9 dicembre forconi: DOPO I PASTORI SARDI, ESPLODE LA RIVOLTA DEGLI AGRICOLTORI PUGLIESI: “DA NOI LE CLEMENTINE VENGONO ACQUISTATE A 15 CENTESIMI AL CHILO, AL NORD A 3 EURO. È UNA FOLLIA”

martedì 9 aprile 2019

DOPO I PASTORI SARDI, ESPLODE LA RIVOLTA DEGLI AGRICOLTORI PUGLIESI: “DA NOI LE CLEMENTINE VENGONO ACQUISTATE A 15 CENTESIMI AL CHILO, AL NORD A 3 EURO. È UNA FOLLIA”

IMPORTAZIONI SELVAGGE E BASSA QUALITÀ: IN PUGLIA RACCOGLIERE LA FRUTTA NON CONVIENE PIÙ. GLI AGRUMI VENGONO LASCIATI MARCIRE. A RISCHIO UN INTERO COMPARTO
Valeria D’Autilia per www.lastampa.it

PUGLIA AGRUMIPUGLIA AGRUMI
Gli agricoltori pugliesi come i pastori sardi. Crollo dei prezzi, importazioni selvagge, prodotti di qualità ma ormai senza mercato: nelle campagne la situazione è disperata. E i gesti sono estremi: alberi eradicati, frutti non raccolti e lasciati marcire.
Tanti si arrendono. «Così non si può andare avanti», dice Michele Gravina. È un coltivatore diretto della provincia di Taranto, prima di lui il padre e il nonno. Ha cinque ettari, alcune piante arrivano a produrre anche un quintale di clementine a stagione. Ma sono tutte lì, a terra o sui rami. «Ci avrei rimesso.

Il prezzo di vendita, circa 20 centesimi al chilo, è talmente basso da non coprire neppure le spese di raccolta. Per rientrare nei costi, dovrebbe essere almeno 50 centesimi, ma da queste parti è impossibile. Lavorare così non è dignitoso». A rischio un intero comparto, famiglie che da generazioni vivono dei prodotti della terra. Paolo Morgese, in queste campagne di Massafra, ha sei ettari. Per molto tempo sono stati fonte di reddito, poi le cose sono cambiate.

«L' unica soluzione è stata abbattere gli alberi più grandi. Meglio avere il terreno vuoto che continuare. Erano il mio quotidiano: li aveva piantati mio padre negli anni '60, con l' aratro a cavallo.

Fa male». Un mestiere fatto di sacrifici e rinunce, scandito dalla natura. Le ferie non esistono.

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Quest' anno, perso oltre il 60% di agrumi: 1,5 milioni di quintali invenduti. I prezzi sono ridotti ai minimi storici: 35 centesimi per il prodotto già raccolto e 15, o addirittura 5, per l' acquisto in blocco. Crescono invece gli approvvigionamenti da Africa e Sud America: in soli due mesi, il Marocco ha esportato 170mila tonnellate di clementine. «La produzione magrebina- denuncia Coldiretti- raggiunge prima la Spagna dove viene lavorata e, una settimana dopo, il nostro Paese. Applicano un' etichetta spagnola e la spacciano come comunitaria». Oltre l' aspetto economico-occupazionale, a rischio la salute dei consumatori: Egitto e Marocco utilizzano sostanze chimiche che, in Italia, sono vietate da decenni.

Nicola Cassano, con i suoi quarant' anni, non sa che fare. Il suo appezzamento al momento è in uno stato di semiabbandono. «Come i pastori sardi, anche noi siamo arrivati al limite. Siamo scoraggiati: sino a poco tempo fa lavoravano con me dieci persone, ora siamo in quattro.
Sarò il primo a dire ai miei figli di prendere un' altra strada ».

PUGLIA AGRUMIPUGLIA AGRUMI
Più controlli e un piano Chiedono un piano agrumicolo straordinario, più controlli all' Unione Europea e un sostegno al reddito. «Stanno distruggendo il made in Italy e l' Italia non ha capito che deve tutelare se stessa». A parlare è Floriano Convertino. La sua azienda è a marchio Igp, venticinque famiglie dipendono da lui. «Ho raccolto tra settembre e ottobre e per questo ho risentito un po' meno della crisi- racconta- eppure ho eliminato duemila alberi». Fare qualità significa mantenere uno standard elevato, nonostante le difficoltà. Gli operai guadagnano dai 50 agli 80 euro al giorno. In queste condizioni impossibile competere con la concorrenza sleale. «In Europa stanno entrando frutti con foglia senza controlli fitosanitari, con possibili virus invasivi». Problemi ai quali si aggiungono i danni per i cambiamenti climatici.

Nel vicino comune di Palagiano, anche Vincenzo Stellaccio ha distrutto un agrumeto. «L' ho fatto per protesta, stiamo subendo una mattanza e nessuno sembra occuparsene. È una sconfitta per tutti.

Eppure le clementine del Golfo di Taranto hanno marchio Igp, ma non hanno dato i risultati sperati». Sul presente, tante incertezze. Di futuro, manco a parlarne. Meglio tagliare gli alberi e farne legna. Anche in questo caso, però, introiti pari a zero e si torna al baratto: i tronchi vengono ceduti gratuitamente alle stesse aziende che li eradicano.
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Per il presidente di Coldiretti Taranto, Alfonso Cavallo, «un quadro disperato, gli agricoltori hanno finito anche le ultime risorse». Il segno meno, impietoso, si registra dal 2013. «Ora abbiamo toccato il fondo».

Il dossier in Regione Inutile tentare un altro investimento per portare avanti la coltivazione. Meno di vent' anni fa, si vendeva a 60 centesimi. «Con una produzione di 300 quintali per ettaro, tiravi fuori oltre 15mila euro che compensavano i costi di produzione, di raccolta e lasciavano un profitto. Adesso non recuperi neanche le spese».

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In Regione presentato un dossier sulla crisi: dal governatore Michele Emiliano l' impegno per un sostegno ai produttori. Solo nella provincia jonica si producono 1,9 milioni di quintali di agrumi, nel foggiano 103mila tra arance e limoni. La storia di queste imprese inizia negli anni '70, adesso sono al collasso. Floriano ancora non riesce a crederci. «Da noi le clementine vengono acquistate a 15 centesimi al chilo, al nord a 3 euro. Qui stiamo buttando la frutta e da altre parti si consuma all' etto. È una follia».

Fonte: qui

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