In attesa delle elezioni di Midterm, che si terranno in novembre, il presidente americano Donald Trump mette sul tavolo un altro asso. E promette altri tagli alle tasse dopo la sforbiciata da 1,5 miliardi firmata lo scorso dicembre. Lo riporta Marketwatch (gruppo Wall Street Journal), secondo cui ieri sera Trump ha detto che la sua amministrazione "presenterà ulteriori tagli alle tasse prima di novembre", aggiungendo poi: "Sarà qualcosa di molto speciale".
Ieri il presidente non ha fornito dettagli sui nuovi tagli alle tasse, ma ha detto di aver programmato di incontrare il repubblicano Kevin Brady, presidente del House Ways and Means Committee, il gruppo che ha il compito di redigere la legislazione fiscale. La mossa non giunge a caso perché nella prima settimana di novembre sono previste le elezioni di metà mandato, il Midterm, col il rinnovo di parte delle cariche.
Dal punto di vista storico (alternanza Repubblicani-Democratici) e in base ai recenti sondaggi sull'apprezzamento di Trump da parte degli americani, la Camera Usa rischia di passare ai democratici. E il Senato può trovarsi in bilico, mentre oggi entrambi gli organi sono in mano ai Repubblicani, fatto non usuale. Marketwatch ricorda che un sondaggio realizzato lo scorso mese ha rilevato che i tagli fiscali già entrati in vigore rimangono impopolari, con solo il 27% degli intervistati che afferma di essere una buona idea.
Giovanna Mossetti, economista di Intesa Sanpaolo, in un focus appena pubblicato sugli Stati Uniti, riporta i dati del Congressional Budget Office sulla riforma tributaria e la recente legge di spesa, che hanno peggiorato il quadro fiscale dell'economia americana. Hanno determinato un allargamento del deficit e un rialzo del debito, senza modificare in modo permanente la crescita potenziale. Lo scenario prevede un’accelerazione della crescita Usa nel 2018-19 (intorno al 2,8% medio) ma un successivo rallentamento, particolarmente significativo alla scadenza delle misure transitorie delle nuove leggi fiscali, con un’attesa della crescita media nel 2021-22 all’1,5% e nel quinquennio 2023-28 all’1,7%.
Sempre che nel frattempo non si sia concretizzata una vera guerra commerciale fra Usa e Cina. Oggi, secondo i dati del Wto, i dazi medi sono del 3,5% negli Usa, del 9,9% in Cina e del 4,4% nell'Ue. In caso di barriere all'entrata come annunciate da Trump, i dazi sarebbero in aumento del 27% per gli esportatori americani, del 36% per quelli cinesi, del 32% per quelli europei. Il Wto stima che un aumento delle barriere del 10% su tutte le importazioni americane abbia una ritorsione analoga dai partner commerciali che ridurrebbe la crescita Usa del 2,5% e quella mondiale dell’1% secco.
Sul fronte fiscale, spiega Mossetti, "il deficit è visto a 800 miliardi di dollari, ovvero il 4,2% del pil nel 2018 e in rialzo costante con un picco in percentuale del prodotto interno lordo a toccare il 5,1% nel 2022”. Il rapporto debito/pil degli Usa allo stato attuale (quindi senza altri tagli fiscali) dovrebbe crescere costantemente, avvicinandosi al 96% nel 2028 dal 76% previsto per fine 2018, sui massimi dal 1946. Nel caso in cui gran parte delle misure transitorie fosse estesa alla scadenza, il deficit/Pil sarebbe in media al 6% nel 2018-28 e il debito/Pil arriverebbe a 105% nel 2028.
E sempre il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sta ragionando in queste ore su alcune misure per tagliare le esportazioni di acciaio e di alluminio dell'Unione europea verso gli Stati Uniti di circa il 10%, segnale del fatto che le concessioni del Vecchio Continente per assicurarsi l'esenzione dai dazi non soddisfano le richieste della Casa Bianca.
E' quanto hanno detto funzionari dell'Ue a conoscenza dei colloqui. "Abbiamo l'impressione che in qualche modo vogliano limitare le importazioni di acciaio verso gli Stati Uniti" e anche quelle di alluminio, ha affermato la Commissaria europea per il Commercio, Cecilia Malmstrom, secondo la quale l'esenzione per i dazi concessa dall'amministrazione Trump all'Ue non dovrebbe essere prolungata alla sua scadenza il primo giugno. Inoltre, sempre in tema commerciale, il presidente americano ha puntualizzato che un accordo tra Stati Uniti e Cina ancora "non è stato raggiunto" su Zte, che potrebbe subire una multa "di oltre un miliardo di dollari", magari "fino a 1,3 miliardi".
