9 dicembre forconi: Ci si prepara a una guerra “orrendamente devastante”?

sabato 1 dicembre 2018

Ci si prepara a una guerra “orrendamente devastante”?

Gli eventi nel mare d’Azov, nelle immediate vicinanze del Ponte di Kerch, che funziona perfettamente nonostante le previsioni catastrofiche di Kiev, hanno attirato i titoli di tutti i media occidentali verso un’area marittima su cui nessuno ha mai soffermato la sua attenzione.
Il mainstream — che ignora platealmente, per esempio, la sanguinosa guerra nello Yemen — è diventato improvvisamente attentissimo sulla sorte dei marinai ucraini, in discrete condizioni fisiche, catturati dalla marina militare russa.
Siamo di fronte a una delle infinite "stranezze" che stanno accentuando la "dissociazione cognitiva" di milioni di lettori/spettatori dei giornali e delle tv occidentali.  I quali non riescono più a spiegarsi come mai quello che viene raccontato loro non corrisponde più, quasi per niente, alla logica e al buon senso. 

Ne è esempio fulgido il fatto che nessun giornale europeo, ma anche nessun giornale americano, ha riportato una notizia che — se fosse stata riferita al grande pubblico — avrebbe provocato sconcerto e terrore. In questo caso ha funzionato un criterio diverso da quello della menzogna. Ha funzionato il criterio del silenzio, che è ben più micidiale della menzogna, in quanto impedisce ogni possibile contestazione, reazione, emozione. La paura, infatti, nasce solo insieme al timore.
Sta di fatto che pochi giorni fa, mentre era in preparazione il fantastico "venerdì nero" globale dei saldi di fine stagione, una commissione bipartisan del Congresso degli Stati Uniti ha varato un voluminoso rapporto a sostegno delle richieste del Pentagono che preludono a una gigantesca guerra degli Stati Uniti contro la Russia, o la Cina, o contro entrambe.
Va notato che si è trattato di una commissione "bipartisan", cioè formata da esponenti repubblicani e democratici. Tutti concordi ugualmente nell'accettare la proposta di ulteriori enormi investimenti militari in preparazione, appunto, di una tale guerra. Qualcuno potrebbe pensare che si tratti delle abituali manovre lobbyistiche per trovare una spiegazione decente ai favori che i legislatori americani concedono ai loro finanziatori militari.
Ma non è di questo che si tratta, per meglio dire non solo di questo. Il fatto è che la nuova dottrina della Strategia per la Sicurezza Nazionale del Pentagono  rappresenta una svolta radicale rispetto alle teorie in vigore fino a ieri. Ora, dice il documento del Pentagono, "il centro focale primario non sarà più il terrorismo ma la competizione tra le grandi potenze". È stata questa l'autostrada attraverso cui è transitato il più imponente aumento delle spese militari americane mai verificatosi negli ultimi 70 anni. ()

Cioè gli Stati Uniti affermano che è in corso la preparazione per una guerra "imminente", che "coinvolgerà l'intera società" e che avrà effetti "devastanti" sulla popolazione americana. Il discorso è esplicito: "sarebbe poco saggio e irresponsabile non attendersi che i nemici cerchino di debilitare le forze mobili, quelle cyber, con ogni tipo di attacchi contro gli americani sulla loro terra, mentre cercano di sconfiggere il loro esercito all'estero". È lo scenario di qualche cosa molto simile alla terza guerra mondiale, che non sarà più combattuta tra eserciti, ma avrà come obiettivo l'annientamento della popolazione nemica.
Il documento si spinge a descrizioni di impressionante realismo sugli effetti militari e civili di una tale guerra, dove gli Stati Uniti "dovranno fronteggiare combattimenti di una difficoltà senza precedenti e perdite immense, inconfrontabilmente più grandi di ogni esperienza bellica già affrontata" e dove "non si può escludere nemmeno che la guerra potrebbe anche essere perduta". Non resta, di fronte a queste valutazioni, che porsi una domanda: ma non sarebbe più saggio lavorare per non farla, una guerra del genere? A quanto pare nessuno dei membri della commissione è stato in grado di porsela.  
Fonte: qui

