9 dicembre forconi: Unione Europea. Un mesto elenco dei dazi, hanno un massimo del 74.9%.

venerdì 18 maggio 2018

Unione Europea. Un mesto elenco dei dazi, hanno un massimo del 74.9%.

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La tragedia attribuita all’abile penna del D’Annunzio, assunta al successo per il Coro delle Vergini, ben rappresenta l’Unione Europea e la sua Dirigenza.



«Noi siam le Vergini dai candidi manti

Non riportiamo il testo perché potrebbe urtare la sensibilità di taluni, ma ciò nulla toglie che seguendo il link si potrebbe apprezzare un pezzo magistrale per arte letteraria e per psicologia umana. Il ritratto delle femmine è spettacolare.

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Gli Eurocrati starnazzano come galline sodomizzate per i dazi americani sulle merci europee.

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Ecco quindi un summary dei dazi praticati dall’Unione Europea.

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Un esempio?

«chiunque lo voglia esportare in Italia deve pagare una “tassa” pari a addirittura il 44,7%».

Con quale faccia ci si lamenta poi di Mr Trump?


→ Truen Numbers. 2018-05-06. L’Europa non è liberale: ecco tutti i dazi all’import



Sono centinaia i prodotti bloccati alle frontiere. Al top tabacco (44,7%) e preparati di carne

E’ tempo di dazi. Dopo la minaccia del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di applicarli su acciaio e alluminio per favorire le aziende americane del settore che sarebbero danneggiate dalla concorrenza di quelle europee ed asiatiche, la Ue ha promesso ritorsioni e contrattacchi sui prodotti americani, e quindi l’inizio di una guerra commerciale. Una guerra commerciale che è iniziata già da anni, dato che complessivamente i dazi americani contro, ad esempio, la Cina sono decine, come Truenumbers ha raccontato in questo articolo.

Quanti sono i dazi europei

Tuttavia i dazi non sono una cosa nuova, esistono da tempo, e anche l’Europa ne ha moltissimi: nel grafico sopra sono elencati tutti quelli in essere a oggi con indicato, il dazio medio per ogni settore. I dazi, infatti, possono essere applicati all’interno di un range minimo-massimo.

Come si vede tra tutti i dazi europei, quello più importante riguarda il tabacco e i prodotti correlati: chiunque lo voglia esportare in Italia deve pagare una “tassa” pari a addirittura il 44,7% che è una media tra un dazio minimo del 10% e uno massimo del 74,9%. Ma non è finita: ogni prodotto industriale è composto da decine di, chiamiamoli così, “sottoprodotti” ognuno dei quali può avere un dazio particolare e diverso. Nel grafico sopra sono, perciò, indicati solo i prodotti “madre”, non tutti quelli che da quel prodotto sono ricavati.

Nel grafico sotto è indicato un valore particolare ovvero: facendo 100 il prodotto industriale “madre”, per esempio il “tabacco”, e considerando che al suo interno vi sono decine di sottoprodotti, qual è la quota del prodotto “tabacco” generalmente inteso che non è colpita da alcun dazio? La risposta, appunto, è nel grafico sotto che mostra questo valore per tutti i prodotti colpiti dai dazi europei. Nel caso del tabacco, in particolare, la quota non colpita da alcuna “tassa” all’ingresso è pari allo 0%. Significa semplicemente che tutti i prodotti derivati dal tabacco pagano dazi quando entrano in Europa i quali, come detto, sono compresi tra un minimo del 10% a un massimo del 74,9%. Ecco qual è la situazione per tutti i settori.

E’ evidente che, sempre nel caso del tabacco, l’Europa cerca di proteggere una produzione importante in aree depresse della Ue, come la Bulgaria, il sud della Spagna, dell’Italia, la Grecia, usando anche il pretesto della protezione della salute da prodotti dannosi.

La tassa sulla carne

A grande distanza vengono i dazi europei su preparati a base di carne, pesci, crostacei, molluschi, con il 18% medio, che varia tra zero e 26% a seconda dei sotto-prodotti. Solo il 2,4% di questo settore è a dazio zero. Gli altri dazi europei più importanti, quelli riguardanti preparati a base di verdura, frutta, nocciole, ecc, sono al 17,5%, con una variazione tra zero e 33,6%. Poi vengono i prodotti di macinazione (Milling industry), che d’altronde sono legati sempre al mondo agricolo e che variano, nei loro sotto-prodotti, da un minimo del 7,7% a un massimo del 19,2%, con una media del 12,2%

Gli accordi di libero scambio

Da anni la Ue porta avanti una politica di protezione del settore primario, cioè l’agricoltura, che mette in pratica non solo attraverso i dazi, ma anche con sussidi ad agricoltori e pescatori e anche con quote massime di produzione come quelle per il latte, per evitare un calo eccessivo dei prezzi.

