9 dicembre forconi: Si è suicidato l'uomo che aveva gettato la figlia da un viadotto nel chietino

lunedì 21 maggio 2018

Si è suicidato l'uomo che aveva gettato la figlia da un viadotto nel chietino

Si è suicidato l'uomo che ha lanciato la figlioletta dal viadotto della A4 a Francavilla al Mare, in provincia di Chieti. Dopo essere rimasto per ore in bilico sul viadotto, minacciando di lanciarsi nel vuoto, l'uomo si è lasciato cadere ed è precipitato. Circa un'ora prima erano giunti sul posto i suoi familiari, che non sono riusciti a convincerlo a desistere al suicidio. La tragedia sembra legata alla caduta della compagna dell'uomo, e madre della ragazzina, avvenuta stamane dal quarto piano di una palazzina di Chieti. Soccorsa dai sanitari del 118, la donna è morta in ospedale. Non sono ancora chiare le ragioni della caduta.

L'uomo e la figlia, intorno alle 13,30, erano stati visti scavalcare il parapetto. La bambina è stata gettata da un'altezza di 40 metri, dopo che il padre aveva minacciato di lanciarsi nel vuoto insieme alla bambina. Inutile l'intervento dei negoziatori e della famiglia del deceduto. "Fermi, fermi. Andatevene con quell'affare, non gonfiatelo", aveva detto l'uomo mentre i vigili del fuoco stavano allestendo un gonfiabile da posizionare sotto il ponte. Poi si è lanciato.
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La ricostruzione
Secondo la ricostruzione, l’uomo ha parcheggiato l’auto nelle vicinanze di quel varco, di cui evidentemente conosceva l’esistenza, e si è avvicinato trascinando la figlia oltre la rete per poi spingerla nel vuoto. A questo punto deve avere avuto come un blocco, una specie di ripensamento, ed è iniziata la lunga attesa. Quando Fausto ha urlato scusa, Marina era già morta in un letto dell’ospedale di Chieti, uccisa dalle ferite riportate in seguito alla caduta. È stato impossibile salvarla, hanno riferito i medici. Se fosse rimasta in vita, avrebbe comunque dovuto sopportare il dolore per la morte della figlia, il cui collo si è spezzato dopo un volo di quasi quaranta metri. La bambina è stata trovata vicino a uno dei piloni del grande viadotto dell’A14 situato tra le uscite di Pescara Ovest e Francavilla. Il padre ha impedito che qualcuno si avvicinasse al corpo, che non dava cenni di vita, minacciando di buttarsi se i soccorritori avessero accorciato le distanze. Per molte ore i carabinieri, la squadra mobile e la Polstrada, con pazienza e pesando ogni parola, hanno tentato di convincere l’uomo a desistere dai suoi propositi. Lui, alternando momenti di crisi e di silenzio, a un certo punto deve essersi stancato. Proprio mentre sotto i vigili del fuoco sistemavano il telone che avrebbe dovuto attutire la caduta. Non hanno fatto in tempo a completare il lavoro. Filippone deve aver preso coraggio quando li ha visti all’opera. Ha chiuso gli occhi e ha allentato la presa delle mani.

Chieti, lancia figlia dal viadotto di Chieti e minaccia il suicidio (Corriere Tv)

Lettore video di: Corriere Tv (Informativa sulla privacy)

IL MOMENTO IN CUI FAUSTO FILIPPONE SI È LANCIATO DAL VIADOTTO DI FRANCAVILLA 

‘NON AVEVA PROBLEMI PSICHICI NÉ DI SOLDI’

LA RICOSTRUZIONE DELLE ULTIME ORE DEL DIRIGENTE CHE HA UCCISO LA FIGLIA E FORSE ANCHE LA MOGLIE - IL MISTERO DEL FOGLIO CHE HA PERSO MENTRE CADEVA NEL VUOTO: ‘QUEL PEZZO DI CARTA AVEVA DIVERSI NOMI E, SEPARATI, I COGNOMI’

Fausto Filippone si lancia dal viadotto

 


1. «FILIPPONE NON ERA MALATO»: LA POLIZIA INDAGA SULLA TRAGEDIA DELL’A14

«Fausto Filippone non risultava esser affetto da patologie in genere ed, in particolare, da problemi psichici. Gli accertamenti svolti sinora hanno evidenziato che non esistevano problematiche di rilievo, o che possano giustificare i gesti compiuti, all’interno del nucleo famigliare»: lo riferisce la polizia che ha indetto lunedì a mezzogiorno una conferenza stampa sul caso dell’uomo, suicidatosi ieri dal Cavalcavia della A14, a Francavilla al Mare (Chieti) dopo avere lanciato dallo stesso ponte, una bambina, la figlia Ludovica, di 10 anni.
fausto filipponeFAUSTO FILIPPONE


«L’unico recente episodio» riguarda la morte della madre di Fausto Filippone, «a cui lo stesso era particolarmente legato e che, in qualche modo, poteva averlo destabilizzato senza peraltro che lo stesso abbia esternato importanti segni di sofferenza», dice la polizia. Particolari sulle motivazioni del gesto assurdo potrebbero arrivare da un foglio che, durante la fase di trattativa con la polizia, Filippone ha gettato un foglio dal viadotto, «ove erano elencati dei nomi su cui si stanno svolgendo i dovuti riscontri».

