9 dicembre forconi: LA MORATORIA DI 18 MESI AI NUOVI PIANI DI RICERCA IN MARE POTREBBE TRASFORMARSI IN UN SALASSO PER L’ITALIA

giovedì 7 febbraio 2019

LA MORATORIA DI 18 MESI AI NUOVI PIANI DI RICERCA IN MARE POTREBBE TRASFORMARSI IN UN SALASSO PER L’ITALIA

SECONDO IL GOVERNO IL CONTO È AL MASSIMO 470 MILIONI, MA PER LE COMPAGNIE INTERESSATE POTREBBE SALIRE ANCHE A MILIARDI 
I COLOSSI ENERGETICI: “PRONTI A FARE CAUSA AL GOVERNO”
Paolo Mastrolilli per “la Stampa”

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L' Italia rischia di essere costretta a pagare danni molto salati, nell' ordine di milioni o anche miliardi di euro, alle compagnie del settore energetico che saranno costrette a sospendere le loro attività di ricerca, quando il Decreto Semplificazioni diventerà legge. Molte sono pronte a cause o arbitrati, come ha già fatto la britannica Rockhopper riguardo un caso diverso, che in questi giorni porterà alla prima udienza.

Il 15 dicembre scorso il Consiglio dei Ministri ha varato il Decreto Semplificazioni, che contiene un emendamento legato alle "trivelle". Il testo salva le concessioni esistenti, ma impone una moratoria di 18 mesi a nuovi piani di ricerca. Questo stop potrebbe estendersi a due anni, se nel frattempo non venisse adottato un Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee, allo scopo di regolare l' intera materia. Già così, il blocco sarebbe dannoso per molte compagnie, che però temono di perdere per sempre le loro attività.
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Il ministero dello Sviluppo economico si aspetta cause legali, e perciò ha già previsto gli eventuali oneri. Tanto per il «danno emergente», ossia la perdita legata agli investimenti e le spese già sostenute dalle aziende, quanto per il «lucro cessante», ossia la mancata realizzazione dei profitti derivanti dallo sfruttamento degli eventuali giacimenti scoperti. In totale, il governo stima che al massimo dovrebbe pagare 470.707.000 euro.

Gli avvocati delle compagnie interessate non sono d' accordo. Secondo loro i danni emergenti sono molto più significativi, anche perché sono stati calcolati sulla base di prezzi risalenti a diversi anni fa. Il lucro cessante invece potrebbe costare miliardi, mangiandosi ad esempio l' equivalente dei fondi previsti per il reddito di cittadinanza, se venisse dimostrato che i giacimenti bloccati contengono riserve molto significative.
IL MINISTRO SERGIO COSTA MINACCIA DI NON FIRMARE PER LE TRIVELLE 1IL MINISTRO SERGIO COSTA MINACCIA DI NON FIRMARE PER LE TRIVELLE

Secondo il Bollettino Ufficiale degli Idrocarburi e delle Georisorse pubblicato il 31 gennaio scorso, le compagnie interessate a queste attività in Italia sono decine. Si va dalle più grandi come Eni, Shell, Total, Edison, a molte aziende di varie dimensioni come le americane Global Med, Delta e AleAnna, le britanniche Rockhopper, Northern Petroleum e Sound Energy con la sussidiaria Apennine, e l' australiana Po Valley legata a Saffron Energy, e tante altre.

Alcune sono piccole aziende che fanno le ricerche, e poi se trovano qualcosa vendono i diritti alle compagnie più grandi capaci di sviluppare i giacimenti. Questo è il caso della Global Med, fondata in Colorado da Randall Thompson. Nel 2013 aveva cominciato le pratiche per condurre ricerche sul "Fortuna Prospect", che si trova nel Mar Ionio davanti alle coste meridionali della Puglia, a cavallo tra la piattaforma continentale italiana e greca. Secondo i tecnici questa zona ha la stessa natura geologica dei giacimenti scoperti di recente a Cipro, in Israele e in Egitto, dove "Zohr" potrebbe contenere fino a mille miliardi di metri cubi di gas.
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Una "Fortuna" potenziale enorme per l' Italia, che cambierebbe le sorti energetiche del nostro Paese. Global Med voleva avviare le indagini sismiche, che secondo i suoi tecnici non hanno impatto sull' ambiente, e in caso di risultati positivi pensava che le trivellazioni potessero cominciare nel giro di due o tre anni. Il 7 dicembre scorso il direttore generale per la sicurezza dell' approvvigionamento e le infrastrutture del Mise aveva concesso il permesso, che però verrà sospeso quando il Decreto Semplificazioni diventerà legge.
 
Con potenziali danni enormi non solo per l' azienda americana, ma anche per i posti di lavoro italiani sfumati, e per l' occasione perduta di fornire al Paese importanti riserve energetiche. Anche perché nel frattempo la Grecia avrebbe già autorizzato la trivellazione di un pozzo esplorativo nell' area di questo giacimento che le appartiene, divisa fra Total al 50%, Edison al 25 ed Hellenic al 25%. In altre parole, quando mai Roma dovesse decidere di sbloccare il progetto, Atene potrebbe già averla surclassata.

Global Med e le compagnie colpite dal Decreto Semplificazioni sperano ancora che la pressione politica delle regioni e le città interessate, come Ravenna ieri, abbia un effetto. Il testo però è stato approvato dalla Camera, ora è al Senato, e i 60 giorni per trasformarlo in legge scadono il 12 febbraio. Gli avvocati prevedono passerà, e subito dopo inizieranno le azioni legali.

Il ceo di AleAnna, Sioux Sinnott, ha spiegato così a La Stampa la sua posizione: «La nostra azienda è nata per sviluppare il gas italiano e contribuire alla crescita economica del Paese, e farà di tutto per portare a termine questa missione. Insieme alle altre compagnie e associazioni di categoria combatterà per l' interesse generale, per i diritti degli investitori e per una reale transizione energetica dell' Italia, minacciata da una proposta di legge che è sbagliata per l' economia, inutile per l' ambiente e illegittima per la Costituzione».

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Infatti la prima iniziativa legale, lanciata dal network "Per l' energia nazionale" di cui fanno parte AleAnna, Audax Energy, Po Valley, Pengas italiana, Delta Energy, Northsun Italia, Irminio, Appenine e PXOG Marshall, sarà un ricorso sulla costituzionalità dell' emendamento al decreto che riguarda l' energia. Se non basterà a fermarlo, seguiranno le cause per danni. Un modello già esiste, cioè l' arbitrato di Rockhopper. Diversi anni fa, la compagnia inglese aveva ottenuto la licenza per sviluppare Ombrina Mare, un campo petrolifero nell' Adriatico centrale. Poi però era stata bloccata, quando il governo aveva stabilito di non consentire operazioni a meno di 12 miglia dalla costa.

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Allora, nel marzo del 2017, aveva deciso di fare ricorso all' arbitrato internazionale contro l' Italia per violazione dell' Energy Charter Treaty. Questo episodio ha origine molto prima del governo gialloverde, che tuttavia ora dovrà gestirlo: «Rockhopper - ha confermato a La Stampa la portavoce Fiona Henson - continua a credere di avere forti prospettive per recuperare danni monetari molto significativi». L' udienza è prevista proprio in questi giorni, e se la compagnia inglese vincesse, indicherebbe una strada da seguire a tutte le altre aziende bloccate dal Decreto Semplificazioni.

Fonte: qui

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