Caos dati e polemiche in Lombardia
Sottosegretario per gli Affari regionali: 'Governo pronto a trattativa'. Maroni: 'In Lombardia oltre 40% affluenza
Ansa - Vittoria del sì ai referendum per l'autonomia in Lombardia e Veneto. Un risultato che fa esultare la Lega Nord, nonostante i dati evidenzino una netta affermazione nella regione guidata da Luca Zaia rispetto alla Lombardia presieduta da Roberto Maroni, e da sempre 'cuore' del Carroccio (60% contro 40% sull'affluenza), L'affermazione dei sì rinsalda anche l'asse con Forza Italia e rafforza l'idea di Silvio Berlusconi che un centrodestra unito possa avere chance di vittoria. Un percorso però da costruire vista la contrarietà di Giorgia Meloni alla consultazione popolare appena conclusa. Esulta anche il Movimento Cinque Stelle da sempre sostenitore della democrazia diretta. Sul piede di guerra invece il Partito Democratico.
In Veneto infatti i Dem invitano Zaia a ricordare che il risultato è frutto anche del loro impegno mentre in Lombardia il Pd evidenzia la scarsa affluenza. Chi si chiama ovviamente fuori dalla polemiche è il governo che con il sottosegretario agli affari regionali Gian Claudio Bressa annuncia di essere "pronto ad aprire una trattativa per definire le condizioni e le forme di maggiore autonomia". In attesa di capire il timing delle due regioni (Zaia ha convocato la riunione della giunta per domani mattina), la vittoria del sì ha un evidente significato politico. Chi ne può beneficiare è sicuramente Matteo Salvini: "5 milioni di persone chiedono il cambiamento alla faccia di Renzi che invitava a stare a casa", esulta.
Il leader della Lega, partito che ha fatto dell'autonomia uno dei suoi cavalli di battaglia non a caso parla dunque di "occasione unica". Ma in 'casa' del Carroccio la vittoria del sì riporta sotto i riflettori Luca Zaia che, forte del successo nella sua regione, come uno dei possibili leader per la guida del centrodestra: "Non esiste il partito dell'autonomia, ma dei veneti che si esprimo su questo concetto", ci tiene a precisare lo stesso Zaia mentre informa che un attacco hacker sta colpendo i siti di raccolta dati. Al di là delle critiche, anche Roberto Maroni si definisce "pienamente soddisfatto per il risultato che arriva al 40%".
In attesa che il Carroccio faccia i conti con la competizione interna, Silvio Berlusconi incassa il ritrovato asse con la Lega e si prepara al prossimo appuntamento e cioè le elezioni siciliane, altro snodo fondamentale prima delle politiche. Anche gli azzurri, come dice Renato Brunetta, esprimono "grande soddisfazione per il risultato". Critico invece il partito di Giorgia Meloni. La leader di Fdi nel corso delle settimane passate non ha mancato occasione per prendere le distanze dalla consultazione popolare e dagli alleati: "In una nazione - ribadisce - le riforme costituzionali si fanno insieme e non a pezzi per l'interesse di tutti e non per assecondare l'interesse particolare".
In entrambe le regioni i cittadini sono stati chiamati a esprimersi sul cosiddetto "regionalismo differenziato", ossia la possibilità, per le Regioni a statuto ordinario di vedersi attribuite "ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia" (come recita l'Articolo 116 della Costituzione) in alcune materie indicate nel successivo Articolo 117.
Il Sì è per chiedere la possibilità che le Regioni chiedano di intraprendere il percorso istituzionale per ottenere maggiori competenze dal Governo; il No è contrario all'iniziativa. In Lombardia non è previsto un quorum, ossia un numero minimo di votanti, mentre in Veneto sì: affinché la consultazione sia valida, nella regione governata da Luca Zaia era necessario il voto della metà più uno dei 4.068.558 aventi diritto, 2.034.280 elettori.
