NESSUNA TELECAMERA HA RIPRESO IL DELITTO MA SI CERCANO ALTRI INDIZI NEI FILMATI, UN TESTIMONE HA NOTATO UN UOMO CON I RASTA CHE…
STEFANO LEO
I tatuaggi e gli orecchini tribali erano come una corazza. Ma era quel suo viso da eterno bambino a riflettere il vero carattere di Stefano Leo. «Un ragazzo incredibilmente sensibile e gentile. Che non sarebbe stato capace di far del male a una mosca».
Lo aveva già detto la madre Mariagrazia, partita già sabato dalla casa di Biella per essere ascoltata dai carabinieri di Torino che indagano sull' omicidio del figlio. Lo ripeteva, ieri, Jane Rapinett dal Krishna Village di Murwillumbah, in Australia, dove Stefano si era inserito nella comunità Krishna.
Una laurea in Legge a Milano, dove vive il padre, quattro anni trascorsi in giro per il mondo, Stefano era approdato sotto la Mole lo scorso novembre. Aveva trovato un impiego come commesso in un negozio del centro e la sua casa era un alloggio sulle rive del Po, condiviso con Sebastiano, l' amico sin dai tempi degli studi.
STEFANO LEO
Quella passeggiata, dal fiume fino allo store della K-Way, per lui era un rito. Quaranta minuti tutti per lui, ad ascoltare la musica che arrivava dalle cuffie del telefonino. Le indossava anche l' altra mattina, quando qualcuno lo ha aggredito. Preso alle spalle e sgozzato con un coltello che difficilmente potrà essere ritrovato. Un unico taglio, profondo, che non poteva dare scampo.
Come un agguato ma senza una ragione apparente, visto che l' assassino non ha nemmeno provato a sfilargli lo zaino che portava sulle spalle. Il giorno dopo il delitto, i carabinieri hanno deciso di ripartire dal sequestro di tutti i filmati disponibili della zona. Perché dal passato del ragazzo, anche quello meno recente, non sarebbe emerso nulla di rilevante: nemmeno uno screzio che possa essere in qualche modo collegato all' omicidio.
Le telecamere, però, sono poche. E nessuna punta su quel viale, lungo Po Machiavelli: uno spicchio di città centrale, ma abbandonato.«Oggi è domenica e nessuno ha paura a passeggiare da queste parti - raccontava ieri una coppia -. Durante la notte, però, il panorama è tutto diverso. Queste passeggiate sono frequentate da tossici e senzatetto. Quasi nessuno, se non in gruppo, ci mette più piede. Soprattutto la sera».
STEFANO LEO
Passate le otto, questo diventa il territorio dei pusher, che aspettano i clienti protetti dal buio e dalle siepi che corrono verso la riva. I pochi locali aperti su questo lato dei Murazzi tirano la notte fino alle sette, e spesso i clienti restano accampati nei paraggi ancora per diverse ore. Fantasmi e disperati affacciati su una città che si è già risvegliata da un pezzo.
E proprio un disperato resta il primo sospettato del delitto. Quell' uomo con i capelli rasta, il giubbotto chiaro con sulla schiena una scritta di colore rosso, notato da un testimone mentre si allontanava svelto dalla zona quando i primi soccorsi stavano già raggiungendo Stefano, che con le ultime energie era riuscito a raggiungere la strada e poi era caduto sull' asfalto, in mezzo all' incrocio a due passi da piazza Vittorio. Un folle che uccide senza motivo, in pieno giorno e nel centro di Torino.
È questo che più spaventa e che preoccupa gli stessi investigatori. Un delitto senza motivo e che proprio per questo si potrebbe ripetere.
Ecco perché le telecamere diventano fondamentali.
STEFANO LEO
Nessuna, questo è già stato confermato, ha ripreso la scena dell' aggressione. Ma una ripresa, anche quella di un impianto di videosorveglianza privato, potrebbe aver immortalato, magari per pochi secondi, la fuga dell' assassino. «Addio nipote mio. Proteggici da lassù, ma porta all' inferno chi ti ha ucciso barbaramente» ha scritto su Facebook Daniele, lo zio di Stefano. Lui è convinto: «Troveranno l' assassino. Vedrai, lo troveranno».
25 Febbraio 2019
UN LITIGIO PER UNA FOTO COL CELLULARE ALL’ORIGINE DELL’OMICIDIO A TORINO DI STEFANO LEO
IL SUPERTESTIMONE: “L’ASSASSINO ERA SEDUTO SULLA PANCHINA, ERA NERVOSO. FORSE ERA STRANIERO MA PARLAVA MOLTO BENE L’ITALIANO”
STEFANO LEO
L’assassino di Stefano Leo, il 33enne sgozzato sabato mattina lungo il viale alberato che costeggia le acque del Po, era seduto su una panchina ed era nervoso. Lo ricorda così il testimone che ha fornito ai carabinieri la descrizione dell’uomo che oggi è sospettato di essere il killer. L’identikit coincide con l’immagine di un ragazzo di circa 30 anni, che le telecamere di corso San Maurizio riprendono mentre si allontana a passo svelto poco dopo l’omicidio. Anche per questo il testimone sentito nei giorni scorsi appare attendibile.
