MA RISCHIA UN ALTRO SCHIAFFONE: LA COMMISSIONE SULLE BANCHE DISCUTERA’ IL CASO ETRURIA POCO PRIMA DELLO SCIOGLIMENTO DELLE CAMERE. A RIDOSSO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE…
Tommaso Ciriaco per la Repubblica
Martedì scorso Paolo Gentiloni chiama Matteo Renzi. È la penultima di una serie di telefonate su Bankitalia, ma è quella definitiva: «Ci ho provato - scandisce il premier - ma non ci sono margini. Ho fatto il possibile». Vince il round Ignazio Visco, perde il segretario del Pd. Ha la meglio il Quirinale, mentre il presidente del Consiglio finisce stritolato in una neutralità impossibile. Tutto, però, lascia pensare che la sfida su Palazzo Koch sia appena cominciata.
«La verità - confida ai suoi Renzi, pochi minuti dopo la conferma del governatore - è che noi sapevamo da 48 ore che sarebbe finita così, ma abbiamo messo a verbale il nostro radicale dissenso». Di più: «Adesso ci concentriamo sul lavoro della commissione sulle banche. Si parlerà degli istituti veneti, di Consob, di Mps e di tutto il resto. Il rischio è che esca indebolito un governatore appena riconfermato. Non per colpa del Pd, ma per il lavoro d' inchiesta parlamentare».
Partita su Bankitalia, la campagna elettorale promette di giocarsi per mesi attorno allo stesso palazzo. Il primo a saperlo è il Governatore appena riconfermato. So che non finisce qui, il senso dei suoi ragionamenti, so che continueranno fino alle elezioni, so che abbiamo limitato le crisi bancarie meglio che negli altri Paesi ma che non basterà a fermare le accuse strumentali che ci rivolgono. Per questo, Visco si prepara a resistere. Dovrà mettercela tutta.
L' ultima idea del Pd è quella di portare avanti il lavoro d' inchiesta anche a Camere sciolte. Non è prassi, ma come interpretare altrimenti la richiesta di conoscere al meglio le «regole d' ingaggio » avanzata ieri a Laura Boldrini dal presidente della Commissione Pier Ferdinando Casini, a cui nessuno dei gruppi parlamentari si è opposto? «Possiamo continuare nelle audizioni a Camere sciolte - ha domandato l' ex diccì - o dobbiamo fermarci? ».
La risposta congiunta con Piero Grasso limiterà con ogni probabilità l' azione dell' organismo durante la campagna elettorale soltanto alla stesura dell' istruttoria finale. Ma il messaggio è arrivato comunque a destinazione. «Una commissione d' inchiesta si fa per scoprire la verità - insiste d' altra parte Matteo Orfini - non per nascondere le responsabilità. Chi non ne ha, non ha ragione di preoccuparsi ».
C' è da preoccuparsi, invece. I veleni promettono di invadere l' arena elettorale. E Renzi non arretra. Non ha intenzione di ascoltare i richiami informali del Colle alla moderazione. In privato, anzi, ricorda che il bis del Governatore era avversato mozioni alla mano - dall' ottanta per cento del Parlamento. Né teme di entrare in conflitto permanente con Mario Draghi, considerato il vero baluardo della continuità in Bankitalia. L' ultimo tentativo di mediazione a favore del direttore generale della Banca d' Italia Salvatore Rossi, fallito tre giorni fa per volontà del Colle, ha paradossalmente rinforzato le convinzioni dell' ex premier.
«Quando Paolo mi ha richiamato - ricorda Renzi - gli ho detto che andava bene così, ma che resta un errore grave che mi trova radicalmente contrario». Nessuna tregua, insomma. Né voglia di simularla, come dimostra Orfini: «La commissione già dalle prime audizioni si è imbattuta in ripetuti casi di discutibile commistione tra controllato e controllore. E temo che di casi analoghi ne incontreremo non pochi». Vicende risalenti all' attuale gestione, questo è il target, come di quelle precedenti.
Ecco il cuore della strategia pianificata dal segretario dem. Sta tutto nella bozza di calendario di audizioni parlamentari anticipato da Renzi a Gentiloni a poche ore dalla nomina di Visco, durante l' ultima inutile telefonata tra i due. Un elenco di crisi bancarie da sviscerare, con la lente d' ingrandimento puntata sull' azione di vigilanza di Visco e dei suoi predecessori: dal 7 novembre, appena terminata la panoramica sulle banche venete, spazio per due settimane al delicatissimo dossier Monte dei Paschi, quindi altri quindici giorni dedicati ad Etruria. Nel mezzo, l' audizione del capo della Vigilanza di Bankitalia Carmelo Barbagallo. Solo alla fine toccherà a Visco, anche se i dem potrebbero chiedere di non lasciarlo in fondo alla lista.
C' è abbastanza benzina per appiccare un incendio. E c' è soprattutto la volontà politica di Renzi di non scontare in campagna elettorale la crisi di Etruria, semmai di cavalcare l' onda lunga dei pasticci bancari e guadagnare consensi su quel terreno. Un progetto condensato nelle convinzioni di Francesco Bonifazi, braccio destro e sinistro del leader: «Non sapete quanti imprenditori mi stanno mandando messaggi per chiedermi di andare avanti. Ci spingono ad accertare la verità. E così faremo! ».