In Lombardia il quesito era: "Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell'unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l'attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione e con riferimento a ogni materia legislativa per cui tale procedimento sia ammesso in base all'articolo richiamato?".
Più stringata la domanda in Veneto: "Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?". Un'altra differenza tra le due Regioni è stata il sistema di voto: elettronico in Lombardia (è la prima volta in Italia), tradizionale con scheda di carta e matita in Veneto. Gli elettori lombardi hanno trovato nella cabina una "voting machine", un dispositivo simile a un tablet che sullo schermo touch screen riportava il testo integrale del quesito referendario.
I referendum non sono vincolanti. Con la vittoria del Sì, le Regioni potrebbero chiedere al governo centrale di avviare una trattativa per ottenere maggiori competenze nelle venti materie concorrenti (tra queste spiccano il coordinamento della finanza pubblica e tributario, lavoro, energia, infrastrutture e protezione civile) e in tre esclusive dello Stato: giustizia di pace, istruzione e tutela dell'ambiente e dei beni culturali. L'intesa tra lo Stato e la Regione interessata dovrà poi concretizzarsi in una proposta di legge che dovrà essere approvata a maggioranza assoluta da entrambe le Camere.
Referendum, in Veneto vince il sì: caos dati e polemiche in LombardiaAl referendum vince il "sì" all'autonomia: i dati parlano del 57,2% di cittadini al voto in Veneto e il sì è stato del 98,1% per cento. Per la Lombardia, il governatore Roberto Maroni ha invece delineato il dato del 40%, astensione record a Milano. Il sì è al 95,64% dopo il 60,4% dei voti elettronici scrutinati, ma fioccano le polemiche per il voto elettronico che ha causato rallentamenti nelle operazioni di scrutinio.
«L'esito del referendum in Lombardia e Veneto conferma l'importante richiesta di maggiore autonomia per le rispettive regioni. Il governo, come ha sempre dichiarato anche prima del voto di oggi, è pronto ad avviare una trattativa», afferma Gianclaudio Bressa, sottosegretario per gli Affari regionali, alla chiusura dei seggi elettorali in Lombardia e Veneto. «Noi chiediamo tutte le 23 materie, lo dico subito, e i nove decimi delle tasse - ha spiegato il governatore del Veneto Zaia -Incontreremo il presidente del Consiglio - ha aggiunto - quando il nostro progetto sarà pronto».
Sull'onda di questi dati, dal voto in Veneto e Lombardia parte una nuova fase che sarà caratterizzata dalla trattativa fra le due Regioni e lo Stato, in base all'articolo 116 della Costituzione. Per chiedere poteri esclusivi in «tutte le materie concorrenti», hanno anticipato i governatori Luca Zaia e Roberto Maroni, ma anche più risorse. È stato proprio il governatore del Veneto, accompagnato dalla moglie, il primo ad andare a votare. Zaia, come promesso, si è presentato prima delle 7 davanti alla scuola elementare di San Vendemiano, il comune in provincia di Treviso dove vive. «È una pagina di storia che si scriverà - ha osservato -. Il Veneto non sarà più quello di prima. Sta poi ai veneti, e ai 'nuovi venetì, ai tanti che hanno scelto di avere qui un progetto di vita, approfittare di questa opportunità».
Se il ministro e vicesegretario Pd Maurizio Martina aveva ribadito la linea della «astensione consapevole al referendum della Lombardia, perché si è sprecato tempo e denaro per un quesito inutile», la Lega ha guardato la giornata di oggi con occhi diversi. «Se alcuni milioni di persone ci danno il mandato - ha promesso il segretario Matteo Salvini, votando a Milano - noi da subito trattiamo con il governo centrale. Io sarei andato a votare chiunque lo avesse proposto». Ultima parola a Bossi. Il presidente-fondatore del Carroccio si è presentato intorno alle 17 al seggio dell'istituto comprensivo di via Fabriano, a Milano, vicino alla sede di via Bellerio. Bossi ha detto che a lui piace ancora l'idea dell'indipendenza del Nord. I referendum non sono inutili, ma «sono l'unica possibilità di tamponare la crisi sociale che arriva: anche se l'autonomia blocca l'indipendenza».
