I “TIRANTI” SUPERIORI, IL CUI CEDIMENTO RAPPRESENTA AGLI OCCHI DEGLI ESPERTI LA PROBABILE CAUSA DELLO SCEMPIO. I LAVORI DOVEVANO INIZIARE SUBITO DOPO L’ESTATE, MA EVIDENTEMENTE I CALCOLI ERANO SBAGLIATI E NON RISULTA FOSSERO INSTALLATI SENSORI PER MONITORARE IN TEMPO REALE LA TENUTA DEL VIADOTTO
PERCHÉ DEVE ESSERE SUBITO REVOCATA LA CONCESSIONE ALLA FAMIGLIA BENETTON
AUTOSTRADE È, DI FATTO, L’UNICO CONTROLLORE DI SE STESSO, ESEGUE CON PERSONALE PROPRIO ISPEZIONI E (AUTO)CERTIFICAZIONI, O LE AFFIDA A CONSULENTI PAGATI DA LORO
Matteo Indice, Roberto Sculli per La Stampa.it
Gli accertamenti scattati subito dopo il disastro di Genova ci dicono tre cose.
Primo: Autostrade sapeva qual era l’emergenza, ma i tempi sono andati fuori controllo. Al punto che a maggio aveva bandito un maxi-appalto da 20 milioni con procedura ristretta, cioè a chiamata per accelerare, con l’obiettivo di rinforzare i “tiranti” superiori, il cui cedimento rappresenta agli occhi degli esperti la probabile causa dello scempio. I lavori, molto delicati, complessi e invasivi , dovevano iniziare subito dopo l’estate, ma evidentemente i calcoli erano sbagliati e non risulta fossero installati sensori per monitorare in tempo reale la tenuta del viadotto.
Secondo: sempre Autostrade è, di fatto, l’unico controllore di se stesso, esegue con personale proprio ispezioni e (auto)certificazioni, oppure le affida a consulenti pagati dalla medesima società. Nessun ente pubblico compie screening autonomi, perversione d’una norma le cui conseguenze possono essere catastrofiche.
Terzo: già a fine Anni 90 l’Ordine degli ingegneri di Genova, lo conferma a La Stampa Donatella Mascia che ne fu presidente dal 1993 al 1999, propose nero su bianco di affiancare alla struttura in calcestruzzo una in acciaio, per alleggerire Morandi ritenuto incontrollabile dato l’incremento del traffico. «I politici - spiega Mascia - preferirono continuare a discutere di fantascientifici tunnel sottomarini, mai realizzati, e il ponte rimase così com’era fino al crollo».
Il tempo scaduto
Autostrade per l’Italia aveva capito che il problema stava sopra, e non sotto. L’incubo era rappresentato da quelli che volgarmente chiamiamo tiranti, ma che sul piano tecnico si definiscono «stralli», anima in metallo e rivestimento in calcestruzzo, i bracci che scendono dalla sommità dei piloni verso la strada a disegnare una serie di V rovesciate, e dovrebbero tenere sospeso il piano su cui corrono i mezzi. Una parte, quella verso il levante, era stata rinforzata alla fine degli Anni 90, ma il segmento che (forse) ha ceduto no. E il problema era così serio che il 3 maggio scorso l’azienda, colosso delle infrastrutture italiane con interessi all’estero, aveva pubblicato un avviso di gara per 20.159.344 euro.
Definizione tecnica: «Interventi di retrofitting strutturale del Viadotto Polcevera al km 0 + 551». Traduzione, esaminando il dettaglio dei progetti: messa urgente in sicurezza dei tiranti sulla parte poi crollata. Le offerte erano state presentate l’11 giugno e finita l’estate - per non intralciare il viavai turistico che segna la Liguria fino ai primi di settembre - sarebbe partito un intervento lungo 784 giorni, che avrebbe comportato blocchi a singhiozzo delle varie carreggiate.Spiega Enrico Sterpi, attuale segretario dell’Ordine degli ingegneri liguri: «Questo bando significa due cose: Autostrade aveva focalizzato la criticità ed era disposta a prendersi una bella responsabilità, con una gara ristretta per un importo tanto elevato. È chiaro insomma che a un certo punto ci fosse necessità di accelerare la procedura». Autostrade sul punto si limita a confermare l’approvazione della commessa e l’imminente via ai lavori.
