"Gli tagliamo la testa". I gilet gialli che hanno preso d'assalto Parigi parlano di "decapitazione del Re", ma la metafora si traduce in un più brutale, e banale, "far fuori il presidente". È Emmanuel Macron il vero bersaglio della clamorosa ondata di scontri di piazza che da settimane sta devastando la Francia. Solo ieri, nella capitale, un centinaio di fermi e altrettanti feriti.
Il movimento popolare, senza capi né guru carismatici, è la cosa più simile alla "rivolta" mai vista in Europa negli ultimi anni. Un mix di Forconi e M5s, ma molto più radicale e, se necessario, violento. Non a caso secondo il politologo Jérome Fourquet, intervistato dal Messaggero, "la Francia sta entrando in uno scenario all'italiana" perché al di là delle poche migliaia di "ultrà" in piazza a Parigi "il 70% della popolazione francese (ripeto: il 70 per cento) sostiene il movimento dei Gilets Jaunes". È "l'espressione collettiva e globale di un rifiuto del potere al governo", e numericamente è clamorosamente sovrapponibile ai voti che oggi raccoglierebbero, insieme, M5s e Lega, le due forze anti-sistema arrivate al potere in Italia. Ed è ancora più significativo che questo movimento abbia trovato così tanto vigore nel Paese il cui leader, Macron, è visto da Bruxelles e dagli europeisti come il baluardo contro l'ondata sovranista sull'Unione attesa per maggio. Più che un paradosso, un antipasto di ribaltone.
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