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.Referendum autonomia, trionfa il sì
Maroni soddisfatto anche se l'affluenza si ferma al 40%: «Entro due settimane la nostra proposta al governo». Flop delle voting machine al loro debutto
Il governo pronto a trattare
In entrambi i casi, il risultato è stato come da previsione, con i sì attestati ovunque tra il 95 e il 98%. Il segnale politico, da qualunque parte la si guardi, c'è stato: l'affluenza è stata superiore rispetto a quanto i detrattori della consultazione si immaginavano fino alla vigilia. E lo stesso governo ne ha preso atto: il sottosegretario per gli Affari regionali, Gianclaudio Bressa, a meno di un'ora dalla chiusura dei seggi ha fatto sapere che l'esecutivo è pronto ad una trattativa. Il modello sarà probabilmente quello sperimentato nel rapporto con l'Emilia Romagna, che ha già avviato un confronto con Roma senza passare dalla tappa referendaria.
Il «big bang» delle riforme
Il «big bang» delle riforme
Zaia ha già fatto sapere di non voler perdere tempo e di essere pronto ad andare all'incasso con il governo: «Vogliamo che i nove decimi delle tasse restino nella nostra regione - ha detto il presidente della giunta regionale del Veneto - Questo è il big bang delle riforme, è una vittoria dei veneti e dei nuovi veneti». Sulla stessa linea Roberto Maroni, che conta di presentare una proposta al governo entro due settimane e annuncia di voler coinvolgere una squadra aperta anche a esponenti di altre forze politiche, facendo espressamente il nome del sindaco pd di Bergamo, Giorgio Gori.
Chi ha votato di più
Chi ha votato di più
Se davvero sarà stata una «giornata storica» lo si capirà solo alla fine dell’iter, quando, dopo la trattativa con il governo, sarà chiaro quante e quali materie di competenza statale passeranno di mano. Ma la prima prova, quella referendaria, è stata superata. In Veneto, dove l’iniziativa referendaria era stata varata dal Consiglio regionale all’unanimità, la provincia che ha fatto registrare il maggior numero di votanti è stata quella di Vicenza (con punte vicino al 70 per cento), seguita da Padova e Treviso. In Lombardia, invece, la palma dei più sensibili al richiamo referendario è toccata ai bergamaschi (il sindaco del capoluogo, il pd Giorgio Gori, aveva invitato a votare Sì), seguiti da lecchesi e bresciani. In fondo alle rispettive classifiche, si trovano Venezia e Milano, come se il tema dell’autonomia faticasse a sfondare nelle città metropolitane.
L'altolà di Meloni
Al di là della Lega, che si intesta il successo avendo la primogenitura della battaglia, nel coro di politici che si dicono soddisfatti per l’affluenza ci sono Debora Serracchiani (Pd), Renato Brunetta (Forza Italia), Gaetano Quagliariello (Idea), Stefano Parisi (Energie per l’Italia), Giovanni Endrizzi (M5S). L’unica stecca nel coro è quella di Giorgia Meloni. Per la presidente di Fratelli d’Italia «i referendum non sono stati un plebiscito, le riforme si fanno tutti insieme e non a pezzi». La partita ora si sposta sul piano istituzionale. I referendum erano consultivi, servivano a Maroni e Zaia per avere maggiore forza nella trattativa che la Costituzione prevede con il governo. Nei prossimi giorni i rispettivi consigli regionali daranno mandato ai presidenti di procedere. I tempi sono stretti. Al più tardi tra fine gennaio e metà febbraio il confronto con Roma entrerà nel vivo.
Fonte: qui
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