SALGONO A OLTRE TRE MILIONI I PROFUGHI IN FUGA DALLO STATO SUDAMERICANO, I PAESI CONFINANTI IN ALLARME: “È LA NOSTRA SIRIA, BISOGNA AGIRE SUBITO”
Francesco Semprini per La Stampa
Mosca accorre in aiuto di Caracas per evitare il «fallimento» finanziario del Paese, mentre la crisi venezuelana si acuisce sul piano interno e internazionale, tanto da essere definita la «Siria delle Americhe». La Russia ha dato luce verde ieri alla ristrutturazione del debito da 3,15 miliardi di dollari del Venezuela, con un impegno da parte del Paese latinoamericano per ripagare il passivo «entro 10 anni».
Un salvataggio in extremis giunto dopo che l' agenzia di rating Standard & Poor' s ha dichiarato il Venezuela in «default selettivo» per il mancato rimborso di 200 milioni di dollari di obbligazioni statali.
Mentre la collega Fitch ha inserito la compagnia petrolifera pubblica Pdvsa in «default restrittivo» a causa del ritardo nei pagamenti dei bond in scadenza al 27 ottobre e 2 novembre scorsi. Il rischio collaterale a un «default» era quello di ondate speculative al ribasso che avrebbero dato il colpo di grazia a una nazione già piegata da una crisi politica, economica e sociale devastante. La mancanza di generi di prima necessità e la recrudescenza dello scontro tra il governo di Nicolas Maduro e l' opposizione stanno spingendo un numero sempre maggiore di persone a lasciare il Paese.
I numeri sono da brivido: 1,2 milioni di persone hanno chiesto asilo in Colombia, circa un milione in Brasile e 600 mila a Panama, in totale la metà della cifra registrata per la Siria in tutta la sua crisi. Non a caso durante l' ultimo vertice sulla cooperazione dell' area Pacifico (Apec) è circolato un dossier informale tra le diplomazie latinoamericane, messicana e canadese, in cui la crisi venezuelana veniva definita come «la Siria delle Americhe». Una tragedia umanitaria in divenire che potrebbe raggiungere proporzioni equivalenti a quella siriana in meno di quanto si pensi.
«I siriani fuggivano in Europa, i venezuelani in Paesi di minore rilevanza mediatica, pertanto il fenomeno non ha la visibilità che dovrebbe», spiega Ian Bremmer di Eurasia Group, di ritorno dal vertice Apec in Vietnam. Tutto ciò trasforma la crisi interna in questione di sicurezza regionale. Ipotesi respinta con forza da Russia e Cina, che in Consiglio di Sicurezza Onu, assieme a Egitto e Bolivia, sono stati categorici nel definire la crisi una questione interna sulla quale l' Onu non deve mettere bocca.
Per eludere il veto di Mosca e Pechino in Cds, Italia e Stati Uniti hanno convocato una riunione informale per denunciare attraverso l' Alto Commissario dell' Onu per i diritti umani, Zeid Ra' ad al Hussein, la situazione dei diritti umani nel Paese sulla base delle segnalazioni di detenzioni arbitrarie, torture e maltrattamenti degli oppositori del governo. P iù in là della denuncia tuttavia non si va: la riunione è stata per l' ambasciatrice americana Nikki Haley una vetrina per mostrare i muscoli, per l' Italia un modo per ribadire la profonda preoccupazione per un Paese con cui è legata a doppio filo.
«Finché ci sarà questo muro contro muro all' Onu non si può andare oltre, le sole misure che possono funzionare sono quelle prese dai singoli Paesi, come le sanzioni», spiega una fonte diplomatica vicina al dossier. Il segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, si dice contrario a nuove misure restrittive sul petrolio di Caracas, perché «il regime riuscirebbe a utilizzare altri canali di sbocco».
Quello che il clan di Maduro teme è una stretta dell' Unione europea con sanzioni ad personam. «I pezzi grossi del Governo venezuelano, che già non possono viaggiare in Usa e Canada, si vedrebbero precluso l' accesso in Europa - spiega la fonte -. E ancor peggio vedrebbero sequestrati i "tesoretti" nascosti nei conti delle banche nel Vecchio continente».
Fonte: qui
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