L’INTERCETTAZIONE CHOC CON CUI SI PREPARAVA L’ASSALTO AL GIORNALISTA CHE DAVA FASTIDIO...
PAOLO BORROMETI
Paolo Borrometi doveva morire, perché «ogni tanto un murticeddu (un morto, ndr) vedi che serve! Per dare una calmata a tutti!».
E lui, il 35enne giornalista, direttore del quotidiano online La Spia, collaboratore dell'Agi e presidente di Art.21, andava colpito perché con le sue inchieste dava fastidio alle famiglie mafiose del siracusano e agli imprenditori in affari con loro.
Tra questi, Giuseppe Vizzini, 54 anni, arrestato assieme ai suoi figli Simone e Andrea, di 29 e 24 anni, e a un altro uomo, Giovanni Aprile, di 40 anni, per aver fatto saltare in aria, il 29 dicembre 2017, l'auto di un avvocato che ostacolava un loro progetto.
PAOLO BORROMETI
Vizzini, intercettato dalla polizia di Pachino nell' inchiesta della Dda di Catania, rivela ai figli il piano già definito per eliminare il cronista, così come glielo ha esposto il boss Salvatore Giuliano.
«Ma... ma perché non si ammazza, ma fallo ammazzare che caz... ti interessa...», gli diceva il mafioso, esortando l'imprenditore a rompere gli indugi in un colloquio dell'8 gennaio scorso.
E lui, Vizzini, con entusiasmo riportava ai figli: «Succederà l'inferno! (...) Una mattanza per tutti! (...) Scendono 5-6 catanesi, un'auto rubata, una casa in campagna...
LA FAMIGLIA VIZZINI E GIOVANNI APRILE
la sera escono... dobbiamo colpire a quello! Bum, a terra!».
L' episodio, non contestato in indagine, è citato nell' ordinanza del gip di Catania, Giuliana Sammartino, che non ha dubbi: «Forte dei suoi legami con i Cappello di Catania, Giuliano stava per organizzare un'eclatante azione omicidiaria».
Borrometi, 35 anni, originario di Modica (Ragusa) da tre anni è sotto scorta perché costante bersaglio di esponenti della mafia di Ragusa e Siracusa, e in 5 anni ha subito minacce, intimidazioni e anche un'aggressione fisica.
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