Centinaia di torce accese. Sempre.
L’intera produzione italiana di gas naturale, in fumo.
Da un consulente petrolifero
Riceviamo e pubblichiamo volentieri questo sfogo di uno dei tanti professionisti italiani che da anni lavorano in Iraq. Si ringrazia il lettore che ha segnalato un errore di conversione da metri cubi a barili poi corretto.
Gentile Lettore,
sono un consulente petrolifero e da anni lavoro nel sud dell’Iraq, dove gli scenari che mi tocca vedere tutti i giorni sono la più incredibile prova della stupidità, follia e arroganza del genere umano.
Immagine satellitare (scala a sinistra 200m) di una delle stazioni di degassaggio. Le frecce verdi indicano spillamenti di greggio. Le torce indicate dalle frecce producono il fumo che rimane denso per chilometri.
Qualche dettaglio tecnico è necessario per riuscire a capire quanto sto per descrivere. Insieme al petrolio greggio tipicamente si estrae un’enorme quantità di gas. Dai giacimenti da cui sono riportate le foto in questo articolo, si estraggono quasi 800 m3 di gas (a pressione atmosferica) per ogni m3 di petrolio estratto. No, non ho scritto male, il rapporto tra il volume di gas estratto una volta portato a pressione atmosferica e quello del petrolio estratto è di 800 a 1! Ora, nel sud dell’Iraq ogni giorno si estraggono oltre 3 milioni di barili di greggio (in m3 circa 500 mila). Se ipotizziamo ora per un momento che tutti i pozzi estrattivi si comportino come quelli descritti in quest’articolo, arriviamo alla strabiliante cifra di 140 miliardi di metri cubi di gas(Smc) bruciati in un anno. Certo, probabilmente in media i pozzi petroliferi non avranno un’emissione così alta di gas. Ma anche dividendola di 20 volte, supererebbe la produzione di gas naturale in Italia nel 2017 (5,6 miliardi di m3)!
Tutto questo gas potrebbe essere opportunamente trattato, compresso o idealmente liquefatto, venduto ed usato per alimentare centrali con turbine a gas, per autotrazione o per altre applicazioni… in un mondo ragionevole e razionale. Qui, invece, il brillante approccio è quello di bruciarlo con impianti vecchi e mal concepiti che non sono capaci di separare completamente i vapori di idrocarburi pesanti dal gas. Il risultato sono centinaia di torce disseminate sui campi petroliferi che affollano l’orizzonte con nuvole di fumo nero e denso durante il giorno e fiamme rosse durante la notte… il sole sembra non tramontare né sorgere mai sui campi petroliferi iracheni.
So bene che il flaring (si chiama così la geniale idea di bruciare una risorsa preziosa e limitata come il gas naturale) è stato ampiamente praticato in Iraq come in molti altri paesi produttori di petrolio, fin dall’inizio dello sfruttamento dei giacimenti a partire dal secondo dopoguerra. Ma vederlo con i propri occhi tutti i giorni è tutta un’altra storia come potete forse immaginare dalle immagini allegate a questo mio sfogo di rabbia e frustrazione. Ricordo le impressionanti immagini dei pozzi dati alle fiamme dalle truppe di Saddam in ritirata dal Kuwait dopo la prima guerra del Golfo, quella di Bush padre. Le emittenti televisive occidentali facevano a gara per mostrare la barbarie dello spreco e dell’inquinamento… bene, quei pozzi bruciarono per poche settimane, mentre le Compagnie Petrolifere e i Governi di molti paesi in via di sviluppo stanno facendo praticamente la stessa cosa da mezzo secolo e forse più e su una scala enormemente maggiore! Ma di questo nessuno ne parla mai, non conviene a nessuno evidenziare questo scempio. Qualche giorno fa mi è stato mandato un articolo di un giornale che pretende di fare controcultura nel quale si raccontava esterrefatti di pozzi dati alle fiamme dai militanti dello Stato Islamico in ritirata dai territori occupati: pozzi che producono 30000 barili, quindi un centesimo della produzione del solo Iraq e anche questi spenti in pochi giorni come quelli dati alle fiamme da Saddam nei primi anni ‘90! Quindi un evento infinitamente meno importante, sia come intensità che come estensione temporale, rispetto alla pratica del flaring… a qualche giornalista manca letteralmente il senso della misura e degli ordini di grandezza. Lacuna ampiamente compensata però dalla sensibilità per le marachelle dei cattivi di turno al fine buttare fumo negli occhi all’opinione pubblica e nascondere i fattori fondamentali dell’inquinamento e dello sfruttamento sconsiderato e criminale delle risorse naturali.