La ricostruzione
Il giorno dopo la tragedia si cerca di ricostruire le ultime ore di vita di Filippone. La polizia di Stato di Chieti nella tarda mattinata di ieri è intervenuta dopo che è stata segnalata la presenza di «una donna che si trovava a terra, dopo essere caduta da un balcone del secondo piano di un palazzo, da un’altezza di circa 10 metri.

La donna è stata immediatamente trasportata in ospedale ed è stata identificata come Marina Angrilli, classe 1966 di Pescara, giunta in gravissime condizioni» nella struttura sanitaria. «Nel corso del pomeriggio, intorno alle ore 16.00, la donna è deceduta per le lesioni riportate». Si trattava della moglie di Filippone, caduta dal balcone di casa, forse spinta dal marito. Sono stati i condomini a dare l’ allarme al 118.

fausto filippone 2FAUSTO FILIPPONE 

Non si sa cosa abbia fatto Filippone tra la caduta della moglie e il momento in cui «alle 13 - come informa una nota della polizia - sono giunti al «113» diverse segnalazioni da parte degli utenti in transito sulla A14, direzione Sud, con cui è stata comunicata la presenza di un’autovettura ferma sulla carreggiata del Viadotto Salento, situato nel comune di Francavilla al Mare». Sembra che l’uomo abbia prelevato la figlia, Ludovica Filippone, 10 anni, di Chieti, dai nonni, abbia parcheggiato la macchina e duecento metri dal viadotto e poi si sia arrampicato: la polizia quando è intervenuta li ha visti «entrambi seduti sopra la barra superiore del guard rail, immediatamente a ridosso della rete di recinzione».

Poco dopo, sotto gli occhi sgomenti del «personale della polizia di Stato», l’uomo ha lanciato la bambina dal viadotto, «facendola rovinare a terra da un’altezza di circa 50 metri». Dopo sette ore per cercare di dissuaderlo, l’uomo si è lanciato nel vuoto anche lui, ed è morto. A chi ha provato a polemizzare con le forze dell’ordine per non essere intervenute per verificare le condizioni della bambina, la polizia ha chiarito che non aveva purtroppo alcun senso: il corpo era privo di vita, come ha valutato anche il magistrato sul posto.

«Non si stavano separando»
Per ora sembrano smentite anche le voci di una separazione in corso. Azzurra Santoro, la madre di una amichetta di scuola di Ludovica Filippone, racconta: «Era una famiglia normalissima non mi sarei mai aspettata che accadesse una cosa del genere. Il padre era una persona serenissima. Non è vero, come hanno detto, che era una persona imbronciata. I genitori di Ludovica non si stavano separando. Non c’erano segnali strani».

fausto filipponeFAUSTO FILIPPONE
«Ludovica - conclude Azzurra Santoro - era una bambina tranquillissima e intelligentissima. Una bimba normalissima, allegra, dolce e sempre sorridente. Mai nessuna tristezza, era adorata dai genitori». Venerdì sera, dopo un concerto a Caramanico, Ludovica e la figlia della signora Santoro hanno dormito insieme a casa di Ludovica. Una serata felice, come tante altre. Poi, a distanza di meno di 48 ore, il tragico epilogo.


CHIETI, IL GIALLO DEI NOMI SUL FOGLIO. "FILIPPONE NON AVEVA PROBLEMI PSICHICI"
Corrado Zunino per www.repubblica.it

Ha perso un foglio mentre si lasciava cadere di schiena dal Viadotto Alento. Lo hanno ritrovato sulla strada sterrata, ai piedi del pilone. Lontano dal corpo di Fausto Filippone, il manager della moda che domenica alle 19,57 si è suicidato. Lontano dal corpo della sua bambina, Ludovica, 10 anni, uccisa da lui all’una del pomeriggio: l’aveva portata oltre il jersey dell’A14 e l’aveva fatta precipitare per trenta metri. Quel pezzo di carta, scritto a mano, la penna blu, presenta alcuni nomi e, separati, diversi cognomi. “È un foglietto confuso”, dice il questore di Chieti, Raffaele Palumbo: “La squadra mobile sta cercando di dare un senso e un’identità agli appunti segnati sopra”. Sempre che siano davvero i suoi, di Filippone. Sotto il viadotto, alle otto di domenica sera, c’erano cento persone.
L UOMO SUL CAVALCAVIA DI FRANCAVILLA CHIETIL UOMO SUL CAVALCAVIA DI FRANCAVILLA CHIETI