Naturalmente ci sono eccezioni. La Ue negli anni ha stretto numerosi accordi con Paesi o gruppi di Paesi con cui c’è o si intendeva stringere, anche un rapporto politico. E, in particolare, su buona parte dei sotto-settori del comparto agricolo si applicano i seguenti accordi particolari per cui i dazi crollano a zero. Nella tabella qui sotto sono indicati proprio i più importanti accordi commerciali stretti dalla Ue che hanno come contenuto i “dazi zero”.

In molti casi sono accordi con singoli Paesi o molto vicini geograficamente, come quelli dell’area del Mediterraneo, o dei Balcani e dell’ex Unione Sovietica, Kosovo, Moldova, Ucraina, oppure Israele, Marocco, Turchia, Tunisia.

La “Economic Partnership Agreements Cariforum “ riguarda i Paesi dei Caraibi, la “Economic Partnership Agreements” Kenya e Costa d’Avorio. La “Generalized System of Preferences (GSP) scheme” una serie di Paesi in via di sviluppo che vanno dall’India all’Indonesia, a gran parte di quelli dell’Africa Subsahariana e per cui vi è comunque un dazio scontato, non a zero. “Least Developed Countries (LDC) duties” e “Generalized System of Preferences (GSP) scheme Plus” invece raccolgono di fatto tutti i Paesi africani o asiatici molto poveri per cui effettivamente il dazio è zero.

Le eccezioni sui dazi

Chiaramente tutto lo scema è molto complesso. Per ogni sotto-prodotto ci sono formule diverse. Un Paese può avere zero dazi su un prodotto e un dazio su un altro. Quello che è certo è che non ci sono eccezioni ed esenzioni per i più grandi concorrenti, come Cina, Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti perché la Ue ha adottato una politica commerciale che punta ad accordi con Paesi piccoli e più poveri di Africa, Asia, Sudamerica, dai quali importare prodotti poco costosi e in cui esportare i propri, considerando che si tratta di realtà in grande crescita economica e che avranno sempre più bisogno di beni tecnologicamente avanzati.

Lo stesso vale anche per altri tre settori in cui vi sono i dazi maggiori, ovvero i due del tessile (“apparel and clothing”), sia cucito o non cucito (knitted), e quello legato alle calzature (Footwear). Si applica l’11,7%, l’11,3% e l’11,1% rispettivamente. Con una variabilità più ridotta, tra il 7,7% e il 19,2%, o tra l’8% e 12% nel caso del tessile, e più ampia, tra il 3% e il 17% in quello delle scarpe e simili. E con nessun sotto-prodotto con esenzione, presente invece per i soliti partner di cui si è parlato.

La carta sta a zero

All’opposto, in fondo alla classifica, tra i beni per cui non sono presenti dazi europei (tariffa a zero), neanche per Cina o Usa (o sono bassissimi) ci sono quelli riguardanti la carta (paper) o i prodotti di stampa (Product of the printing industry), nonché quelli farmaceutici e acciaio e ferro (Iron and steel), ma anche le barche (ships, boats), armi e munizioni (armd and ammunition), che hanno solo il 2,2% di tariffa, e molti sotto-segmenti che sono a zero. Si tratta in questo caso di beni che l’Europa produce ed esporta in gran numero, di cui è leader mondiale in molti casi.

Probabilmente c’è un minor timore della concorrenza straniera e soprattutto c’è la volontà di non provocare reazioni avverse nei partner extra-europei innalzando dazi che sarebbero subito imitati altrove, provocandoci grande danno.

A proposito di guerra commerciale. Un tipo di conflitto così si combatte (per fortuna) nelle aule di giustizia. Truenumbers ha spiegato in questo articolo quanti procedimenti per pratiche commerciali scorrette gli Usa hanno istruito contro la Cina, e viceversa.

Fonte: qui

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