accidentalmente dal fucile ad aria compressa, dal terrazzo del suo appartamento al settimo piano, si è conficcato nella scapola destra della piccola e ha terminato la sua folle corsa vicino al cuore. È viva per miracolo ed è ricoverata al Bambino Gesù. Rischia però danni fisici irreversibili, una vertebra è stata lesionata.
Al pianterreno dello stesso complesso in cui vive Arezio - in via Mario Lizzani nel quartiere di Torre Spaccata, periferia est della Capitale - una condomina arrabbiatissima, rivolta ai giornalisti, dice «venite solo adesso?». «Povera piccola. Ma qui le cose vanno male». E indica un parchetto: «La pineta della discordia», aggiunge un altro condomino. «Io dal mio appartamento non mi ci affaccio più per la rabbia», incalza un altro.
È un fazzoletto di terra con una decina di pini, un' altalena, dei cavalli a dondolo e uno scivolo, che divide il complesso in cui vive l' ex dipendente del Parlamento da via Palmiro Togliatti. Alle 13 un gruppo di rom bivacca all' ombra di un paio di alberi. In terra bottiglie di birra, lattine, fazzoletti sporchi che svolazzano. Dal gruppo si stacca la nonna della bimba e racconta, con una zia, quello che è accaduto alla nipote la settimana scorsa. «Pensavamo fosse una scheggia di vetro fatta schizzare da un' auto di passaggio. E invece le hanno sparato. Proprio lì». Ed indica uno squarcio, nella recinzione del parchetto, che porta direttamente sulla Togliatti.
C' è tensione, comunque, nella zona. E ad ammetterlo sono gli stessi rom. «Ogni tanto si affaccia una signora dal terrazzino e ci urla: zingari andate via». All' uscita della pineta c' è un uomo che, con un camioncino, in viale dei Romanisti, vende frutta e verdura: «Sono stato tra i primi a soccorrere la bimba. Ho chiamato anche io il 118. Non va bene quello che è successo, ingiustificabile.
Tuttavia qui c' è troppo degrado, lei farebbe giocare sua figlia qui?».
Intanto nel palazzo entrano i carabinieri del nucleo investigativo di via In Selci.
Bussano alle porte degli inquilini.
Vogliono capire se qualcuno ha visto Arezio col fucile in mano.
Capire, insomma, se l' ipotesi del colpo accidentale è veritiera o meno.
Gli investigatori vanno via e la signora che abita nell' appartamento, al sesto piano, sotto quello di Marco Arezio, si confronta con un altro condomino, «io ero in vacanza ma è stato davvero lui?» esclama sorpresa. Poi chiude la porta dietro di sé e i due continuano a parlare. Il dirimpettaio dell' ex dipendente del Senato, lo definisce «una brava persona».
Stessa opinione di un altro residente. Nel frattempo il campanello di casa Arezio suona all' infinito. Qualcuno lo cerca, ma lui non c' è. Il 59enne arriva a casa verso le 15,30, capelli brizzolati, viso tiratissimo e testa bassa. Si chiude in casa, aprirà solo ai carabinieri che, per una decina di minuti, lo risentiranno per l' ennesima volta.
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