La Turchia attacca i curdi nel nord-est della Siria: i jet F-16 di Ankara hanno dato ufficialmente il via all'operazione ribattezzata "fonte di pace" bombardando obiettivi delle milizie Ypg a Ras al-Ayn, seguiti poco dopo dai colpi d'artiglieria su Tal Abyad. Raid che, secondo i curdi, hanno già provocato la morte di diversi "civili". Le truppe della Turchia hanno poi oltrepassato il confine, dando il via all'offensiva di terra.
Ma le forze democratiche siriane guidate dai curdi affermano di aver respinto l'offensiva di terra turca sul confine settentrionale della Siria. "L'attacco a terra da parte delle forze turche è stato respinto dai nostri combattenti nella regione di Tal Abyad", ha dichiarato il portavoce dell'Fds, Mustefa Bali, su Twitter.
Il governo di Erdogan non ha indicato, al momento, il numero dei combattenti mandati oltre frontiera. Ma al confine le forze di terra erano già ammassate con decine di blindati, almeno 5mila soldati delle forze speciali d'assalto, che possono contare su 18mila combattenti arabi e turcomanni dell'esercito siriano libero cooptati da Ankara.
Secondo i curdi, i raid aerei hanno già provocato la morte di diversi "civili" nei villaggi frontalieri, dove si è scatenato "il panico". Almeno 15 i morti, di cui 8 civili, hanno riferito fonti locali. E la risposta curda, per ora, si è limitata ad alcuni colpi di mortaio sparati verso la frontiera turca.
Immediata è giunta la condanna internazionale, dall'Ue all'Onu fino a Russia e Iran, i partner turchi nei negoziati di Astana sulla Siria. E anche Donald Trump, pur ribadendo il disimpegno Usa da queste "stupide guerre", ha definito l'offensiva "una cattiva idea". il presidente Usa spera che Erdogan "agisca in modo razionale" e umano. Vedremo come conduce questa operazione, se lo fa in modo ingiusto pagherà un prezzo economico enorme".
Ma Erdogan brinda all'intervento contro il Rojava, da anni un suo chiodo fisso. "La nostra missione è evitare la creazione di un corridoio del terrore ai nostri confini meridionali e di portare pace nell'area" e condurrà "alla creazione di una zona di sicurezza, facilitando il ritorno a casa dei rifugiati siriani", ha scritto su Twitter il presidente turco annunciando l'offensiva.
Le condanne dell'azione si susseguono di ora in ora. A fermare Erdogan ci aveva provato l'amico Vladimir Putin, ultimo leader straniero a parlargli prima dell'attacco. Il suo invito a "non compromettere gli sforzi congiunti per risolvere la crisi siriana" è caduto nel vuoto, come l'appello poco prima del presidente iraniano Hassan Rohani a risolvere le "legittime preoccupazioni" sui curdi affidandosi a Bashar al Assad.
Ankara ha informato sui primi sviluppi dell'operazione gli ambasciatori dei Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu, che dovrebbe indire al più presto una riunione d'emergenza. Rassicurazioni che però non sono bastate. "Molto preoccupato" si è detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, secondo cui non può esserci "alcuna soluzione militare al conflitto in Siria".
Dura la condanna dell'Ue, con il presidente uscente della Commissione Jean-Claude Juncker che ha lanciato un "appello alla Turchia affinché blocchi l'operazione militare" e ha avvertito: "Non aspettatevi che l'Ue finanzi una cosiddetta zona di sicurezza". Per il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, Ankara rischia di "causare un'ulteriore catastrofe umanitaria e un nuovo movimento di profughi".
Anche l'Italia condanna l'intervento militare. "Preoccupazione" per "iniziative che possono portare ad un'ulteriore destabilizzazione della regione" è stata espressa dal premier Giuseppe Conte, mentre per il ministro degli Esteri Luigi Di Maio "nessuna risposta militare può rappresentare una soluzione alla crisi in corso" e "azioni unilaterali rischiano solo di pregiudicare i risultati raggiunti nella lotta contro la minaccia terroristica, a cui l'Italia ha dato un significativo contributo nell'ambito della Coalizione anti-Isis". Condanne anche dall'Arabia Saudita e dall'Egitto, che ha chiesto una riunione urgente della Lega Araba.
