Mercati sotto pressione, l'inizio del G7 sta creando più di un nervosismo.
Perchè i timori?
Il motivo di tutto questo, come accennato, è l'avvio dei lavori del G7 in Canada, un meeting che, a differenza degli altri appuntamenti, ha in serbo più di un argomento scotante sul tavolo. A Chalevoix, nel Québec in Canada ci sarà un confrotno serrato (con ogni probabilità nemmeno pubblico) tra i vari paesi colpiti dai dazi voluti dagli Usa e questi ultimi, che tra l'altro vedranno il proprio presidente dire addio in anticipo ai lavori per raggiungere Singapore e prepararsi all'appuntamento storico con la Corea del Nord. Partendo da questo punto, però, i mercati avvertono le tensioni e già sanno che la partenza di Trump sarà un elemento in più che impedirà il raggiungimento di un accordo positivo per il commercio internazionale. Ma questo pone anche un altro interrogativo: è in arrivo un riequilibrio mondiale? La dimostrazione più lampante potrebbe arrivare dalla decisione presa dallo stesso Trump di dar vita a colloqui bilaterali (in particolar modo sul commercio) invece che chiudere intese internazionali in modo da poter far valere un “potere contrattuale” palesemente superiore per gli Usa. La domanda però nasce spontanea e riguarda i costi e le dinamiche: nei singoli contratti a due le singole nazioni coinvolte cercano per ovvi motivi il proprio vantaggio, estromettendo un bene collettivo che, proprio per a natura del contratto a due, non esiste.
Un passo indietro
Conseguenza: dinamiche più complesse negli scambi internazionali e costi molto più alti, così come anche tempi più lunghi per rinegoziare con ogni singola delegazione. A discapito del commercio internazionale e, con ogni probabilità, anche dei rapporti diplomatici, anche perché, come hanno fatto notare dal G7, il mercato rappresentato dalle rimanenti potenze è un mercato più ampio e forte di quello Usa, il che significa dall'inizio che le forze in campo sono pronte a darsi battaglia anche al rischio di non raggiungere un accordo e di non firmare un comunicato congiunto alla fine dei lavori. Paradossalmente un pietra d'inciampo è rappresentata anche dall'Italia che con l'arrivo dei partiti di impronta se non anti-euro comunque con tendenze di simpatia per le politiche nazionaliste, rappresentano un elemento di rottura rispetto al passato. A chiudere il cerchio anche i dati macro delle singole nazioni europee che, nello specifico Germania e Francia, confermano un calo della produzione industriale che a maggio ha visto un -1% per la Germania e un -0,5% contro attese che proiettavano un +0,3% per entrambi i casi.
Il commercio internazionale
La fuga di Donald e la volontà più o meno palese di non portare avanti colloqui in via ufficiale per ricomporre l'innegabile frattura creatasi con la politica sui dazi fanno pensare non solo che all'orizzonte possa materializzarsi un possibile duopolio (se non tre vertici) ma che gli Usa stessi possano presto avere difficoltà a difendere la propria posizione dominante all'interno del quadro internazionale. Un'eventualità che si presenterebbe mentre Washington vanta, a differenza della gran parte delle potenze mondiale, un ritorno alla crescita e un rafforzamento del settore lavorativo, oltre ad essere la prima nazione la cui banca centrale si è incamminata con sicurezza sul sentiero della normalizzazione monetaria a differenza invece della Bce la quale, proprio per i timori di un rallentamento dell'economia del Vecchio Continente potrebbe essere costretta a prorogare ulteriormente ogni decisione per quanto le dinamiche di una possibile exit strategy saranno sul tavolo del board alla prossima riunione del 14 giugno.
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