PERCHE’ TRIA HA INGOIATO IL ROSPO DEL 2,4%
PERCHE’ SALVINI NON PUO’ MOLLARE IL GOVERNO FINO ALLE EUROPEE
MATTARELLA NEL PALLONE, TRA LIBIA E LA MANNAIA DI MOODY’S
RETROSCENA DELL’ATTACCO ALCOLICO A JUNCKER
IL NAUFRAGIO DELLE DOPPIE DIMISSIONI TRIA/MOAVERO
IL SILENZIO DELLA MERKEL
I VELENI AL MEF
Come mai il ministro Tria si è reso protagonista di una figura da pirla, in Italia e a Bruxelles? Semplice: è un prof, non un politico, quindi un po’ ingenuo fino al punto di fidarsi delle assicurazioni di Mattarella e Conte. Credeva, e crede tuttora, che il Capo di Stato e il premier gli avrebbero fatto da sponda con i due trucibaldi vice–premer.
Innanzi tutto Tria ha tentato in tutte le lingue di far capire a Lor Signori che un spread a 300 sarebbe l’inizio della fine; dura poi tornare a 240. Secondo: anche se nel contratto di governo firmato da Di Maio e Salvini l’uscita dall’euro non è prevista, all’interno dei due partiti ci sono correnti molto agitate che sognano l’Italexit, vedi Borghi e Bagnai. Infine: anche se Tria fu indicato da Paolo Savona a Salvini, ciò non vuol dire che il ministro dell’economia la pensi allo stesso modo.
Salvini, poi, era anche d’accordo di non oltrepassare l’1,9% messo su da Tria, rispetto all’1,6 richiesto dalla Commissione Europea. Ma non aveva fatto i conti con l’ex bibitaro Di Maio che, in parole povere, gli ha detto a brutto muso: tu hai fatto l’en plein nei sondaggi con Immigrazione e Sicurezza, ma io che faccio? O prendo il Reddito di cittadinanza o sono fallito.
Su sollecitazione del Colle, il gianniletta della Lega Giorgetti è intervenuto sul Truce Capitano per sfanculare Giggetto, ottenendo questa rispostina: io non posso mollare il governo fino alle Europee, devo barcamenarmi. Lo so bene che il Reddito di cittadinanza ai fannulloni del Sud fa incazzare il Nord ma, stai tranquillo, sarà annacquato.
Ecco perché Mattarella tentenna: sa bene che la situazione è delicatissima e una crisi di governo sarebbe deleteria. D’altra parte, il vero nodo della politica italiana è determinato dal fatto che i due partiti al governo sono in piena campagna elettorale in vista delle elezioni europee del giugno 2019.
Salvini punta tutto sulle Europee perché ha tutto da guadagnare: l’avanzata dei movimenti populisti/sovranisti, in massima parte di destra, cambierebbe l’Europarlamento e gran parte dei commissari europei. Mentre il M5S si troverebbe a Bruxelles quasi isolato. Da quel gran paraculo che è, il moroso della Isoardi, ha di nuovo mediaticamente oscurato Giggetto con l’insulto a Juncker (“Parlo solo con gente sobria”). Attacco voluto: dato che la bocciatura del 2,4% è sicura tanto vale prendere Juncker per il collo della bottiglia e ottenere l’applauso dalla parte più attiva dei pantaloni leghisti.
Alla base della sfacciata provocazione dei due dioscuri del governo c’è poi la convinzione - giusta – che il fallimento dell’Italia si porterebbe via tutta l’Eurozona. Il nostro Paese non è la Grecia: è la terza economia d’Europa.
Visto lo stato dell’arte, Tria ha dovuto ingoiare il 2,4% quando ha finalmente capito che Mattarella e Conte lo avevano abbandonato al suo destino di dilettante della politica. Era pronto a tornarsene alle tranquille lezioni di Tor Vergata ma una pioggia di telefonate, dalla Mummia Sicula a Riportino Moavero, tutte col ritornello “Torna a bordo, cazzo! Fai l’uomo di Stato”, l’hanno convinto a desistere.
A un certo punto, è stato uno dei consiglieri dei Mattarella a suggerire di giocare la carta delle doppie dimissioni, Tria e Moavero, perché il premier Conte, già pronto a prendersi ad interim il ruolo di ministro dell’economia, non poteva certo accollarsi anche quello di ministro degli esteri. A quel punto, sarebbe stata crisi di governo.
Il suggerimento delle dimissioni e crisi di governo è poi velocemente naufragato davanti alla realtà. A novembre è in agenda la conferenza internazionale a Palermo sulla Libia, dove è stato coinvolto Trump (verrà Mike Pompeo a spalleggiare l’Italia contro la Francia). Secondo: a fine mese è attesa la mannaia del rating di Moody’s.
L’unica chance per Tria per salvare la propria faccia davanti a Bruxelles era di adoperarsi a portare lo sfondamento al 2,4% solo per un anno per poi contenerlo negli esercizi successivi. Salvini e Di Maio hanno acconsentito senza strilli perché, a livello di comunicazione e propaganda, col 2,4% possono cantare vittoria. C’è tempo per guardare in faccia la realtà.
(Strategia vincente quella di Tria che ha fatto dire oggi al commissario Ue agli affari economici Pierre Moscovici: “Che il percorso pluriennale del deficit/pil 'sia stato rivisto è un buon segnale, dimostra che le autorità italiane ascoltano le preoccupazioni e le osservazioni dei partner, tra cui la Commissione europea. Poi bisognera' conoscere i dettagli e giudicare il budget 2019 per cio' che e'').
Intanto va riferito che dietro le quinte c’è qualcuno alla Farnesina e al Colle che parla con la Merkel; infatti non si sono registrate reazioni dalla Germania sulle dichiarazioni da coattelli di Salvini e Di Maio. Aggiungere che il consigliere diplomatico di Conte, Benassi, ha ricoperto il ruolo di ambasciatore a Berlino. Tutti insieme hanno strappato la promessa alla Germania di una mediazione all’interno della Commissione Europea.
In tale bailamme, si inserisce l’aspetto della valutazione che faranno Moody’s e Standard & Poor a fine mese. Se avvenisse un calo di un “notch”, considerato certo al 90%, l’Italia arriverebbe a meno uno dalla tacca “junk”, vale a dire spazzatura. Tutte le banche e le assicurazioni hanno interpellato affannosamente quelli di Moody’s perché con “junk” i fondi istituzionali non possono più comprare titoli italiani per disposizione delle Banche Centrali. Quindi hanno già cominciato vendere prima della catastrofe default.
Amorale della fava: ha vinto il coattone gaio Rocco Casalino. I suoi audio sono la perfetta rappresentazione della politica di oggi.
P.S.
Il Capo di gabinetto di Tria, Roberto Garafoli, e il Ragioniere dello Stato Daniele Franco, che erano prontissimi a rassegnare le dimissioni dopo le badilate di merda di Casalino, sono rimasti delusi dal silenzio del direttore generale del MEF, Rivera. Che ha tenuto la bocca chiusa perché teme che il suo competitor Scalera voglia prendere il suo posto, con l’appoggio dei grillini.
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