Fonte: qui
La Turchia attacca, raid in Siria. I curdi: 'Morti tra i civili'
Putin a Erdogan, non compromettete sforzi per la pace
Ansa - La Turchia attacca, raid in Siria. L'operazione militare della Turchia contro le forze curde nel nord-est della Siria è cominciata: lo ha annunciato su Twitter il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. L'offensiva ha provocato finora almeno 11 morti, di cui otto civili, secondo fonti locali. Anche le truppe della Turchia hanno oltrepassato il confine e sono penetrate nel nord della Siria, dando il via all'offensiva di terra, come spiega il ministero della Difesa turco citato dall'agenzia Anadolu.
"L'offensiva terrestre delle forze turche è stato respinto dai combattenti dell'Sdf a Tal Abyad"ì, ha su Twitter il portavoce dell'Sdf, le Forze democratiche siriane dominate dalle milizie curde Ypg, Mustafa Bali, poco dopo l'annuncio di Ankara dell'inizio dell'offensiva di terra.
The Turkish Armed Forces, together with the Syrian National Army, just launched #OperationPeaceSpring against PKK/YPG and Daesh terrorists in northern Syria. Our mission is to prevent the creation of a terror corridor across our southern border, and to bring peace to the area.
#OperationPeaceSpring will neutralize terror threats against Turkey and lead to the establishment of a safe zone, facilitating the return of Syrian refugees to their homes.
We will preserve Syria’s territorial integrity and liberate local communities from terrorists.
"Caccia turchi hanno lanciato raid su aree civili. C'è grande panico fra la popolazione nella regione", ha twittato un portavoce dei combattenti curdi nel nord della Siria. I raid dei jet turchi sull'area di Ras al-Ayn sono confermati anche da fonti militari di Ankara, che sostengono di prendere di mira obiettivi delle forze curde dell'Ypg.
Diverse esplosioni sono avvenute nella località siriana di Ras al-Ayn, alla frontiera con la Turchia, nell'area in cui è iniziata l'operazione militare turca contro le forze curde. Lo riferiscono le tv locali, mostrando le immagini di una fitta coltre di fumo che si leva dalla parte siriana del confine.
L'artiglieria turca ha iniziato a colpire obiettivi delle forze curde dell'Ypg a Tal Abyad, l'altro punto da cui l'esercito di Ankara intende entrare in Siria oltre a Ras al-Ayn, già bombardata dai caccia nei minuti scorsi. Lo riferisce l'agenzia statale turca Anadolu.
Si registrano le prime vittime civili dei raid aerei e di artiglieria turchi nel nord-est della Siria nell'ambito della nuova campagna militare di Ankara contro le forze curdo-siriane a est dell'Eufrate e a ridosso della frontiera turca. Lo riferisce il comando delle operazioni delle forze curdo-siriane, senza fornire ulteriori dettagli. Non è possibile verificare in maniera indipendente le informazioni sul terreno.
Siria, iniziata l'operazione militare turca
Trump, Usa non appoggiano attacco turco in Siria - "Gli Stati Uniti non appoggiano l'attacco turco in Siria e hanno detto chiaramente alla Turchia che questa operazione è una cattiva idea", ha affermato il presidente Donald Trump in una dichiarazione diffusa dalla Casa Bianca. Trump si aspetta che la Turchia, dopo aver "invaso" la Siria, rispetti "tutti i suoi impegni", tra cui "proteggere i civili, le minoranze religiose, inclusi i cristiani, e assicurare che non ci sarà alcuna crisi umanitaria". "Inoltre la Turchia è ora responsabile nel garantire che tutti i combattenti dell'Isis catturati restino in prigione e che l'Isis non rinasca in nessun modo o forma", aggiunge. "Noi li richiameremo ai loro impegni", afferma il tycoon, e "monitoreremo strettamente la situazione".
Boris Johnson e Donald Trump condividono "una seria preoccupazione per l'invasione della Turchia nel nord est della Siria", sottolinea Downing Street in una nota in cui dà conto di una telefonata fra il premier britannico e il presidente americano. Telefonata nella quale, secondo Londra, è stato evidenziato anche "il rischio di una catastrofe umanitaria" a causa dell'azione di Ankara contro le milizie curde. I leader hanno discusso pure di dazi e del caso d'una diplomatica Usa sfuggita alla giustizia britannica.
Gli ambasciatori in Turchia dei Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu sono stati invitati al ministero degli Esteri di Ankara per essere aggiornati sugli sviluppi dell'operazione militare lanciata oggi dalla Turchia nel nord-est della Siria.