«Quell’uomo era seduto su una panchina. Quando mi ha visto prendere in mano il cellulare si è infuriato», ha raccontato. «Non mi fotografare, che cavolo fai con quel telefono?», avrebbe sbottato l’assassino. «Mi si è rivoltato contro e io mi sono allontanato in fretta. Non volevo grane», ha aggiunto. Il diverbio, è questa l’ipotesi investigativa, si sarebbe ripetuto anche con Stefano. Il commesso avrebbe incontrato il sospettato pochi istanti dopo il testimone. La vittima indossava gli auricolari e forse ha tirato fuori dalla tasca il telefono cellulare. Un gesto che potrebbe però aver scatenato la rabbia del killer.
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Quest’ultimo, un uomo che gli inquirenti definiscono squilibrato e pericoloso, temeva infatti che qualcuno potesse fotografarlo mentre era seduto sulla panchina dove i pusher attendono di solito i clienti. L’omicida avrebbe seguito Stefano per una decina di metri per affrontarlo. Lo scontro sarebbe degenerato e il killer, in preda alla rabbia, avrebbe estratto un coltello e colpito Leo alla gola. Per il medico legale Roberto Testi, il commesso è stato ucciso con un unico fendente sferrato con un coltello di grosse dimensioni e molto affilato.
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La pugnalata sarebbe partita mentre vittima e aggressore erano l’una di fronte all’altro. Non ci sono immagini del delitto. La telecamera ha ripreso solo la fuga dell’assassino. I video mostrano Stefano che sale le scale che portano in via Napione: si trascina e usa la sciarpa per bloccare l’emorragia. Il sospettato fugge invece a passo svelto, salendo la scalinata che conduce in Lungo Po Cadorna e poi in piazza Vittorio. Le riprese, poi, confermano la descrizione che il testimone dà del ragazzo seduto sulla panchina: un uomo di circa 30 anni con la pelle olivastra, i capelli scuri, ricci e rasati da un lato. Forse è straniero, ma il testimone ricorda che parlava molto bene l’italiano. E ancora.
STEFANO LEO
QUELLO A STEFANO LEO E’ STATO UN AGGUATO
SVOLTA NEL CASO DEL DELITTO DEI MURAZZI A TORINO, IL KILLER APPOSTATO PER OLTRE MEZZ’ORA
VOLEVA UCCIDERE E FORSE STAVA ASPETTANDO PROPRIO IL COMMESSO? LE IMMAGINI DELLE TELECAMERE HANNO RIPRESO L'ASSASSINO FRONTALMENTE, L’ANALISI SUI VIDEO DEI GIORNI PRECEDENTI
"Il mio cane cammina lentissimo, lo stavo tirando al guinzaglio per attraversare la strada. E mentre ero lì che lo tiravo, ho visto il ragazzo ferito che poi si è accasciato a terra e, girandomi, un uomo scappare". È un racconto molto preciso quello che il supertestimone del delitto dei Murazzi ha fornito ai carabinieri.
Quello che dice coincide con le immagini delle telecamere che hanno ripreso l'assassino frontalmente, sebbene in un fotogramma non nitido: sulla trentina, alto un metro e 75-80, vestito con abbigliamento ginnico, un cappuccio o berretto in testa, una busta con sé. Ed è la stessa persona con cui il testimone aveva discusso 40 minuti prima per il timore, del killer, di essere stato fotografato: un diverbio successo alle 10.20. Per oltre mezz'ora, dunque, l'assassino è rimasto seduto sulla panchina, la prima della passerella del lungo Po Machiavelli, a circa quindici metri dalla scalinata principale, in un punto strategico perché da lì partono altre tre scale, in direzioni diverse, potendo dunque contare su quattro vie di fuga.
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Voleva allora uccidere e forse stava anche proprio aspettando Stefano Leo? Quando ha visto il ragazzo passare ha frugato nella borsa che aveva con sé, un sacchetto di tela impermeabile, ha preso il coltello, ha seguito Leo e l'ha sgozzato, arrivando da dietro, con un gesto preciso e violento, carico di odio, come se fosse un'azione di cui era già pratico.
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Per poi risalire dalla scalinata in direzione di piazza Vittorio, mentre la vittima ha imboccato quella alla sua destra, che porta verso via Napione, cercando aiuto in mezzo all'incrocio con corso San Maurizio, dove è crollato. L'arma utilizzata è un coltello affilato come un bisturi o un rasoio, con una lama forse di ceramica. L'assassino non se n'è liberato subito, rimettendolo nella borsa di tela.
La ricostruzione degli inquirenti su come è successo l'omicidio è questa. E i carabinieri del nucleo investigativo lavorano senza sosta per trovare l'assassino, valutando tutti gli elementi emersi sinora con ragionamenti e dichiarazioni, mentre analizzano le immagini delle telecamere della zona, partendo da quelle vicino a casa di Stefano Leo a quelle vicine al negozio in cui lavorava, lo store K- way in piazza Cln.
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Si cerca cioè di capire se l'assassino volesse proprio uccidere Stefano Leo, se l'abbia pedinato o aspettato anche nei giorni precedenti, rimanendo fermo per almeno 40 minuti su quella panchina sabato mattina. Quello, tra l'altro, era l'unico giorno in cui il trentatreenne iniziava il turno in negozio alle 11 e mezza.
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Domani pomeriggio, a Biella, alle 14,30, nel chiostro del museo del territorio si terranno i funerali di Stefano Leo.
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