L’ (auto)vigilanza
Che obblighi di vigilanza aveva Autostrade per l’Italia? Chi esegue le verifiche? Quanto può metterci il naso lo Stato? Poiché il viadotto è stato realizzato nel 1967, il gestore non deve fornire un piano di manutenzione (il diktat vige per chi ha incarico le strutture nate dal ‘99 in poi). Non solo. Autostrade esegue per legge due tipi d’ispezione, certificate una volta compiute: trimestrale con personale proprio (controlli sostanzialmente visivi) e biennale con strumenti più approfonditi. In quest’ultimo frangente, al massimo, la ricognizione viene affidata a ingegneri esterni, ma alla fine sempre pagati da Autostrade. Né gli enti locali, né il ministero delle Infrastrutture intervengono con loro specialisti. E di fatto non esistono certificazioni di sicurezza recenti che non siano state redatti da tecnici retribuiti da Autostrade per l’Italia. Fonte: qui
39 MORTI PER IL CROLLO DEL PONTE DI GENOVA SUL POLCEVERA
IL PROCURATORE CAPO DI GENOVA: “IL CROLLO NON È STATA UNA FATALITÀ MA UN ERRORE UMANO”
L’INGEGNERE BRENCICH: “IL PONTE MORANDI E’ STATO PROGETTATO MALE, NON È UN PROBLEMA DI MANUTENZIONE. UN PONTE CHE HA 51 ANNI DI VITA NON PUÒ CROLLARE. IL MALTEMPO DI QUESTI GIORNI PER UNA STRUTTURA SIGNIFICA ZERO”
PONTE MORANDI, IL PROCURATORE CAPO DI GENOVA: “IL CROLLO? NON È STATA UNA FATALITÀ MA UN ERRORE UMANO”
“Non è stata una fatalità, ma un errore umano” a provocare il crollo del ponte a Genova. Così il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi ha risposto ai giornalisti al termine di un sopralluogo nella zona del ponte. La Procura ha aperto un fascicolo per disastro colposo e omicidio plurimo. “Noi dobbiamo rispondere a una sola domanda: perché è successo? – ha detto il magistrato – Questo è il nostro compito e per farlo faremo tutto quello che è necessario”.
L’INGEGNERE BRENCICH: «PONTE MORANDI PROGETTATO MALE, NON È UN PROBLEMA DI MANUTENZIONE»
Genova (askanews) - Il ponte Morandi di Genova, opera dell'ingegnere Riccardo Morandi; inaugurato nel 67, crollato il 14 agosto 2018. Un tipo di ponte che non ha mai convinto Antonio Brencich, professore dell'Università di Genova del corso di costruzioni in cemento armato, che in un articolo pubblicato nel 2016 aveva evidenziato i problemi strutturali dell’opera. Oggi, nel giorno del crollo, questa la sua analisi:
«Io non mi sono occupato di quello specifico ponte, io ho fatto alcune osservazioni su quella tipologia di ponte. Molti lo ritengono un capolavoro dell'ingegneria, io lo ritengo un fallimento dell'ingegneria. E' uno dei tre ponti simili progettati da Riccardo Morandi, e che hanno avuto problemi; ce ne è uno sulla baia di Maracaibo, in Venezuela, primo in ordine di tempo (è il ponte General Rafael Urdaneta), e poi quello di Genova e il ponte sullo Wadi el Kuf in Libia. La storia ha dimostrato delle carenze strutturali su Genova e Maracaibo, non solo oggi ma nel passato. Sono esempi di come non si progettano i ponti» spiega il professore.
