9 dicembre forconi: Ecco il condono: perdonato chi ha fatto “nero” fino a 100 mila euro.

martedì 16 ottobre 2018

Ecco il condono: perdonato chi ha fatto “nero” fino a 100 mila euro.

Dopo 24 ore di incontri, liti e tensioni, il governo approva Manovra, decreto fiscale e decreto semplificazione. 

Il provvedimento favorisce tre categorie di persone: chi ha vecchie cartelle di Equitalia arretrate (fino al 2010) e per importi fino a mille euro; chi ha arretrati e può rateizzare per cinque anni senza interessi nè sanzioni; chi non ha dichiarato tutto e ora potrà integrare fino a 100 mila euro su cui pagherà l’una tantum del 20 per cento. 

Di Maio ottiene il taglio delle pensioni d’oro, ma sarà nella Manovra. 

Tria rivendica il lavoro fatto e chiarisce: “Figuriamoci se mi dimetto dopo la fatica di aver approvato la legge di Bilancio…”. Cancellate tutte le cartelle fino a mille euro

[Il retroscena] Ecco il condono: perdonato chi ha fatto “nero” fino a 100 mila euro. Tria: “Dimissioni? Non sono masochista”

Stavolta non ci sono le balconate a palazzo Chigi nè le processioni di parlamentari e bandiere schierati in piazza Colonna a osannare la manovra del cambiamento. Stavolta si tratta di un mega condono e, nonostante gli sforzi lessicali invocati dal premier Conte, è quanto di più lontano uno possa immaginare rispetto al cambiamento e alla narrazione 5 Stelle. Ci sono invece facce tese e stanche, quelle del premier Conte, dei vicepremier Salvini e Di Maio, e quella perplessa del ministro economico Giuseppe Tria, colui che più di tutti dovrebbe parlare quando il governo presenta la sua legge più importante, quella di Bilancio, e invece resta confinato all’estrema destra del tavolo, un piede dentro e uno fuori.  Le loro facce dicono molto di più e di diverso rispetto al copione da recitare ad uso e consumo di telecamere e microfoni. Sono state 24 ore di tensione, a tratti anche ieri , si è andati tanto cosi a un passo dalla rottura. Alla fine della conferenza stampa ufficiale convocata dopo il Cdm, c’è posto solo per quattro domande. Sarebbero state molte di più: “Scusi, ci spiegate come avviene il taglio delle pensioni d’oro, i criteri….”. Domanda fuori tempo massimo…è stata la replica di Salvini. “Ve lo spiego io dopo” ha cercato di dare una mano Rocco Casalino. Gentile, ma non è il presidente del Consiglio. E neppure il ministro. Non ancora, almeno.

L’invio a Bruxelles

Il Documento di programmazione e bilancio (DPB) è stato spedito ieri sera via pec a Bruxelles: “Ci sono tutte le misure già annunciate con la Nadef, abbiamo confermato numeri e percentuali, questa manovra è a nostro parere compatibile con le regole europee” si fa coraggio Tria, “ora sarà avviato un processo di osservazioni, contro osservazioni, valutazioni se i criteri siano più o meno distanti da quelli previsti, se ci sono deviazione…io confermo che si tratta di una manovra espansiva, che punta sulla crescita e che in alcun modo vuol mettere in difficoltà l’istituzione Europa”. Dopo due settimane di passione, dopo circa 24 ore non stop di vertici e riunioni - sono iniziati domenica sera - e dopo due ore di Consilgio dei ministri (19.30-21.30), il governo giallo verde licenzia la Nadef (il Def aggiornato con il deficit a 2,4%, lo 0,6 in più rispetto al previsto), il decreto fiscale, un altro decreto chiamato “semplificazione” e la manovra di bilancio 2019 con le previsioni fino al 2021. Deluse le opposizioni, qualcuna aveva scommesso sul fatto che non sarebbe uscito un solo documento da palazzo Chigi. “Verrà fuori una finta, un salvo-intese tutto da scrivere, prenderanno tempo”. In realtà nella anomala conferenza stampa a palazzo Chigi, di tre provvedimenti approvati non s’è visto neppure un testo. Non è stato fatto un solo numero. Non è circolato neppure un fax simile. E dire che in questi giorni - almeno del decreto fiscale - sono state rese disponibili varie bozze, l’ultima ieri mattina, arrivata a oltre 70 pagine.