L’Ucraina tra guerra civile e collasso economico


A cento anni dalla fine della Grande Guerra in Europa si continua a combattere, anche in trincea. La guerra civile ucraina, deflagrata tra il 2013 ed 2014 sull’onda delle mobilitazioni di Maidan e dell‘annessione della Crimea da parte di Mosca, ha assunto ormai da tempo le forme di una snervante guerra di posizione a bassa intensità. In Donbass, la regione del bacino carbonifero del Don, le forze di Kiev e gli insorti delle autoproclamate Repubbliche Popolari di Lugansk e Donetsk continuano a fronteggiarsi lungo 450 chilometri di trincee dove si spara e si muore quasi quotidianamente. Secondo le Nazioni Unite quattro anni e mezzo di guerra civile sono costati complessivamente circa undicimila vittime – quasi 250 civili solo nel 2018 – un numero esponenziale di feriti e mutilati e circa un milione e mezzo di profughi.
Sin dal collasso sovietico si è palesato il tentativo dell’Occidente di estraniare dal senso comune degli ucraini la loro comunanza con i popoli slavi d’Oriente e con gli altri popoli del mondo ex-sovietico. L’intento si è rinnovato nei mesi scorsi con lo scisma della Chiesa Ortodossa ucraina – adesso autocefala – e con l’acuirsi delle misure volte a disincentivare nel paese l’utilizzo della lingua russa tutt’ora utilizzata da milioni di cittadini ucraini (Figura 1).
In questi provvedimenti, del tutto incompatibili con un paese multietnico e multinazionale come l’Ucraina, emerge ancora una volta la volontà di Kiev di vanificare le trattative internazionali e la disponibilità da parte del Cremlino di rendere possibile la federalizzazione – in seno all’Ucraina – delle regioni orientali insorte: una decisione, quella ucraina, volta chiaramente a proseguire la guerra contro le regioni orientali, da sempre poco propense ad identificarsi nel potere di Kiev (Figura 2).
Con l’arrivo dell’inverno, a causa degliaumenti delle tariffe pretesi dal Fondo Monetario Internazionale come conditio sine qua non per l’accesso ai prestiti, in aree diverse del paese circa un milione di ucraini stanno affrontando il gelo senza la possibilità, per i costi, di utilizzare acqua calda e riscaldamento con temperature minime ben al di sotto dello zero. Relativamente al problema energetico in cui si trova l’Ucraina il Fondo Monetario Internazionale prevede dunque un’ulteriorecrescita dell’inflazione, dovuta all’impatto degli aumenti del prezzo del gas, mentre il Ministro dell’Energia degli Stati Uniti Rik Perry ha immediatamente rassicurato la popolazione ucraina, rinnovando l’invito rivolto agli ucraini ad acquistare carbone e gas liquefatto (LGN) made in USA per ovviare ai propri problemi energetici.
La situazione economica continua a rimanere assai problematica (Figura 3), in relazione alle spese militari, alla corruzione, alle ruberie oligarchiche ed ai massicci piani di privatizzazione delle aziende pubbliche (Figura 4). Relativamente all’ affaire Donbass la guerra economica sembra il perno fondamentale della strategia attendista del Cremlino: quest’ultimo, pur avendo assicurato nel corso degli anni il proprio determinante sostegno agli insorti di Lugansk e Donetsk, sembra, da un lato, aver rinunciato definitivamente a forzare la mano sul piano militare, dall’altro, di aver inteso derubricare la questione ucraina nell’agenda diplomatica internazionale senza tuttavia abbassare la guardia.