E le autorità curdo-siriane annunciano una mobilitazione e allerta generali in tutto il Nord-Est siriano per difendersi dalle "minacce dell'esercito turco e dei suoi mercenari di attaccare la regione frontaliera siriana nord-orientale".
Intanto l'Isis ha rivendicato una serie di attacchi compiuti contro forze curdo-siriane nel nord-est della Siria. Lo riferisce l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, secondo cui lo 'Stato islamico' ha ammesso tramite i suoi canali sui social network la responsabilità di attacchi compiuti nelle ultime 24 ore contro basi e postazioni curde e Raqqa e nella città di Tabqa, sull'Eufrate.
ERDOGAN NON HA FRETTA E DOPO AVER TERMINATO I PREPARATIVI PER L’ASSALTO AI CURDI, PRENDE TEMPO
IL RITIRO DELLE TRUPPE USA DALLA SIRIA È L’OCCASIONE PER INVADERE IL ROJAVA E STRONCARE OGNI VELLEITÀ DI INDIPENDENZA
LA COSA CI RIGUARDA: I CURDI CI HANNO PARATO IL CULO CONTRO L’ISIS, E DA QUELLE PARTI HANNO IMPRIGIONATO 2MILA FOREIGN FIGHTERS, CHE IL DITTATORE TURCO POTREBBE RISPEDIRCI INDIETRO…
ANKARA E L' ASSALTO AI CURDI IN TRE FASI RISCHIO SCONTRO CON ASSAD SULL' EUFRATE
Giordano Stabile per “la Stampa”
Le basi al confine che gli americani hanno abbandonato in tutta fretta all' alba di lunedì sono rimaste vuote. L' esercito turco «ha terminato i suoi preparativi», ha dichiarato il ministro della Difesa Hulusi Akar, ma i soldati sono per ora fermi al di là della frontiera. Con lo spazio aereo sigillato dall' aviazione statunitense, Ankara ha usato l' artiglieria per colpire le postazioni curde.
Dopo il raid di lunedì notte vicino a Semalka, ieri è stata colpita una base nell' area di Tall Abyad. È il preludio dell' operazione Fontana di Pace. Recep Tayyip Erdogan non ha fretta. Come già ad Al-Bab, ad Afrin, l' invasione procederà per fasi, a meno che da Washington non arrivi uno stop senza ambiguità. Ieri il Pentagono ha specificato che il ritiro riguarda soltanto «50-100 soldati». Ma per i curdi, così come per la Turchia e il governo siriano, resta difficile interpretare le intenzioni di Donald Trump. Questo spiega la prudenza.
L' esercito turco prima occuperà un fascia profonda cinque chilometri nella parte centrale della zona cuscinetto. Poi attaccherà la frontiera con il Kurdistan iracheno, essenziale per bloccare i rifornimenti ai curdi, che passano su un ponte provvisorio attraverso il Tigri a Semalka. L' ultima fase riguarderà l' area di Kobane, a più alta concentrazione di popolazione curda. L' obiettivo è arrivare fino all' autostrada M4, che corre parallela al confine a 30-40 chilometri di profondità. Quella è però anche la linea rossa di Assad.
L' esercito siriano ha inviato contingenti lungo la riva dell' Eufrate, pronti ad attraversare il fiume. I russi hanno costruito un ponte di barche a monte della città di Deir ez-Zour. Damasco ha anche mantenuto una presenza nel Nord-Est. A Qamishlo c' è un contingente governativo: potrebbe trasformarsi in un avamposto in grado di ostacolare le manovre turche. Le trattative con i curdi sono in corso, condotte dal comandante delle Forze democratiche siriane Mazlum Abdi, che «sta considerando» un accordo con Bashar al-Assad. Non sarebbe un novità. I curdi delle milizie Ypg hanno collaborato fra il 2012 e il 2016 con il regime, contro ribelli jihadisti ad Aleppo.
I curdi sono così di nuovo la chiave del duello fra Assad ed Erdogan, ossessionati da due opposte sindromi. Per il raiss siriano è «la sindrome di Alessandretta», la città sulla costa del Mediterraneo che i francesi, durante il mandato della Società delle Nazioni, prima trasformarono in uno Stato indipendente e poi cedettero alla Turchia nel 1939. Assad teme che, alla lunga, anche il Nord della Siria faccia la stessa fine. Per il leader turco invece si tratta della «sindrome di Sèvres», il Trattato che nel 1920 aveva ritagliato un esteso Stato curdo, in gran parte su territori oggi di Ankara.