Misure di “definizione agevolata”

Nel complesso è una manovra più verde che gialla. Oltre il deficit, la misura immediata che più la caratterizza è la pace fiscale, un cavallo battaglia del centro destra (che aveva immaginato un vero e proprio choc fiscale) e una promessa di Salvini al suo elettorato. Semplificando, è un classico condono che favorisce tre categorie di persone: chi ha vecchie cartelle di Equitalia arretrate (fino al 2010) e per importi fino a mille euro; chi ha arretrati e può rateizzare per cinque anni senza interessi nè sanzioni; chi non ha dichiarato tutto e ora potrà integrare fino a 100 mila euro su cui pagherà l’una tantum del 20 per cento. Il premier Conte le ha chiamate “misure di definizione agevolata” e al giornalista che insisteva nel chiedere che differenza c’è con un condono, il presidente del Consiglio solitamente impassibile ha perso un po’ le staffe:“Ma lei lo chiami come vuole, il lessico, in fondo, è a sua disposizione”. Di fianco, una a destra e l’altro a sinistra, serissimi Salvini e Di Maio. Facce segnate. E non solo per la stanchezza. Si racconta di un Salvini giunto furioso ieri a Palazzo Chigi dopo pranzo. Ce l’aveva con i 5 Stelle per gli attacchi sulla storia della mensa scolastica a Lodi nei fatti vietata ai figli di immigrati. E per certi titoli sulla Rai e la nomina dei vari direttori, anonimi 5 Stelle che avvertivano Salvini che non sarà certo lui a decidere chi andrà a fare cosa. Ma fin troppe volte è successo in questi 137 giorni di governo e non facile convivenza che i temi più disparati fossero usati come moneta di scambio da Salvini e Di Maio per ottenere altro in cambio.

Ricatti & baratti

Così queste 24 ore sono state un concentrato di ultimatum e baratti tra i due contraenti del contratto di governo. Della serie che io-do-una-cosa-a-te-e-tu-dai-una-cosa-a-me  Persino Conte, mediatore nato, ieri sera era teso e stanco. Dunque la Lega porta  a casa, subito, la pace fiscale. Dalle varie bozze girate in questi giorni, si deduce che sarà prevista un'aliquota al 20% per sanare il pregresso di chi ha già presentato la dichiarazione dei redditi. Si potrà optare per la dichiarazione integrativa per far emergere fino a un massimo del 30% in più rispetto alle somme già dichiarate e comunque entro un tetto di 100.000 euro. Per ridurre il contenzioso, si potranno inoltre sanare le liti con il fisco pagando senza sanzioni o interessi il 20% del non dichiarato in 5 anni.
In arrivo anche il condono totale delle mini cartelle sotto i mille euro dal 2000 al 2010.
Tutto questo si potrà anche chiamare in altri modi, ma è a tutti gli effetti un condono. Ed è evidente che Di Maio ha morso il freno anche durante la conferenza stampa. “La galera fino a 6 anni per chi sgarra e se ne appofitta” è il contrappeso che il leader politico 5 Stelle ha preteso per dare il suo ok.  Ma più di questa affermazione non è dato sapere come si articoli la proposta. Per evitare guai, Conte su questo punto non ha fatto aprire bocca a Salvini. E per evitare che potesse sfuggire qualcosa,  il presidente del Consiglio li ha pretesi accanto a se, uno a destra e l’altro a sinistra, relegando nell’angolo del tavolo il ministro titolare dei dossier economici.

Le misure

La manovra vale 37 miliardi, circa 22 miliardi dovrebbero essere finanziati in deficit e l’impatto sul Pil nel 2019 sarà pari a 1,8%Il Druft budgetary plan spedito ieri sera a Bruxelles contiene i numeri principali tra cui 16 miliardi l’investimento per Reddito di cittadinanza e superamento della Fornero, 6,9 miliardi di tagli e 8,1 di aumento entrate. Se la Lega intasca la pax fiscale, i 5 Stelle possono rallegrarsi “solo” per l’introduzione di quota 100 (l somma di età anagrafica e di anni di contributi versati) per andare in pensione (in vigore da febbraio).  “Significa 400 mila italiani che potranno andare in pensione senza penalizzazioni e altrettanti giovani italiani che potranno trovare finalmente lavoro” ha sintetizzato Salvini nonostante tutti gli analisti abbiano spiegato che è molto raro il rapporto di uno a uno, che un lavoratore esca e un altro entri. La bandiera 5 Stelle - il reddito e le pensioni di cittadinanza - potrà essere sventolata ma non prima della primavera.  In questo caso si tratta addirittura di un disegno di legge collegato, ancora tutto da scrivere e soprattutto da approvare. Di Maio ha avuto in testa, ad un certo punto, di mettere il Reddito nel decreto fiscale ma non ce l’ha fatta. E la previsione di una messa a regime tra aprile e maggio sembra parecchio ottimistica.