La mobilitazione permanente sul fronte del Donbass – dove si sono appena svolte le elezioni tra le fila degli insorti – produce deicosti enormi per i conti di Kiev, e per quelli dei sostenitori d’Occidente: sin dal 2014 il bilancio di Kiev ha visto tagli massicci alla spesa sociale mossi sia dalle direttive del Fondo Monetario Internazionale sia dalla volontà del governo ucraino di mantenere vivo il conflitto del Donbass.
Nonostante la situazione disastrosa in cui versa il paese e l’evidente impossibilità di poter riconquistare la Crimea ed il Donbass, Kiev insiste nel rivendicarne la propria titolarità assoluta ed indiscutibile andando così a compromettere l’efficacia di ogni genere di compromesso.
In relazione all’oltranzismo ucraino, durante lo scorso ottobre il primo ministro russo Dmitry Medvedev ha posto la propria firma su un pacchetto di controsanzioni economiche rivolte contro Kiev. Le misure previste dal pacchetto colpiscono 68 aziende e circa 320 cittadini ucraini: tra i nomi presenti nella lista spiccano quelli dell’ex primo ministro Yatseniuk, dell’ex capo della formazione neofascista Pravy Sektor Yarosh, del Ministro dell’Interno Avakov, di Julia Timoshenko e di molti altri funzionari governativi.

Nonostante il sostegno dell’Occidente alla presidenza di Poroshenko, è verosimile che le controsanzioni provenienti da Mosca infliggano un colpo assai duro alla già precaria situazione ucraina (Figura 5).
La rapida deindustrializzazione del paese ha portato con sé effetti nefasti per il suo sistema economico: nel 2017 secondo il Ministro degli Esteri Pavel Klimkin gliucraini emigrati nello spazio dell’Unione Europea – certamente favoriti dall’abolizione del visto di accesso per chi detiene un passaporto ucraino – sono stati oltre un milione. Negli ultimi mesi si sono svolte numerose proteste di minatori e dipendenti pubblici mosse dai gravi ritardi nei pagamenti degli stipendi. In questo quadro, il recente incontro tra la cancelliera Angela Merkel ed il primo ministro ucraino Volodymyr Groisman ha offerto l’ennesima conferma della prominenza tedesca nel processo diassorbimento del sistema industriale ucraino: le innumerevoli privatizzazioni previste in Ucraina dai piani del Fondo Monetario Internazionale sembrano infatti coincidere con un significativo rafforzamento della proiezione orientale dell’industria tedesca.
Malgrado la stanchezza di milioni di cittadini, nelle dinamiche interne la continua mobilitazionedella società ucraina verso lo sforzo bellico continua a costituire il principale elemento di legittimazione e consenso politico. Senza quello della guerra, infatti, ben pochi sarebbero gli argomenti con cui Poroshenko – ed il governo Groisman – riuscirebbero a legittimarsi e guadagnarsi l’appoggio delle organizzazioni paramilitari apertamente neofasciste come “Corpo Nazionale”, “C-14”, “Svoboda”, “Karpatchka Sich”, “Pravij Sektor” .
In parallelo, se la violenza politica perpetrata da questi nei confronti di ogni dissenso si è rivelata assai proficua per Poroshenko ed affiliati, il fatto di aver permesso alle organizzazioni neofasciste di operare impunemente ha enormemente rafforzato queste ultime, facendo crescere in modo esponenziale il loro potere militare e politico. Con assidua frequenza si sono registrati attacchi ad opera dei gruppi neofascisti contro gli oppositori politici, contro le minoranze ebraiche, rom e contro le persone con un orientamento sessuale non tradizionale.
Le organizzazioni paramilitari neofasciste sono oggi giuridicamente parte dell’apparato ucraino, che sta perdendo il monopolio della violenza. il potere militare consente ai neofascisti di gestire insieme alla criminalità organizzata il contrabbando, il traffico d’armi e quello di stupefacenti. Il proliferare di gruppi, bande e milizie – spesso alle dirette dipendenze degli oligarchi locali –rischia di trascinare il paese verso una nuova fase della guerra civile..... Continua qui

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