Il Chief Economist di Deutsche Bank, dopo avere inaspettatamente difeso l’Italia in una nota intervista a Bloomberg di qualche tempo fa, sul Financial Times ora scopre le carte in tavola lanciando la sua proposta per risolvere il pericoloso scontro tra Italia e Bruxelles, che minaccia la sopravvivenza dell’euro: sarebbe saggio offrire all’Italia un prestito del MES, il cosiddetto meccanismo europeo di stabilità, per permetterle di riacquistare parte del suo debito, il cui costo è salito a causa dello spread, e consentirle così un certo spazio fiscale per investimenti e per la ripresa. Naturalmente per rendere digeribile la proposta all’opinione pubblica tedesca occorre correggere nella direzione della verità la storia finora raccontata della “dissolutezza” delle nostre finanze pubbliche. La digestione resta comunque difficile per l’Italia, che come noto ha già versato oltre 50 miliardi per finanziare i vari fondi salva stati. Questi hanno in realtà salvato le banche francesi e tedesche, e ora l’Italia pagherebbe questo prestito a interesse con un commissariamento del suo governo e una definitiva cessione di sovranità. In proposito è illuminante questo thread di @giuslit, che in pochi tweet spiega tutto.
di David Folkerts-Landau, 12 novembre 2018
Un’altra crisi del debito sovrano nell’area dell’euro è inevitabile, a meno che l’approccio conflittuale della Commissione europea al problema del debito italiano non ceda il passo a una maggiore cooperazione. L’imminente deterioramento della posizione fiscale dell’Italia – trainato dall’aumento dei rendimenti obbligazionari, dal rallentamento della crescita e dalla prossima recessione – e la situazione politica stanno preparando il terreno a ulteriori turbolenze nei mercati. Solo la presunzione, tra gli investitori, che la Banca centrale europea garantirà l’accesso dell’Italia ai mercati internazionali sta impedendo un ulteriore aumento dei rendimenti.
Contrariamente ai pregiudizi diffusi, l’Italia è stata un paese parsimonioso. Il peso del suo debito è un retaggio del periodo precedente all’ingresso nell’eurozona. Da allora ha registrato un avanzo primario di bilancio (entrate superiori alle spese, al netto della spesa per interessi) quasi ogni anno. In confronto, tutti gli altri paesi della zona euro, ad eccezione della Germania, hanno accumulato disavanzi primari anno dopo anno. Dal 2000 il nuovo debito dell’Italia è stato tutto utilizzato per pagare gli interessi; non per finanziare la spesa. Inoltre, negli ultimi anni il paese ha anche ottenuto un avanzo delle partite correnti.
Tuttavia, la politica di riduzione del debito attraverso una politica fiscale restrittiva, insieme a dolorose riforme strutturali per promuovere la crescita, ha fallito. L’Italia è in stagnazione. Negli ultimi due decenni l’economia italiana è cresciuta appena del 7%, contro il 40% della Spagna e il 30% di Francia e Germania.
Nel frattempo, il suo debito ha continuato a crescere. I tagli di spesa hanno abbassato il tenore di vita in misura tale da radicalizzare l’elettorato italiano. Gli sforzi di riforma si sono fermati, perché non possono essere attuati contemporaneamente all’austerità. Persino la Germania nel 2003 ha infranto i limiti di deficit della Ue con il suo programma di riforme Agenda 2010.
Alcuni sostengono che i limiti del deficit dell’Italia devono essere allentati per far ripartire l’economia. Ma questo porterebbe solo a un aumento della crescita a breve termine. Disavanzi più elevati, con conseguente aumento del debito, spingeranno verso l’alto i rendimenti obbligazionari, aumentando ulteriormente i deficit. E di conseguenza l’inasprimento della pressione fiscale sul reddito o sulla ricchezza per finanziare le spese porterà a diminuire il tasso di crescita ed allontanerà ulteriormente l’elettorato.
Inoltre, l’atmosfera politica in Europa è tale che ridurre il debito dell’Italia attraverso la mutualizzazione o i trasferimenti fiscali diretti è inconcepibile. Anche l’opzione di una ristrutturazione del debito con il coinvolgimento del settore privato è irrealizzabile. L’unica opzione valida è quella di ridurre la spesa per il servizio del debito italiano. Ciò creerebbe lo spazio per aumentare la spesa diretta a modernizzare l’economia senza aumentare deficit e debito.
L’aumento della spesa per le infrastrutture, dando anche la garanzia di una attuazione delle riforme, farà finalmente aumentare i tassi di crescita del paese rispetto ai suoi attuali livelli anemici. E migliorerà anche la sua capacità di servire il debito in futuro. Se l’economia non dovesse crescere, allora è inevitabile che saremo costretti ad accettare una sostanziale ristrutturazione del debito italiano.
Gli investitori privati non accetteranno volontariamente una dilazione dei pagamenti del servizio del debito. Pertanto, dovrebbe essere coinvolto il Meccanismo Europeo di Stabilità, finanziando un riacquisto di parte del debito ad alto costo. L’interesse sul prestito dovrebbe essere pagato quando l’economia italiana raggiungesse una maggiore produttività e una maggiore crescita. Il MES non sovvenzionerebbe direttamente l’Italia con un trasferimento fiscale, anche se aumenterebbe significativamente la sua esposizione verso il paese e probabilmente i costi del prestito aumenterebbero.
Se il servizio del debito italiano fosse dimezzato, a circa due punti percentuali del prodotto interno lordo, sarebbe possibile aumentare la spesa pubblica di circa 35 miliardi di euro all’anno. Coinvolgere l’ESM in questo percorso equivarrebbe a un voto di fiducia sul potenziale di crescita dell’Italia e comporterebbe un significativo calo dei rendimenti e del servizio del debito. La Banca centrale europea potrebbe anche utilizzare il suo programma OMT (outright monetary transactions) per portare i rendimenti ai livelli pre-crisi.
La bozza di questo grande accordo è la seguente: l’Italia deve accettare che miglioramenti duraturi nella crescita non saranno raggiunti senza le riforme strutturali. L’Europa, da parte sua, dovrebbe riconoscere che la soluzione al peso del debito non è semplicemente l’austerità.
Se entrambe le parti possono accettare questo accordo, si apre la strada verso una soluzione MES. Alcuni sosterranno che aiutare l’Italia vuol dire solo incoraggiare la dissolutezza. Ma le prestazioni del paese negli ultimi decenni contraddicono questa visione.
Una crisi del debito italiano costituisce un rischio esistenziale per la zona euro. L’attuale “gioco del coniglio” è irresponsabile. Ignora i pericoli insiti in ogni crisi finanziaria, i cui costi farebbero sembrare insignificanti quelli del MES.
L’autore è chief economist presso Deutsche Bank
Fonte: qui
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