Nessun testimone del volo dal balcone
Il questore di Chieti, a poche ore dalla tragedia in Contrada Coderuto, ha voluto togliere di mezzo incomprensioni e inesattezze lasciando alla fine la sala del Palazzo della Provincia con diversi vuoti. “Non ci sono testimoni della caduta dall’appartamento di Chieti scalo di Marina Angrilli”, ha detto. Marina Angrilli moglie di Fausto, madre di Ludovica. L’ipotesi che il marito – alle 12.06 di domenica - l’abbia spinta dal balcone al secondo piano di Piazza Roccaraso 18 (la donna poi è morta in ospedale) resta in piedi, ma non viene corroborata da nuovi elementi.

“Non si sa” se Filippone fosse, intorno a mezzogiorno, insieme alla moglie in quella casa di proprietà e in passato affittata a studenti. Non ha chiamato lui il 118, ma vicini. “Non risulta” che il marito l’abbia accompagnata in ospedale, “anche se sapeva che era caduta”, né, tantomeno, che abbia rilasciato false generalità. “Non ci sono testimoni” per comprendere davvero che cosa è successo sul davanzale di Piazza Roccaraso, tra il motore del condizionatore esterno e una scala lasciata fuori. I due teste presi a verbale hanno detto cose poco rilevanti.

Ludovica e la canzone di Arisa
L UOMO SUL CAVALCAVIA DI FRANCAVILLA CHIETIL UOMO SUL CAVALCAVIA DI FRANCAVILLA CHIETI
Si sa, per certo, che l’uomo intorno alle 12,30 è andato a prendere sua figlia nella casa di Spoltore, alla periferia di Pescara: via Punta Penna. Ludovica era con gli zii materni. L’appartamento di Spoltore era la casa quotidiana della famiglia Filippone, era di proprietà della moglie. Papà e mamma, solo venerdì sera, erano andati a vedere il concorso canoro della piccola. Ludovica aveva cantato “Controvento” di Arisa, con qualche incertezza e un grande applauso finale. 

Duecento metri mano nella mano
Il padre, ecco, alle 12.30 domenica ha salutato i parenti e fatto salire la figlia in auto, ha imboccato l’A14, fermato l’auto sul viadotto, chilometro 389, è sceso con la bimba e ha iniziato a camminare mano nella mano. Per duecento metri. Li hanno visti molti automobilisti, hanno dato l’allarme: è uscita una pattuglia della polizia stradale. Quando è arrivata sul viadotto, Fausto ha alzato la bimba per i fianchi e l’ha lanciata di sotto. Quindi ha scavalcato in un punto senza rete di contenzione e si è sistemato sulla soletta di cemento. La soletta esterna. Sette ore, un’estenuante trattativa, a fasi, e l’ha fatta finita anche lui. Lanciandosi di spalle.

"Nessuna malattia psichica"
Filippone, spiega la polizia, "non risultava esser affetto da patologie in genere ed, in particolare, da problemi psichici. Gli accertamenti svolti sinora hanno evidenziato che non esistevano problematiche di rilievo, o che possano giustificare i gesti compiuti, all'interno del nucleo famigliare". “Era una comune famiglia italiana”, dice il questore, “questa è una tragedia della comunità”. Non ci sono mai stati interventi di polizia e carabinieri, in passato, per sedare liti che riguardassero Fausto e Marina: hanno controllato attraverso il 112.

L UOMO CHE MINACCIA DI BUTTARSI DAL CAVALCAVIA FRANCAVILLAL'UOMO CHE MINACCIA DI BUTTARSI DAL CAVALCAVIA FRANCAVILLA
Nessun vicino, fosse a Spoltore, fosse a Chieti scalo, ha mai raccontato di urla. Sono stati smentiti anche eventuali problemi del padre alla Brioni di Penne, la fabbrica di sartoria: “Era un uomo silenzioso sul lavoro, ma molto impegnato”. È confermato, invece, che lo scorso agosto a Fausto Filippone era morta la madre, malata di Alzheimer. “Aveva patito molto quella perdita”, e per ora è l’unico elemento in contraddizione con un quadro familiare di affetto e serenità tratteggiato davvero da tutti. Francesco Angrilli, fratello di Marina, oggi ha voluto ribadire per iscritto: “Era una famiglia sana e di buoni principi".

