ERA IL TESORETTO DEL PARTITO DI SALVINI CHE DAL 2011 SI E' PROGRESSIVAMENTE AZZERATO, TRA MOLTI DUBBI
L'ENIGMA DEGLI "ONERI DIVERSI DI GESTIONE"
QUEI 20 MLN IN TITOLI, BTP E BOND SOCIETARI EUROPEI
Fabio Pavesi per www.lettera43.it
Ballano tra le due cifre solo pochi milioni. E appare, alla luce della sentenza della Cassazione sul sequestro milionario dei conti della Lega, una coincidenza ironica se non beffarda. Da un lato i 49 milioni rivendicati dalla Procura e dalla Cassazione per la truffa Bossi-Belsito e dall’altro i 46 milioni che oggi non ci sono quasi più. I 46 milioni erano il tesoretto della Lega, il patrimonio netto del partito nel 2011, un anno dopo i fatti contestati sull’uso improprio dei rimborsi elettorali. La Lega ripartiva da lì. Ma è durata poco.
In sei anni di gestione del partito quel capitale è stato bruciato quasi completamente. A fine 2017, come evidenziato dal bilancio, il patrimonio netto si è ridotto a soli 4,5 milioni. E ora la vicenda della sentenza giudiziaria e quella dell’auto-affondamento finanziario del partito si intrecciano in una sorta di simbiosi. Dal 2011 al 2017 sono evaporate dai bilanci quasi tutte le risorse. Più di 40 milioni svaniti, bruciati dalle continue perdite: ha ragione il segretario e ora ministro dell’Interno Matteo Salvini a dire che quei soldi non ci sono più, sono stati spesi. Vero a leggere i suoi bilanci.
Ma il problema è come sono stati spesi. A conferma di ciò spunta l’esposto dell’ex revisore Stefano Aldovisi che pone il problema. E ricorda che a fine 2011 c’erano nei conti del partito 20 milioni investiti in titoli di Stato e Corporate Bond e cassa per svariati milioni. Oggi quei titoli non ci sono più e anche la cassa è di fatto azzerata.
Da come Lettera43.it ha ricostruito i bilanci della Lega c’è una zona d’ombra soprattutto su queste voci che non hanno spiegazioni. A mettere in fila la contabilità della Lega Nord lungo tutti gli ultimi anni si assiste a un lento depauperamento con anche qualche enigma inspiegabile. Da dove viene intanto l’erosione di quasi tutto il capitale quello che il tesoriere Giulio Centemero chiama nelle sue relazioni agli ultimi bilanci il «tesoretto» da ricostituire?
I costi della gestione superavano puntualmente i ricavi. E come in qualsiasi famiglia o impresa quando questo accade si producono perdite che vanno a erodere il patrimonio accumulato. La prima pesante perdita risale al 2012. Il disavanzo è di oltre 10 milioni e dà una sforbiciata al patrimonio sceso a fine anno da 46 milioni a poco più di 35 milioni. Pesano certo gli affitti, gli stipendi del personale, i costi vari ma pesa anche una voce che ricorrerà con evidenza in tutti i successivi bilanci.
Gli oneri diversi di gestione (una voce che di solito nei bilanci occupa un ruolo marginale perché quasi un piccolo calderone di spese varie non esplicitate) vengono contabilizzati per la bellezza di 6 milioni. Su costi complessivi per 28 milioni sono un’enormità. Valgono più delle spese del personale (un’ottantina di dipendenti) più di ogni altra voce. Nessuna esplicitazione di cosa siano questi costi così rilevanti. Un elemento di opacità che ricorrerà puntualmente nei bilanci successivi.
Non solo. L’altra voce importante sono i contributi ad associazioni (non specificate) per 5,5 milioni. La Lega spende e spande in costi poco chiari, mentre le entrate cominciano a vacillare. Nel 2013 la musica non cambia: 14 milioni di perdite con entrate in calo e costi in salita e con quella voce degli oneri diversi di gestione che sale a ben 8,7 milioni. Cosa siano e a cosa servano non è dato sapersi. Il movimento accumula sempre perdite. Nel 2014 per 8 milioni; poi altri 3 milioni nel 2015 e con il 2016 e 2017 a cumulare altri 2 milioni. Crollano le entrate, scendono i contributi dello Stato per le campagne elettorali e verrà meno infine il finanziamento pubblico ai partiti.
I privati, i militanti appaiono freddi quando si tratta di aprire il portafoglio per finanziare il partito. I contributi da persone fisiche scendono da 6,8 milioni del 2012 a 3 milioni del 2015 a poco più di 900 mila euro nel 2016-2017. Certo la Lega fa la sua spending review. La fa soprattutto sui dipendenti. Da inizio del 2015 sono in cassa integrazione in deroga, più volte prorogata e in vigore tuttora e sono scesi da 80 persone a 29. Ancora nel 2015 gli oscuri “oneri diversi” si portano via 3,6 milioni di uscite. Il patrimonio netto intanto si assottiglia ogni anno che passa. Nel 2014 scende a 13 milioni, poi a 6,7 milioni nel 2015 fino a toccare i soli 4,5 milioni alla fine dello scorso anno.
Anche la cassa liquida si erode. Nel 2014 tra depositi bancari e disponibilità liquide la Lega contava su 4 milioni di giacenza. Già l’anno dopo scendono a 1,4 milioni e nel 2016 la cassa finisce. Sui conti solo 164 mila euro che scendono a 40 mila a fine del 2017. Non solo, ma la Lega finisce per mandare in liquidazione tre sue società: la Celticon Srl; la Bicicletta srl e Media padana. Chiuse, liquidate dopo averle svalutate. A Salvini resta solo la Pontida Fin, la società che gestisce il patrimonio immobiliare del movimento iscritto a bilancio per poco più di 7 milioni.
Ma c’è un enigma che non trova spiegazioni leggendo i bilanci. La Lega possedeva nel 2011 un bel tesoretto di 20 milioni in titoli, Btp e bond societari europei. Fa specie che il partito no euro investa in Btp, consapevole che l’uscita eventuale dalla moneta unica deprezzerebbe e molto il tesoretto.
Ma tant’è. Quel tesoretto si assottiglia alla velocità della luce. Nel 2012 i titoli scendono a 7,8 milioni, poi si scende a 3,2 milioni nel 2014. Infine azzerati nel 2015. Dove sono finiti? Se fossero stati venduti ci sarebbe un incasso tra i proventi finanziari di cui non c’è traccia. Se sono stati usati per integrare le perdite allora l’erosione del patrimonio sarebbe stata meno devastante.
L43 ha contattato più volta il tesoriere della Lega per avere spiegazioni in merito. Il bilancio così come è scritto non dà conto di questo azzeramento del capitale investito in titoli. Quando Salvini dice che i soldi sono stati spesi e non ci sono più ha ragione. Resta la domanda o meglio le due domande: cosa spesavano quegli ingenti oneri diversi di gestione e dove sono finiti i 20 milioni di titoli di cui non c’è più traccia?
Ora gli uomini dell’Uif di Bankitalia su mandato della Procura sono a caccia per risolvere l’enigma.
Fonte: qui
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