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La guerra dei dazi manda in rosso l'Asia. Dodd-Frank semi smantellata
Riemergono le tensioni Usa-Cina, con Zte che teme perdite per 2,6 mld di euro e la Corea del Nord che si defila dal meeting di giugno. Risale lo yen, in pausa il petrolio. La Camera approva le modifiche alla storica legge varata dopo la crisi del 2008 sollevando le banche regionali dai controlli. Trump cerca di sfuggire a Mueller
Asia in difficoltà. Il Nikkei perde l'1,14% oggi alle ore 7:40 italiane, in rosso anche l'Hang Seng per lo 0,98% e Shanghai cede lo 0,87%. I mercati sono appesantiti dalla nuova incertezza sulle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina e la possibilità che il vertice tra il presidente Donald Trump e il leader nordcoreano Kim Jong Un possa essere ritardato. Il meeting dovrebbe aver luogo il 12 giugno a Singapore.
Oro in debolezza anche oggi a 1.296,3 dollari l'oncia (-0,08%), petrolio Wti americano in calo dello 0,21% a 72,09 dollari il barile, ma su livelli record negli ultimi quattro anni, valute contrastate. L'euro, dopo essere salito ieri durante la sessione di Wall Street a 1,18, è scivolato in Asia a 1,1767 (-0,11%), mentre lo yen ha guadagnato lo 0,37% a 110,4 sul biglietto verde.
Oro in debolezza anche oggi a 1.296,3 dollari l'oncia (-0,08%), petrolio Wti americano in calo dello 0,21% a 72,09 dollari il barile, ma su livelli record negli ultimi quattro anni, valute contrastate. L'euro, dopo essere salito ieri durante la sessione di Wall Street a 1,18, è scivolato in Asia a 1,1767 (-0,11%), mentre lo yen ha guadagnato lo 0,37% a 110,4 sul biglietto verde.
Il colosso delle telecomunicazioni cinese, Zte, teme perdite per venti miliardi di yuan (2,6 miliardi di euro) a causa del bando imposto da Washington sulle forniture di componenti e software emesso il mese scorso dal Dipartimento del Commercio guidato da Wilbur Ross. Lo rivelano fonti anonime a conoscenza delle trattative all'agenzia Bloomberg, secondo cui Zte conta di ottenere un accordo presto e di riprendere l'attività negli stabilimenti inattivi a distanza di poche ore dall'eliminazione del bando emesso il mese scorso sulle accuse di esportazioni illegali di tecnologia verso l'Iran e la Corea del Nord.
Ieri il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha dichiarato che un accordo per salvare Zte, il gigante delle telecomunicazioni di Shenzhen, nel sud-est della Cina, non era ancora stato raggiunto. Trump ha poi spiegato che Zte potrebbe incorrere in una multa di 1,3 miliardi di dollari, essere soggetta a un cambiamento del proprio management fino ai più alti livelli e a un aumento delle regole di sicurezza, e a dovere acquistare una larga parte delle proprie forniture da gruppi statunitensi.
Intanto negli Usa c'è stato lo storico via libera sulla modifica alla legge Dodd-Frank, da parte della Camera dei Rappresentanti, ovvero la revoca della stretta regolatoria sulle banche varata all'indomani della grande crisi di Wall Street nel 2008. Il provvedimento, approvato con 259 voti a favore e 159 contrari (di cui un solo repubblicano), andrà ora sul tavolo del presidente Donald Trump che è pronto a firmarla.
La norma, seppure non smantelli completamente la legge Dodd-Frank approvata dal Congresso controllato dai democratici nel 2008, contiene allentamenti significativi proprio come chiesto dalla banche e dagli istituti di credito. La misura, che era stata approvata dal Senato lo scorso marzo, svincola dozzine di banche regionali Usa dagli stretti obblighi di supervisione della Federal Reserve che erano stati introdotti e che però restano in piedi per gli istituti più grandi come previsto dalla Dodd-Frank.
E il team legale del presidente americano Donald Trump è al lavoro per cercare di restringere l'ambito della possibile testimonianza che l'inquilino della Casa Bianca potrebbe dare davanti al procuratore speciale Robert Mueller, titolare dell'inchiesta relativa alle ingerenze del Cremlino durante la campagna elettorale presidenziale del 2016.
Secondo le fonti sentite dalla Cnn, i legali di Trump starebbero cercando non solo di far concludere le indagini, ma anche di trovare un modo per spingere Mueller a limitare o eliminare le domande che il procuratore speciale potrebbe avanzare sulla condotta del presidente dopo la vittoria elettorale. "Vogliamo che le domande siano limitate alle collusioni russe", ha detto una delle fonti alla televisione americana. In particolare, si tratterebbe di evitare di prendere in esame l'ipotesi di ostruzione della giustizia.
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