Con il Kurdistan iracheno semi-indipendente e protetto dagli Usa, il Rojava che potrebbe seguire la stessa strada, Erdogan ha come priorità strategica stroncare ogni velleità di indipendenza curda. In questo senso va anche il piano di reinsediare milioni di profughi siriani arabo-sunniti al confine fra Turchia e Siria, per mettere i curdi in minoranza.
2 - DUEMILA JIHADISTI DETENUTI SPAVENTANO L'EUROPA L'ULTIMA SFIDA AL CONFINE
Marco Ventura per “il Messaggero”
Sono oltre 2mila i foreign fighters, molti europei, nei campi di prigionia curdi in Siria, e 12mila i jihadisti del Califfato siriani e iracheni. Con le loro famiglie la popolazione del solo campo di Al Hol raggiunge la cifra di 70mila. Senza contare che stando ai reportage dei pochi inviati che in quel campo sono entrati per raccontarne le condizioni di vita disumane, oggi il controllo e il reclutamento a favore di un Isis mai totalmente annientato è gestito da donne musulmane radicali. Tunisine, somale, e russe.
L'EMERGENZA
Adesso che i curdi, senza più la protezione americana, si preparano a contrastare l'avanzata turca volta a creare una fascia di sicurezza alla frontiera, e a trasferire centinaia di migliaia di profughi fra gli oltre due milioni che vivono in Turchia, la presenza di quei foreign fighters e delle loro famiglie diventa una bomba a orologeria.
C'è il rischio di un finora improbabile risorgere dell'Isis, e si profila l'incubo legale di fighters che dovrebbero forse essere estradati e perseguiti in Occidente, ma per crimini che sarà praticamente impossibile dimostrare, commessi all'estero. Un'emergenza, alla quale né Onu né tanto meno l'Europa, sono riusciti a porre rimedio.
I curdi, da parte loro, traditi dagli Stati Uniti e abbandonati dagli europei, potrebbero non prendersi più cura dei detenuti jihadisti, che oltretutto costano. E, anzi, potrebbero portarli alla frontiera e liberarli. Un'ipotesi non peregrina, se è vero che un alto ufficiale curdo nella Siria nord-orientale ha già ricordato al Guardian che dopo aver catturato e internato oltre 2mila combattenti stranieri dell'Isis e migliaia di altri terroristi iracheni e siriani, ora queste prigioni «non saranno più sicure, dovendo noi combattere l'esercito turco.
Il che non significa puntualizza che stiamo minacciando di liberare i criminali, ma che non è realistico chiederci di combattere su due fronti: i turchi e l'Isis». Anche Erdogan avverte che non sarà la Turchia a prendersi carico dei foreign fighters francesi, tedeschi e di altri Paesi europei. «Che cosa abbiamo a che farci noi?»
CONDIZIONI
In quei campi di detenzione, peraltro, le condizioni di vita sono al di sotto della soglia accettabile dei diritti umani. Per l'HRW (Human Rights Watch), è urgente che i Paesi di provenienza mettano fine a questa attesa e prendano misure contro il sovraffollamento facendo tornare a casa «i loro cittadini imprigionati per la riabilitazione, reintegrazione e procedimenti giudiziari adeguati, in linea con gli standard internazionali».
L'Isis, per inciso, non faceva prigionieri. La SDF, la forza di difesa curda della Siria nord-orientale, fa sapere che i centri di detenzione sono sette. Gli unici che hanno seriamente attivato procedure per il rimpatrio sembrano essere Kosovo, Kazakhstan, Russia, Bosnia, Tunisia e Macedonia. Gli occidentali, invece, non hanno strumenti legali per farlo. E la Gran Bretagna deve sostenere cause internazionali anche solo per avere tolto la cittadinanza a un paio di questi combattenti o ai loro familiari. «In Italia c'è una legge che punisce il reclutamento di foreign fighters, paradossalmente non ce n'è una che punisca chi combatte per l'Isis in Siria», è la sintesi surreale di Alfredo Mantici, professore di sicurezza e geopolitica all'Università degli studi internazionali di Roma. Fonte: qui
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