A mio avviso sono due gli effetti più devastanti di tale follia: lo stupido e irresponsabile spreco di enormi risorse naturali (con il gas estratto si brucia più di un terzo del potenziale energetico estratto) e il criminale avvelenamento dell’aria e di riflesso del suolo e dell’acqua del pianeta, perché le nubi nere non si fermano ai confini iracheni.
Non considerando gli spillamenti di olio su una terra già devastata e il fatto che l’Iraq ha impianti di raffinazione insufficienti a soddisfare la domanda interna di carburanti e quindi il governo si accontenta di vendere il petrolio a pochi dollari al barile alle Compagnie Petrolifere occidentali? e comprare idrocarburi raffinati dall’estero quando invece potrebbero essere assolutamente indipendenti ed esportare gas e petrolio grezzo ed essere energeticamente più efficienti e meno inquinanti con solo una piccola frazione del gas che invece si brucia ininterrottamente da ormai sessant’anni, inquinando pesantemente l’aria che tutti respiriamo e impoverendo il popolo iracheno derubandolo della sua unica risorsa di valuta estera?.
Una società privata aveva proposto ad una delle società del Ministero del Petrolio Iracheno di realizzare un piccolo impianto di trattamento e compressione del gas separato da installare presso un impianto petrolifero già in costruzione. Un veloce calcolo a supporto della proposta dimostrava che i costi dell’impianto si sarebbero ripagati con meno di un anno di vendita del gas e avrebbe prodotto profitti per i successivi trent’anni almeno… la società irachena ha rifiutato l’offerta, probabilmente perché non sono affatto interessati dato che, a quanto pare, quasi nessuno dei rappresentanti della “occidentalizzata” e “democratica” Repubblica dell’Iraq vive più qui ma viaggiano da Dubai o Istanbul a Bagdad per le sporadiche e probabilmente inutili (perché le cose importanti si decidono altrove) riunioni del Governo Iracheno, democraticamente eletto per grazia concessa dal più prezioso bene importato in Iraq negli ultimi decenni: la Democrazia Occidentale.
Una proposta simile, ma su scala molto più vasta, è stata fatta da anni da una grossa Compagnia Petrolifera con l’intento di comprimere e trattare i miliardi di metri cubi di gas prodotti ogni giorno in Iraq come prodotto collaterale al petrolio. Nessun passo avanti fino ad ora. Dal momento che il petrolio e il gas associato sono l’unica ricchezza dell’Iraq, avrei immaginato che il loro razionale sfruttamento fosse il primo punto su tutte le agende del Governo e del Ministero Iracheno del Petrolio, ma probabilmente sono un ingenuo. E così continuano a bruciare tutto il gas sprecando in questo modo oltre un terzo dell’energia estratta!
Non ho i dati per dire chi o cosa sia responsabile di una tale vergogna, ma chiunque sia il responsabile, credo che debba sedere di fronte ad una Corte di Giustizia Internazionale per crimini contro il pianeta. E credo anche che l’informazione e le associazioni ambientaliste si stiano concentrando sui soggetti sbagliati in termini di mitigazione dell’inquinamento e sostenibilità, e forse non è un caso.
Fonte: qui
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