Taglio delle pensioni d’oro, la Lega sconfitta a metà

E’ stato il punto più sofferto del serrato confronto di questi giorni. E quello più delicato nella maratona di ieri. Se Salvini ha portato a casa il condono fiscale, Di Maio porta a casa  il taglio delle pensioni d’oro, dossier così indigesto per la Lega che il segretario ha evitato sul punto le domande come fossero la peste. Salvini però ha vinto su un punto: il taglio delle pensioni d’oro (sopra i 4.500 euro netti al mese) non è nel decreto fiscale ma nella manovra che arriverà in Parlamento sabato prossimo (20 ottobre) per aprire ufficialmente la sessione di bilancio. Significa tempi di approvazione più lunghi e destino, quindi, più incerto. Secondo conteggi di fonte 5 Stelle, il taglio porterà un risparmio di circa un miliardo in tre anni. E’ chiaro che su questo punto ci sarà in commissione e poi aula un confronto durissimo tra Lega e 5 Stelle.
Di Maio porta a casa anche un altro decreto, quello per le semplificazioni, un obiettivo che viene dichiarato ad ogni legislatura e di cui poi si perdono le tracce nel tempo. Il decreto “tagliascartoffie” ha come obiettivo quello di togliere circa cento adempimenti per le imprese. In questo stesso decreto ci sarà anche la norma che vieta il duplice incarico di governatore e commissario alla Sanità (che i 5 Stelle chiamano norma anti De Luca); una revisione delle tariffe assicurative; misure contro i medici furbetti che aumentano le liste d’attesa per suggerire al paziente di andare a studio, nel privato, dove non c’è coda; rifinanziata la cassa integrazione.

La frenata sulla flat tax

Con infinita rabbia Salvini è costretto a ridimensionare le aspettative sulla flat tax. Un altro dossier su cui, infatti, non è stato possibile fare domande durante la conferenza stampa.  Nel 2019 il beneficio riguarderà una cerchia molto piccola di persone: 600 milioni da distribuire agli autonomi con ricavi fino a 65 mila euro. Dai 65.000 ai 100.000 euro si pagherebbe un 5% addizionale. Le start up e le attività avviate dagli under 35 avrebbero uno sconto al 5%. Negli anni successivi il taglio aumenterà  tanto che si può dire che la media nei prossimi tre anni sarà di un miliardo e 700 milioni.

La vittoria di Tria si chiama “gradualità”

Non è chiaro se il ministro economico - in origine convinto che 1,8 fosse il deficit applicabile - abbia vinto o perso in questa lunga partita che è, per altro , appena iniziata. Dato in partenza, comunque dimissionario, più volte nelle ultime settimane, il professore romano  ieri ha scherzato in sala stampa (l’unico) con chi gli chiedeva se avrebbe lasciato una volta approvata la manovra. “Non sono masochista - ha sorriso - Sopportare tutta la legge di bilancio per dimettersi dopo... Comunque, smentisco queste dicerie”. Il punto è che  il ministro, che ha parlato pochissimo dopo Conte e prima dei due vicepremier, si è tenuto sul generale e non ha voluto commentare nel dettaglio nessuno dei contenuti della manovra o del decreto fiscale. Ha comunque difeso l’impianto della legge: “L’idea che con questa manovra si voglia far saltare l’Europa è del tutto infondata. La logica di questa manovra coincide invece con le discussioni internazionali sul fatto che la crescita è bassa e bisogna fare qualcosa e noi vogliamo contrastare il declino e il rallentamento dell’Italia e dell’Europa”. Ecco che “con gradualità” vengono avviati piano piano tutti gli impegni presi.  Ancora una volta resta solo lui in sala stampa a fronteggiare i giornalisti che devono sapere i dettagli dei tre provvedimenti approvati e invece non hanno neppure un testo o una bozza valida. Gli chiediamo se nel suo lessico la pax fiscale è un condono oppure no. “No, non è un condono per me no, ma non lo so... ci sono varie norme, tutte insieme, leggetele tutte insiste e valutatele…”. Ha ragione il ministro. Se ci fosse stato un testo a disposizione lo avranno letto più che volentieri.


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