«Il ponte è stato aperto l'anno che sono nato io nel 1967. Dopo vent'anni dalla sua apertura, e vent'anni nella vita di un ponte sono un battito di ciglia, hanno fatto un intervento sulla torre est. Oggi è crollata la torre ovest. Sono tre torri. Alla torre est hanno sostituito gli stralli cioé il sistema che collegava il ponte alla torre, quei cavi inclinati. Hanno messo dei cavi esterni che si vedono bene. Il mio è un giudizio tecnico dall'esterno; quello è un intervento pesantissimo su un ponte, fatto dopo vent'anni di vita. Il collasso di oggi ragionevolmente, lo diranno le indagini, ha un'origine simile» aggiunge Brencich.
«C'era un mio vecchio professore di cemento armato che diceva che esiste un santo per le strutture, e il santo oggi ha fatto crollare la torre più lontana dalle abitazioni, per fortuna».
Quindi lei pensa a una fragilità strutturale? «Questo è evidente. Un ponte che ha 51 anni di vita non può crollare. Il maltempo di questi giorni per una struttura significa zero. Se lei mi dicesse una tempesta di neve a meno 40 gradi... ma un po' di pioggia non cambia niente. So che quel ponte ha sempre avuto manutenzione, è il caso in cui non si può dire che mancasse la manutenzione. Teniamo conto che non tutto si può prevedere; resta sempre un'aliquota di imprevedibilità. Era sotto controllo da molto tempo. Non è un caso di disattenzione e mancanza di investimenti» conclude il professore.
Fonte: qui
PONTE MORANDI, PILONE RISCHIA DI CROLLARE SULLE CASE DA UN MOMENTO ALL'ALTRO
IL SINDACO E IL GOVERNATORE: "QUEI PALAZZI NON SI POSSONO SALVARE"
INTERROTTE LE OPERAZIONI DI RECUPERO DEGLI OGGETTI: C'È IL RISCHIO DI DOVER ABBATTERE LE CASE DI VIA WALTER FILLAK
ORA SI STA LAVORANDO PER TROVARE UNA SISTEMAZIONE ALTERNATIVA A 311 FAMIGLIE
Marco Lignana e Matteo Pucciarelli per Repubblica.it
I vigili del fuoco e la polizia locale hanno appena avvertito i residenti di via Fillak che stavano recuperando i propri oggetti dalle abitazioni dalle quali sono stati sfollati che il pilone rimasto in piedi sopra le case si starebbe inclinando e per questo sono state interrotte anche le operazioni di ricerca e scavo nel letto del torrente Polcevera. C'è il rischio che la parte restante di ponte Morandi crolli da un momento all'altro. Sono in corso le verifiche di stabilità da parte dei vigili del fuoco.
Il presidente della Regione Giovanni Toti in Prefettura ha annunciato che "c'è il rischio di dover abbattere le case di via Walter Fillak", sotto il ponte, ora "si sta lavorando per trovare una sistemazione alternativa a 311 famiglie. Verrà istituita una navetta gratuita da Brin all'aeroporto e i servizi pubblici per i tratti interrotti saranno gratuiti".
"Sarà difficile, quelle case non si possono salvare perché sono sotto un ponte che potrebbe essere abbattuto". Lo ha detto il sindaco di Genova, Marco Bucci, arrivando in Prefettura. "Ho seri dubbi che le case sotto il ponte possano essere mantenute. Avremo cura degli sfollati, è la nostra priorità numero uno. Ai cittadini sarà data una casa nuova. Sono 311 le famiglie che sono state sfollate".
Bucci ha poi aggiunto: "Quel ponte era estremamente importante per l'asse est-ovest. Pensiamo a ordinanze per implementare il servizio di trasporto pubblico, con più bus e più treni. Il trasporto in alcuni punti sarà gratuito".
Fonte: qui
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