L'ultima telefonata di Marina
Marina Angrilli, liceo scientifico Leonardo Da Vinci di Pescara, era una docente di italiano e latino dal metodo severo. Gli alunni la temevano, ma presto imparavano ad apprezzarne il rigore. Aveva anche litigato con il preside, che le chiedeva una maggiore rilassatezza. Marina era compita e precisa, anche nel vestire. Faceva palestra. Una collega, un’ora e mezza prima che lei cadesse (o fosse stata spinta) dal balcone, le aveva parlato al telefono. Ora l’amica ricorda: “Mi ha raccontato per tutto il tempo di Ludovica, di quanto era orgogliosa del fatto che avesse partecipato al concorso canoro in maniera sportiva, senza competizione. Subito dopo l’esibizione era andata a giocare con gli amici”.

Ludovica, dopo la scuola materna al Ravasco, aveva frequentato le primarie in Via del Concilio, sempre a Pescara. Stava concludendo la quinta classe, ed era già iscritta alle medie della Tinozzi. Ludovica da anni ballava, era chiaramente una figlia seguita. Lo documentano foto di viaggi recenti alle Cinque Terre, tutti insieme. E l’inverno trascorso da Fausto a insegnare alla bambina a sciare. Poi quella caduta nella casa di Chieti di nuovo libera, domenica all’ora di pranzo. Dal balcone, sei metri sotto. Forse un gesto incontrollato, che ha fatto precipitare tutto. E distrutto in otto ore una comune famiglia italiana.

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Il negoziatore di Chieti: "La bambina sotto choc non ha reagito" 

Hanno tentato ogni strada per convincerlo a non lanciarsi nel vuoto, ma lui, Fausto Filippone, aveva deciso sin dall'inizio quale sarebbe stata la fine di quel dramma durato sette ore e mezzo. A un metro e mezzo dal manager che domenica 20 maggio ha ucciso moglie e figlia prima di suicidarsi dal cavalcavia della A14 a Chieti c'erano il maresciallo dei carabinieri Alessio D'Alfonso e il professor Massimo Di Giannantonio, ordinario di psichiatria all'università di Chieti. È proprio lo psichiatra a rilasciare un'intervista a Il Messaggero e a spiegare i momenti di contrattazione che hanno preceduto il suicidio di Filippone. Che cosa c'è alla base della tragedia familiare di Chieti?
"Ha detto che era un uomo felice e che aveva una vita serena, ma che qualcosa era cambiato 15 mesi fa, quando ha avuto un forte trauma. Non ha detto altro, ho ha aggiunto quale sia stato l'evento distruttivo".
Forse, a destabilizzare l'uomo la morte della madre alla quale Filippone era particolarmente legato. Un gesto, quello del manager 49enne, che sembrava premeditato. Ha portato con sé la figlia di 12 anni, l'ha uccisa lanciandola dal cavalcavia senza che lei avesse alcuna reazione.
"Quando la pattuglia della polizia stradale è arrivata sul posto ha visto la bambina sospesa nel vuoto accanto a lui, ma era come stordita, in totale stato di choc. In piedi sul vuoto, con una condizione emozionale di tipo inibitorio. E quando lui l'ha spinta giù non ha fatto, un urlo".
Sebbene il questore di Chieti abbia dichiarato che l'uomo non fosse affetto da problemi mentali, ma che fosse "normale", secondo Di Giannantonio la normalità di questa persona "è una normalità apparente".
Come spiega lo psichiatra, si era nel campo della patologia psichiatrica più estrema, sulla quale l'intervento terapeutico è inefficace. "Non appena l'ho visto, ho avuto subito l'impressione che l'epilogo fosse già scritto".
Per convincerlo a non buttarsi, lo psichiatra e i soccorritori hanno tentato due strade: Filippone non era certo della morte della moglie, dunque hanno cercato di fargli credere che ci fossero delle speranze che fosse viva. Lo stesso è stato fatto per la bambina. Gli hanno fatto credere che la sua famiglia potesse essere ancora salvata, ma "lui non ci ha mai fatto avvicinare", ha detto lo psichiatra. Continuava a ripetere che si sarebbe buttato anche se i soccorritori avessero tentato di avvicinarsi alla bambina, per cercare di salvarla. Sul posto è arrivata anche la sorella di Filippone, ma hanno preferito non fargliela vedere: "l'incontro avrebbe potuto esasperare la situazione". Poi, negli ultimi venti minuti, l'uomo ha cominciato a guardare nel vuoto.

"Interrompeva, non rispondeva, non interagiva. [...] Guardava giù e guardava noi. Vedevo che stava valutando la possibilità di acquisire il coraggio per fare il gesto definitivo. Era come un giudice che aveva emesso nei suoi confronti una condanna capitale. Il numero delle ore sospeso a quella rete era il numero delle ore che il detenuto passa nel braccio della morte: gesto commesso, condanna pronunciata, occorreva soltanto stabilire il momento nel quale agire. E a quel punto abbiamo capito che non c'era più niente da fare". 

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