27 Ottobre 2017
Fonte: qui
VISCO INIZIA A TOGLIERSI I SASSOLINI DALLE SCARPE
PRIMO SILURO A SACCOMANNI E LETTA PER IL BAIL IN, IL SECONDO PER PADOAN E IL DUCETTO PER I DECRETI SULL’ETRURIA ED I RIMBORSI AI RISPARMIATORI
LA BOTTA PIU’ FORTE CONTRO RENZI ARRIVERA’ IN PARLAMENTO
A FRANCOFORTE INCONTRO DI MEZZ’ORA CON DRAGHI A PORTE CHIUSE
Rosario Dimito per il Messaggero
«Sono sereno perché io e il direttorio abbiamo messo il massimo di impegno e responsabilità nella gestione delle crisi bancarie. È semmai da parte della politica che non c'è stata piena consapevolezza dei rischi derivanti dalle norme sul bail-in e dalla vendita, del tutto legittima secondo le regole approvate dal Parlamento, dei bond subordinati delle quattro banche finite in risoluzione».
Già mercoledì sera a Francoforte, dov'è atterrato alle 17,45 con il volo Alitalia 404, ai colleghi del Consiglio direttivo che affluivano al quartier generale dell'Eurotower, in vista della riunione di ieri, Ignazio Visco dissimulava la tensione accumulata nell'ultima settimana. E offriva con apparente naturalezza, secondo il resoconto di un testimone, la sua interpretazione sulla polemica sollevata da Renzi e dal Pd riguardo le responsabilità della Vigilanza nelle crisi di alcune banche. Tra l'altro, prima della tradizionale cena con i colleghi del board avrebbe avuto un colloquio a quattr'occhi con Mario Draghi durato una mezz'ora.
IL NUOVO MANDATO
Con i suoi interlocutori non avrebbe però scoperto le carte sulle rassicurazioni ricevute martedì da ambienti del Quirinale circa la sua ormai probabile ricandidatura alla guida della Banca d'Italia. Ha però ripetuto quanto aveva confidato il giorno prima ad alcuni suoi collaboratori: «Saranno altri sei anni molto duri, anche se non ci sono alle viste nuovi salvataggi, avremo addosso gli occhi della politica pronta a sollevare altri polveroni».
Il clima di tensione non gli ha impedito di partecipare attivamente ai lavori del Consiglio Bce che ha dimezzato l'acquisto mensile dei bond di Stato a partire da gennaio 2018, tanto che nel dibattito sarebbe intervenuto in almeno un'occasione per condividere la svolta impressa da Draghi. Infine, alle 20,30 di ieri sera il ritorno a Roma, forte però della conferma dell'investitura trapelata nel pomeriggio dopo l'invio della lettera del premier Gentiloni al Consiglio superiore di Bankitalia.
Questa mattina sarà nel suo ufficio al primo piano di Palazzo Koch, ma non prenderà parte alla riunione del Consiglio superiore fissata per le 8,30 che dovrà esprimere il parere sulla designazione via lettera recapitata al consigliere anziano Ignazio Musu. Il regolamento prevede il voto a scrutinio segreto: per la decisione è richiesta la maggioranza dei due terzi dei membri partecipanti. Il Consiglio era stato di fatto convocato da due giorni, visto che da Palazzo Chigi erano pervenuti segnali inequivocabili di voler chiudere entro oggi l'iter di nomina.
Dopo il parere non vincolante dei 13 saggi, che ovviamente si presume favorevole, il responso verrà sottoposto al Consiglio dei ministri convocato per lo scopo alle 11 di oggi: la relativa delibera di approvazione verrà infine inviata al Quirinale per il completamento della procedura attraverso un decreto a firma del presidente Sergio Mattarella. Il mandato di sei anni decorrerà da mercoledì 1 novembre e scadrà il 31 ottobre 2023.
LA PREMESSA
Il gradimento del Consiglio Superiore, però, non consisterà soltanto in un parere favorevole al nuovo governatore come da rito. Dopo il duro scontro sulla ricandidatura di Visco, che di fatto ha velato l'immagine di indipendenza e autonomia a fondamento dell'Istituto, fra i membri del Consiglio sarebbe maturato un desiderio forte di chiarire al mondo della politica che «l'indipendenza e l'autonomia della Banca d'Italia sono un valore inalienabile, che deve essere preservato ad ogni costo e che ogni interferenza verrà dunque respinta senza indugio». Questo sarebbe stato l'argomento al centro di un confronto tra di loro durante la cena svoltasi ieri sera in un ristorante del centro di Roma organizzata per tirare le fila alle consultazioni in corso da giorni.
LA LETTERA
Dunque, la missiva che giungerà a Palazzo Chigi conterrà, sia pure nel linguaggio ovattato di Via Nazionale, un cappello contenente una presa di distanza dalle ultime vicende. Il fatto che il governo abbia sottoscritto la mozione del Pd nella quale si chiedeva discontinuità nella gestione dell'Istituto - sebbene poi limata in questo passaggio - viene considerata una ingerenza da respingere senza esitazione. «Se il Parlamento ritiene di dover criticare l'operato della Vigilanza - si commentava ieri sera - l'unica sede dove poter esprimere opinioni, anche le più critiche, è la Commissione d'inchiesta, che non a caso proprio il Pd ha fortemente voluto. Ma ogni interferenza sulla nomina del governatore va respinta senza esitazione».
27 Ottobre 2017
Fonte: qui
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